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Bancarotta, non è necessario il risarcimento per evitare il carcere


Le condanne definitive per bancarotta prevedono il carcere. E' possibile chiedere misure alternative pur non avendo la possibilità di risarcire il danno alle vittime
Bancarotta, non è necessario il risarcimento per evitare il carcere

1. Premessa

Evitare il carcere, con particolare riguardo ai reati fallimentari, e quando non si è risarcito il danno alla vittima del reato, è possibile a determinate condizioni.

Infatti, i reati di bancarotta fraudolenta (art. 216 L. Fallimentare) o anche di bancarotta semplice (art. 217 L.Fall.) prevedono pene edittali alte (da 3 a 10 di reclusione il primo, e da 6 mesi a due anni il secondo) con possibilità di aumento per le aggravanti proprie di quei tipi di reato previste dall'art. 219 della stessa legge.

Una volta definitiva la condanna si pone il problema della esecuzione della pena che può essere sospesa qualora sia stata irrogata o sia ancora da espiare in misura inferiore a 4 anni (art. 656 comma 5 c.p.p. e Corte Cost. n. 41/2018): in tal caso la Procura competente emetterà un ordine di esecuzione con contestuale sospensione.

La sospensione comporta che il condannato deve, a pena di decadenza, entro 30 giorni proporre istanza per l'affidamento di misure alternative alla detenzione.

La decisone sulle misura alternative alla detenzione spetta al Tribunale di Sorveglianza competente che valuterà l'entità della pena, la personalità del condannato nonché altri presupposti quali la sua pericolosità sociale, il rischio di recidiva, la presenza di attività lavorative lecite, l'idoneità di un domicilio.


2. Fattori di valutazione della personalità del condannato

Per valutare la personalità dell'imputato condannato si fa ricorso a criteri quali la disponibilità a svolgere lavori socialmente utili, l'assenza di altri processi penali, le iniziative volte a risarcire il danno alle vittime del reato.

Quest'ultimo aspetto può costituire un problema per le difficoltà economiche in cui si trovano di solito i condannati per bancarotta, impossibilitati a far fronte alle richieste risarcitorie dei creditori, anche perché sottoposti spesso a sequestro e pignoramento dei propri beni.

Tuttavia, la mancata attivazione del condannato a fini risarcitori non può diventare un indice negativo della personalità di una persona condannata che richiede misure alternative alla detenzione, nonostante l'art. 47 comma 7 della legge 354 del 1975 stabilisca che l'affidato al servizio sociale deve adoperarsi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato.

Di qui la preoccupazione per molti condannati che non riescano ad avviare iniziative risarcitorie, ed abbiano condanne a pene detentive, che temono possano aprirsi, per loro, le porte del carcere.

Ma una corretta interpretazione della norma, suffragata da recentissimi interventi della Suprema Corte di Cassazione, consente di effettuare un prezioso distinguo ai fini di una sua applicazione in senso più garantista.


3 Significato dell' "Adoperarsi in favore della vittima del reato"

La Corte di Cassazione sezione prima con sentenza del 16 aprile 2020 n. 12324 ha trattato un caso simile: ipotesi di richiesta di affidamento in prova al servizio sociale da parte di una persona condannata per il reato di bancarotta. Richiesta negata in quanto il condannato non aveva provveduto ad effettuare "alcuna iniziativa di carattere risarcitorio" a favore dei creditori vittime del reato.

L'occasione è stata propizia per un intervento chiarificatore dei Supremi Giudici: i quali hanno ribadito che la volontà del legislatore non è quella di richiedere il risarcimento del danno o, iniziative in tal senso, "per l'affidamento", ma semmai di richiederle, eventualmente, come prescrizione "dell'affidamento" ai sensi del richiamato art. 47 comma 7 Legge 354/1975.

In sostanza: non è necessario che il condannato risarcisca prima di aver ottenuto la misura, ma l'affidamento può inserire tra le prescrizioni il dovere del condannato di adoperarsi, per quanto possibile, ad alleviare alla vittima le conseguenze del reato.

Per "quanto possibile" significa poi, che il risarcimento deve essere considerato "nei limiti delle possibilità economiche del condannato" (come pure aveva ribadito Cass. sez. I n. 23047 del 19.5.20009).


4. E' possibile evitare il carcere pur non avendo risarcito il danno alla vittima del reato

In conclusione: non aver risarcito il danno alla vittima del reato di bancarotta (ma anche per altri reati) non può mai incidere negativamente sulla personalità del condannato e, quindi, non può essere assunto come requisito negativo per rigettare la richiesta di misura alternativa alla detenzione.

E' possibile, allora, con un accorta dimostrazione di indici che denotino la mancanza di pericolosità sociale e di assenza del pericolo di recidiva, chiedere al Tribunale di Sorveglianza che alla previsione del carcere venga sostituita una misura meno afflittiva che consenta al condannato un reinserimento sociale e tenda alla sua rieducazione in conformità dei principi della Costituzione (art. 27) e di quelli enunciati nelle leggi sull'ordinamento penitenziario.

 

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