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La difesa dell'imputato di reati sessuali ai danni di minori


La difesa dell'imputato di reati sessuali ai danni di un minore è complessa. Il difensore deve essere "attrezzato" e utilizzare al meglio le Linee Guida per l'ascolto.
La difesa dell'imputato di reati sessuali ai danni di minori

La difesa dell’imputato di reati sessuali ai danni di minori.

La corretta gestione delle Linee Guida della “Carta di Noto”.  

Premessa

Ricordo a tutti: "L’avvocato difensore  di imputato accusato di violenza o abuso sessuale ai danni di minori non difende il reato, sempre deplorevole, ma difende l’accusato che potrebbe essere innocente e che anche  in caso di colpevolezza ha diritto ad un processo equo e giusto e ad un a pena conforme ai principi di costituzionalità".

Il difensore, tuttavia, una volta assunto l’incarico dell’imputato di abusi sessuali ai danni di una persona minorenne deve apprestare tutti gli strumenti idonei per evitare  condanne  ingiuste.

Accertare un fatto reato di natura sessuale ai danni di un minore ed attribuirne in maniera, certa al di là di ogni ragionevole dubbio, l’attribuibilità e quindi la responsabilità penale ad una persona ben individuata, non è un percorso semplice, anzi è un percorso irto di difficoltà e che non dovrebbe ammettere scorciatoie colpevoliste a prescindere, vista  la grande rilevanza degli interessi in gioco.

E’ notorio infatti quali siano le conseguenze per il reo di abusi  sessuali ai danni di minori, sia in punto di gravità del trattamento sanzionatorio sia per la natura ostativa dei reati di violenza sessuale, inquadrati nell’art. 4 bis o.p. e quindi improduttivi, nell’immediato, della possibilità di misure alternative al carcere.

Inoltre le pene accessorie a tali reati sono particolarmente gravose consistendo obbligatoriamente in misure  che di fatto escludono il dichiarato colpevole dalla vita sciale e lavorativa (perdita della responsabilità genitoriale, interdizione perpetua da qualsiasi ufficio attiene l’amministrazione di sostegno, perdita del diritto agli alimenti ed esclusione dalla successione della persona offesa, interdizione dai pubblici uffici, interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine  e gradi, interdizione perpetua  da ogni ufficio o servizio n strutture pubbliche o private frequentate  abitualmente da minori).

Oltre la condanna quindi, e per la quale è difficile e problematico  evitare la carcerazione, consegue una vera propria “marchiatura” perpetua  con riverberi negativi nella vita lavorativa e sociale  e sull’esistenza stessa della persona condannata.

2. Il minore testimone

Il minore testimone è un "dichiarante" da maneggiare con estrema cura.

L’ascolto del minore, vittima (presunta) di abuso sessuale, è un argomento impervio, sembrerebbe collocato su un atto scosceso, destinato a creare non pochi problemi a color che decideranno di cimentarsi nella scalata” ovvero “L’infima aetas è la meno adatta a raccogliere e garantire affidabili dichiarazioni “ scrive la dottrina ( così ribadiva la prof. Luisella De Cataldo Neuburger  in “Esame e controesame” cap. XIII il minore).

Ed a suggello di questo asserto ricorre la Giurisprudenza di merito più oculata: “il minore è soggettivamente ed oggettivamente né credibile né incredibile in quanto la struttura formale, morale e psicologica della sua personalità non ha una definizione tale da consentire una valutazione così netta dei comportamenti e delle affermazioni alla stessa riportabili in termini di “assoluta normalità esistenziale” (sez. 6 n. 1024/95).

 



  • Ed anche  la Giurisprudenza di legittimità perviene alle stesse conclusioni: “..la valutazione del contenuto della dichiarazione del minore parte offesa in materia di reati sessuali, in considerazione delle complesse implicazioni che la materia stessa comporta, deve contenere un esame della attitudine psicofisica del teste ad esporre le vicende in modo utile ed esatto; della sua posizione psicologica rispetto al contesto delle situazioni interne ed esterne: Proficuo è l’uso dell’indagine psicologica che concerne due aspetti fondamentali: l’attitudine del bambino sotto il profilo intellettivo ed affettivo, e la sua credibilità. Il primo consiste nell’accertamento delle sue capacità a recepire informazioni, di raccordarle con altre, di esprimerle in una visione complessa…..Il secondo- da tenere distinto dall’attendibilità della prova che rientra nei compiti esclusivi del giudice- è diretto ad esaminare il modo in cui la giovane vittima ha vissuto e rielaborato la vicenda in maniera da selezionare sincerità, travisamento dei fatti e menzogna”  (Cass. sez. III 3 ottobre 1997 n. 8962).

Un passaggio testimoniale quindi estremamente complesso, da gestire  con cautela al fine di preservare notizie utili al processo, garantendo comunque sempre il contraddittorio e i diritti della difesa.

3. Guida ai criteri di assunzione delle informazioni da parte del minore presunta vittima del reato sessuale.

Proprio per le difficoltà insite nella materia si sono sviluppati nel tempo una serie di protocolli o “linee guida” per procedere all’ascolto del minore: tali documenti sono sicuro appannaggio della comunità scientifica, tuttavia il giurista deve conoscerli perché attengono alla materia della interpretazione di una forte di dichiarazioni e l’avvocato difensore deve non solo conoscerli ma anche invocarne l’attuazione perché essi sono capaci di poter assicurare, se osservati scrupolosamente, un percorso di accertamento delle notizie promananti da minore, quanto più possibile attento.

 Ogni protocollo ha una precipua funzione afferente all’ascolto del minore:

  • La Carta di Noto traccia le linee guida deontologiche per lo psicologo giuridico ed i criteri ai quali dovrebbero attenersi gli esperti che trattano casi di abuso sessuale sui minori;
  • Il Protocollo di Venezia, invece, si compone di due parti:  la prima contiene dodici articoli che riassumono le linee guida in caso di abusi collettivi, la seconda fornisce indirizzi metodologici per lo svolgimento dell’incontro sempre con minori coinvolti in abusi collettivi;
  • Le Linee Guida SINPIA (Società italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza, fissano gli indirizzi ( o raccomandazioni) per l’esperto nel percorso di diagnosi e di trattamento dei minori abusati.

Per il difensore dell’imputato, l’osservanza dei principi declamati dalla Carta di Noto è imprescindibile e l’eventuale violazione degli stessi deve essere sottolineato in chiave difensiva.

La Carta di Noto è stata rivisita 4 volte. L’ultima versione è quella del 2017 e già l’incedere deve essere un preciso monito per tutti: “La memoria non è una riproduzione precisa degli eventi percepiti in quanto essa è un processo dinamico e ricostruttivo”.”Il processo mnestico è molto sensibile alle influenze esterne”.

Il documento in questione pone dei paletti difficilmente  contestabili o opinabili:

  1. Un dovere di competenza specifica da parte di tutti gli operatori compresi gli avvocati.
  2. La necessità di sentire quanto prima in contraddittorio il minore che si assume essere persona offesa dell’abuso;
  3. L’assistenza psicologica del minore deve avvenire, possibilmente, dopo l’escussione in contraddittorio con il preferibile mezzo dell’incidente probatorio.
  4. L’esperto che deve procedere ad una valutazione giudiziaria del minore deve essere distinto dall’esperto che deve prestare assistenza psicologica al minore;
  5. E’ riconosciuto il diritto dell’avvocato di interloquire sulle effettive conoscenze del perito /esperto nominato dal Giudice;
  6. Occorre ridurre il numero delle audizioni ed avvisare il minore delle finalità dell’ascolto e della possibilità di rispondere “non ricordo”.
  7. L’incidente  probatorio è la sede privilegiata per l’ascolto del minore;
  8. Nel porre le domande non bisogna mai far trapelare le aspettative di chi pone le domande
  9. Per i soggetti minori degli anni 12 disporre sempre una perizia preventiva sulla idoneità a testimoniare.
  10. Chiarire le circostanze e le modalità con le quali il minore ha narrato i fatti ai familiari, agli assistenti sociali o alla Polizia Giudiziaria.
  11. L’accertamento sulla idoneità a testimoniare deve precedere l’audizione del minore;
  12. L’idoneità a testimoniare non può essere considerata senza aver sentito gli adulti di riferimento del minore;
  13. Non esistono segnali emotivi, psicologici o comportamentali validamente assumibili come rilevatori di abusi;
  14. Occorre monitorare situazioni specifiche che posso aver influito sulle dichiarazioni dei minori: separazione genitori, fenomeni di suggestione e di “contagio dichiarativo”, condizionamenti o manipolazioni anche involontarie.

Come è facilmente desumibile una serie di raccomandazioni che il perito deve utilizzare nel suo delicato lavoro, elaborate da un simposio di esperti della materia e tendo conto dei progressi della ricerca scientifica.

Per il difensore dell’imputato uno strumento necessario per verificare che le dichiarazioni del minore non siano state artefatte, manipolate o siano frutto di suggestione.

Conoscere questi meccanismi è essenziale per la difesa penale dell’imputato.

4. La posizione della Cassazione sulla Carta di Noto.

Gli esperti suggeriscono metodologie virtuose per l’espletamento  del difficile compito dell’ascolto del minore.

La Cassazione sul punto ha un Giurisprudenza conforme: “in tema di testimonianza del minore vittima di violenza sessuale, i protocolli prescritti dalla cosiddetta Carta di Noto, lungi dall’avere valore normativo, si risolvono in meri suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità  delle dichiarazioni e la protezione psicologica del minore, come illustrato nella premessa della Carta medesima: sicchè la loro inosservanza non determina né nullità né inutilizzabilità della prova”( ex multis Cass. sez. III n. 45607 del 5/11/2013 richiamata  Cass. sez. III 18/07/2016 n. 30396).

Uno spiraglio, tuttavia, il Giudice di legittimità sembra aprirlo allorchè si violi il canone  della suggestività delle domande.

L’art. 8 della Carta di Noto, come sinteticamente riportato supra, prevede che “Nel proporre domande occorre evitare che esse lascino trapelare aspettative dell’interrogante o che diano per scontati fatti che siano oggetto dell’indagine”.

In una particolare ipotesi,oggetto di regiudicanda penale e di successivo ricorso per Cassazione, era accaduto che il difensore dell’imputato aveva lamentato ripetutamente  anche con i motivi di appello che l’esame del minore era avvenuto con “frequenti domande suggestive

Sul punto la Corte di Appello non aveva dispiegato l’onere motivazionale.

La Cassazione (sez. III 8 luglio 2022 n. 26253) è intervenuta annullando con rinvio e osservando: “è  fondato il motivo con il quale la difesa lamenta l’erronea applicazione della legge penale con riferimento alle modalità di conduzione dell’incidente probatorio, e in particolare, all’esame della persona offesa, condotto con frequenti domande suggestive, in aperta violazione dell’art. 8 della Carta di Noto nonché dell’art. 6 par. 3 della CEDU e dell’art. 30 comma 4 della Convenzione di Lanzarote ratificata in Italia con L. n. 172 del 2012”

5. Il lavoro certosino che deve svolgere il  difensore dell’imputato.

Dalle indicazioni sopra riportate emerge  che la Carta di Noto ed i principi in essa enunciati non sono una fonte normativa ma devono ispirare l’interprete, e la palese violazione degli stessi, può essere oggetto di valutazione approfondita soprattutto se la violazione va ad incidere su un momento particolarmente importante e decisivo della ricostruzione probatoria.

Inoltre la suggestività delle domande poste al minore è argomento fondamentale perché le risposte a domande suggestive sono capaci di fornire scorciatoie probatorie a discapito dell’accusato.

Il difensore deve opporsi, in incidente probatorio, ad una intervista condotte con modalità troppo indicative nei confronti del minore che deve essere lasciato libero di esprimere il proprio pensiero e non ricevere “indicazioni” circa le risposte da dare.

L’avvocato deve immediatamente opporsi a questo genere di domande o di conduzione dell’ascolto protetto.

Laddove la domanda suggestiva sia sta posta in sede di “primo ascolto” del minore  il difensore ha il dovere di contestare tale conduzione dell’ascolto rimarcando appunto che un protocollo condiviso da gran parte della Comunità scientifica e rivisto più volte dopo la sua stesura, non consente questo tipo di approccio.

Qualora la difesa evidenzi la violazione di quel protocollo, tale argomentazione deve ricevere  una adeguata risposta motivazionale, impugnabile anche davanti al Giudice di Legittimità.

Un lavoro puntuale e certosino per il difensore dell’imputato spesso, o quasi sempre stretto nella morsa di un accertamento che tende più a preservare i traumi possibili del minore che non a garantire l’accusato  da rilevazioni manipolate o frutto di suggestione.

A cura dell’avv. Filippo Castellaneta penalista dello studio  www.modernlaw.it  avvocati Castellaneta&D’Argento  ​​​​​​​

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