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Impossibilità della prestazione pecuniaria ai tempi del Covid


La questione dell'impossibilità delle prestazioni pecuniarie all'epoca della pandemia
Impossibilità della prestazione pecuniaria ai tempi del Covid

Prestazione pecuniaria ai tempi del Covid: la questione dell'impossibilità

La relazione tematica del 8 luglio 2020 della Corte Suprema di Cassazione ha la cura di precisare che, se, da un lato “è ben frequente che il calo o l’azzeramento dei consumi si sia tramutato in un drastico abbassamento del fatturato, limitando la liquidità disponibile e proiettando un’ombra spessa sulla regolare esecuzione delle obbligazioni pecuniarie”, ebbene, ciononostante “il principio non scalfito rimane quello che nega all’impotenza in questione, sebbene incolpevole, una vis liberatoria”.

Pertanto “l’eventuale crisi di liquidità del debitore è un rischio posto a carico dello stesso, anche laddove derivi dall’altrui insolvenza o da una crisi di mercato”. La Corte Suprema di Cassazione, attraverso queste parole, sembra negare una rivisitazione del principio genus umquam perit.

Il debitore deve dunque sempre dimostrare, per andare esente da responsabilità anche e soprattuto nelle obbligazioni pecuniarie:

a) l’impossibilità della prestazione;

b) che l’impossibilità derivi da causa a lui non imputabile.

Viene tuttavia in considerazione anche il nuovo art. 3 comma 6 bis del d.l. 23 febbraio 2020 n. 6, introdotto dall’art. 91 comma 1, d.l. 17 marzo 2020, n. 18, conv. con modificazioni dalla l. 24 aprile 2020 n. 27, il quale ha stabilito che “il rispetto delle misure di contenimento di cui al presente decreto è sempre valutato ai fini dell’esclusione, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1218 e 1223 del codice civile, della responsabilità del debitore, anche relativamente all’applicazione di eventuali decadenze o penali connesse a ritardati o omessi pagamenti”.

La nuova misura incide sul bilanciamento fra l’inadempimento per colpa del debitore e l’esonero di responsabilità per causa a lui non imputabile.

Una interpretazione della norma, almeno quella più logica è quella che astrattamente consente un esonero della responsabilità del debitore per il semplice ritardo nell’adempimento delle prestazioni pecuniarie relativamente al periodo di lockdown (cfr. De Cristofaro, nonché sempre in dottrina G. Iorio).

In quest’ottica, dovrebbero escludersi giustificazioni, almeno se basate sulla norma in questione (altri possono essere i rimedi, comunque, astrattamente) per tutte quelle obbligazioni assunte nei mesi estivi del 2020, quindi successivamente alla cd. “riapertura” post-Covid.

La giurisprudenza, se in alcuni casi ha riaffermato il principio genus umquam perit, in un caso del tutto peculiare, in accoglimento di una istanza cautelare proposta dalla parte inadempiente che lamentava la difficoltà di pagare somme di danaro in conseguenza dell’impossibilità di esercitare la propria professione, con il conseguente blocco del fatturato, inibiva alla controparte di porre all’incasso o di girare a terzi le cambiali destinate a rafforzare l’obbligazione, nella specie con scadenza 30 giugno 2020, 30 luglio 2020 e 30 agosto 2020, nonché di sottoporle a protesto (Tribunale Bologna, 04.06.2020 in Foro it. 2020, 7-8, I, 2492).

Questo significa che in certi casi, vi sono timide aperture della giurisprudenza verso un’interpretazione solidaristica delle norme che disciplinano l’inadempimento delle prestazioni pecuniarie ed il concetto di impossibilità ad esse relativo.

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