Processo indiziario, sentenza e tutela dell'innocente

Indice:
1. Il tema: oggetto del processo penale. Le prove e gli indizi
Oggetto del processo penale è la dimostrazione di un fatto che naturalmente abbia attinenza diretta con il procedimento, ossia si riferisca alla imputazione, alla punibilità e all’applicazione di una misura di sicurezza.
Il fatto può essere, in linea teorica, dimostrato con prove o con indizi.
Le prove sono quelle indicate dal codice (testimonianza, esami delle parti, confronti, ricognizioni, esperimenti giudiziali, perizia, documenti), o anche quelle non disciplinate dalle legge, le c.d. prove atipiche previste dall’art. 189 c.p.p.
Entrambe le parti processuali, Pubblico Ministero e Difensore, hanno “diritto alla prova” ossia a proporre mezzi di prova nelle forme e con le modalità disciplinate dalla legge.
Il Giudice valuta la prova dando conto nella motivazione dei risultati acquisiti e dei criteri adottati.
Il fatto non può essere desunto da indizi (art. 192 comma 2 cpp).
Gli indizi possono dimostrare un fatto soltanto se sono plurimi, gravi, precisi e concordanti.
Il disposto normativo è chiaro e sembrerebbe non porre dubbi all’interprete: la prova può dimostrare l’accadimento di un fatto storico, l’indizio no.
Ma, più indizi possono dimostrare un fatto soltanto se sono gravi, precisi e concordanti.
Il “fatto” provato o del quale si è tentata la prova nel procedimento penale, deve essere poi giuridicamente interpretato ai fini della decisione giudiziaria.
2. Prova e indizio. Nozioni
La dottrina e la Giurisprudenza hanno fornito molteplici interpretazioni di questi due concetti essenziali per il processo penale, giacché tutto il processo penale ruota intorno alla dimostrazione di un “fatto” posto a base della versione accusatoria.
Può affermarsi, in parole semplici, che la “prova” si ricollega direttamente al fatto storico oggetto di accertamento: davanti alla prova il Giudice può credere o non credere, ma in caso positivo il fatto si ritiene accertato.
L’indizio si collega potenzialmente a diverse verità ed impone al Giudice una scelta tra vari significati, che presuppone sia un’indagine di natura probabilistica, sia una valutazione di tipo comparativo: davanti all’indizio il Giudice si trova ancora a fare un calcolo di probabilità.
“L’indizio è un fatto certo dal quale, per inferenza logica basata su massime di esperienza consolidate e affidabili, si perviene alla dimostrazione del fatto incerto da provare, secondo lo schema del cosiddetto sillogismo giudiziario” (Cass. SS.UU 6682 del 4/2/1992 Musumeci).
Il meccanismo indiziario è, quindi, il procedimento mediante il quale, per tramite di una operazione logica, si risale dal fatto noto al fatto ignoto.
E’ evidente che in una scala gerarchica la prova del fatto assume rilevanza primaria, rispetto all’indizio che introduce nel giudizio un elemento che può essere oggetto di diverse interpretazioni.
E ne discende che come afferma la Cassazione, “la esistenza di possibili diverse interpretazioni del singolo elemento di prova ne comporta la degradazione ad indizio” (Cass. sez. V 21/02/2014 n. 16397).
In definitiva possiamo dire che l’indizio è una prova che da sola non prova nulla: esso è solo “indice” di qualcosa da provare poi successivamente e con altri indizi.
3. Provare con indizi
Non sempre un fatto oggetto di accertamento giudiziale può essere provato direttamente.
Molte volte i fatti oggetto di prova sono portati sotto la lente di ingrandimento del procedimento penale attraverso la dimostrazione di indizi e attraverso gli indizi si intende dimostrare la verificazione di un fatto più o meno con termini di certezza.
E’ il processo indiziario che trova la sua fonte normativa in quell’art. 192 comma 2 che stabilisce “l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi, a meno che questi non siano gravi, precisi e concordanti”.
Ad esempio: l’imputato non è stato visto nel momento in cui colpiva la vittima (prova diretta) ma è stato visto mentre era sotto casa della vittima (elemento indiziante).
Un solo indizio non è sufficiente a provare un fatto: gli indizi devono essere plurimi e gravi, plurimi e precisi, plurimi e concordanti.
4. La gravità, la precisione, la concordanza degli indizi
a) La gravità
L’indizio è grave quando la sua capacità dimostrativa è significativa, ossia quando il collegamento con il fatto da provare non è meramente eventuale ma è altamente probabile.
Afferma Cass sez. V n. 16397 s. citata che: “questa caratteristica dell’indizio si pone in rapporto di proporzionalità inversa rispetto al numero di ipotesi alternative teoricamente possibili. Minori sono le interpretazioni alternative del fatto indiziario noto, maggiore è la sua capacità dimostrativa e quindi la sua gravità”.
Si può dire che la molteplicità di indizi, e quindi la loro concordanza, e la gravità sono in qualche modo collegate e si completano a vicenda: per indizi poco significativi può essere determinante l’elevato numero degli stessi, di fronte a indizi particolarmente gravi, può essere sufficiente un numero ridotto per dimostrare il fatto storico.
b) La precisione
Deve trattarsi di un indizio dal contenuto preciso e non vago ma dettagliato. E’ una caratteristica relativa non al fatto da provare bensì al fatto noto che consente di risalire in via indiretta al fatto ignoto.
E la precisione deve riguardare ogni singolo indizio.
c) La concordanza
Gli indizi concordanti sono quelli che non contrastano tra di loro e soprattutto non contrastano con altri dati o elementi “certi” risultanti dal processo.
In pratica ciascun indizio deve confluire insieme agli altri in una ricostruzione logica ed unitaria del fatto ignoto.
5. La valutazione processuale degli indizi
Secondo l’insegnamento della Suprema Corte, “il Giudice a fronte di una molteplicità di indizi, deve procedere innanzitutto all’esame parcellare di ciascuno di essi valutandone la precisione, che è inversamente proporzionale al numero dei collegamenti possibili con il fatto da accertare, nonché la gravità apprezzata con i medesimi criteri e deve quindi procedere alla sintesi finale accertando se gli indizi, così esaminati possono essere collocati in un unico contesto, dal quale possa per tale via esser desunta l’esistenza o, per converso, l’inesistenza di un fatto” (Cass. sez. VI n. 9916 del 30.5/5/1994).
Pertanto non sono possibili:
1. Valutazioni frazionate dell’indizio;
2. Interpretazioni meramente teoriche dell’indizio non suffragate da riscontri oggettivi;
3. Valutazioni “illogiche” dell’indizio;
4. Valutazione dell’indizio disarticolata dalla valutazione di altri indizi anche di segno opposto.
6. Il ruolo della difesa. Le argomentazioni possibili
Nel processo indiziario il ruolo del difensore dell’imputato è particolarmente delicato.
Non soltanto al momento della raccolta del materiale probatorio e cioè nel corso della istruttoria dibattimentale dove l’attenzione ai modi di assunzione della prova testimoniale, dei documenti, dell’esame di eventuali periti deve essere massima e tecnicamente opportuna, ma anche al momento della discussione finale quando i risultati delle acquisizioni probatorie sono oggetto del confronto dialettico con l’Accusa.
Il processo indiziario è suscettibile di una molteplicità di ragionamenti giuridici da parte della difesa.
Occorre muoversi sul terreno della discussione finale consci del fatto che il Giudice deve poter condannare soltanto quando la colpevolezza dell’imputato è provata “al di là di ogni ragionevole dubbio”, come recita l’art. 533 comma 1 c.p.p..
Questo implica che è l’Accusa che deve provare i fatti da cui discende la colpevolezza dell’imputato e lo deve fare in maniera tale da offrire certezze al Giudicante, non mere probabilità.
La difesa, conseguentemente dovrà muoversi sul terreno dialettico evidenziando che lungi dall’essere “certo”, il “fatto” risulta “dubbio” e quindi procedere ad argomentare in maniera tale da avvicinare il Giudicante al dubbio allontanandolo dalla certezza quasi sicuramente invocata dall’Accusa.
Quindi:
1. Ricordare che l’onere probatorio nel processo penale è a carico dell’Accusa;
2. Evidenziare la insufficienza dei riscontri probatori idonei a portare ad una soluzione di certezza dei fatti addebitati;
3. Evidenziare la possibilità di soluzioni alternative a quella accusatorie, logicamente sorrette da dati certi.
4. Ricordare che la prova indiziaria non è una prova diretta e quindi rende più alto il margine di errore.
5. Ricordare che l’indizio è di per sé ambiguo e che può fornire solo una “probabilità”, più o meno alta, che il fatto sia avvenuto e non la certezza che il fatto sia avvenuto;
6. Ricordare che il libero convincimento del Giudice pur riconoscendo all’Organo decidente la possibilità di ampia valutazione del materiale probatorio deve ritenersi comunque ancorato al perimetro della regola di giudizio dell’oltre ogni ragionevole dubbio e dell’obbligo di una motivazione sufficiente e logica emendabile dal Giudice di legittimità.
In definitiva occorre ribadire, che per accertare la colpevolezza di una persona bisogna arrivare a sentenza e che la condanna deve essere emanata solo se vi è certezza della responsabilità penale.
Il principio garantista che equivale ad una norma di chiusura sulla decisione della verità processuale fattuale è quello declamato nel noto brocardo latino “IN DUBIO PRO REO”, ossia la condanna non è possibile se l’ipotesi accusatoria non viene confermata ma anche se vi sono ipotesi difensive concorrenti con quella accusatoria che abbiano carattere della logica sebbene non siano state falsificate.
E’ il sistema che se attuato alla perfezione, dovrebbe garantire decisioni che evitino di condannare un innocente.
Pertanto non solo occorre aspettare la sentenza, ma occorre che la stessa sia frutto di un giusto processo e venga emessa nel rispetto dei principi cardine del sistema giuridico penale moderno che prevede come caposaldo la tutela dell’innocente.
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