Captazione dati di carte magnetiche: quando è reato
Il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche non è configurabile nel caso di utilizzo del cosiddetto “skimmer”, in quanto tale apparecchio non è idoneo a riprendere i codici pin dei clienti.
1. Premessa
Il reato di “Installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche” è previsto dall’art. 617 quinquies del codice penale, il quale punisce con la reclusione da uno a quattro anni “Chiunque, fuori dai casi consentiti dalla legge, installa apparecchiature atte ad intercettare, impedire o interrompere comunicazioni relative ad un sistema informatico o telematico ovvero intercorrenti tra più sistemi”.
Trattasi di un reato di pericolo concreto, nel quale cioè il pericolo rappresenta elemento costitutivo della fattispecie criminosa, a differenza del reato di pericolo astratto nel quale è sufficiente che il bene tutelato sia stato minacciato.
Pertanto nella ipotesi delittuosa in commento sarà compito del giudice accertare la effettiva esistenza del pericolo, sulla base delle circostanze concrete del caso posto alla sua attenzione, ed in particolare il giudice dovrà accertare la potenziale idoneità dell’apparecchiatura installata a consentire la raccolta e la memorizzazione dei dati che si vogliono captare.
2. La Suprema Corte sulla configurabilità del reato in caso di utilizzo dell’apparecchio “Skimmer”
La Corte Suprema di Cassazione Sezione V Penale con la sentenza n. 3236 depositata il 27 gennaio 2020 si è occupata del reato di cui all’art. 617 quinquies c.p., in particolare del caso della installazione, presso uno sportello bancomat, di apparecchiature in grado di intercettare e memorizzare i dati delle carte e i PIN digitati dagli utenti al momento dell’accesso.
Nella fattispecie concreta all’esame e della Suprema Corte il ricorrente lamentava vizio di motivazione della sentenza emessa dalla Corte di Appello, che aveva confermato la pronuncia di condanna per il reato de quo pur in carenza di accertamenti in ordine alla funzionalità dell’apparecchiatura utilizzata: secondo la difesa, trattandosi di reato di pericolo concreto, avrebbe dovuto essere accertata la reale idoneità dell’apparecchiatura sequestrata a captare i dati riportati sulle bande magnetiche delle carte che venivano inserite dagli utenti, verifica che non sarebbe stata effettuata.
L’assunto difensivo è stato condiviso dalla Suprema Corte la quale ha rilevato come la Corte di Appello non abbia correttamente applicato il principio di diritto cui si sarebbe ispirata nella stessa sentenza impugnata, travisando completamente il significato della massima secondo cui “Integra il reato di installazione di apparecchiature atte ad intercettare, impedire od interrompere comunicazioni informatiche o telematiche, la condotta di colui che installi, all’interno del sistema bancomat di un’agenzia di banca, uno scanner per bande magnetiche con batteria autonoma di alimentazione e microchip per la raccolta e la memorizzazione dei dati, al fine di intercettare comunicazioni relative al sistema informatico. Trattandosi di reato di pericolo per la dimostrazione della sua consumazione, non è stato necessario accertare che i dati siano effettivamente raccolti e memorizzati”.
I giudici di merito avevano verificato modalità, tempi e persone che avevano installato l’apparecchiatura, il suo funzionamento, la installazione al suo interno di tutti i componenti necessari per la raccolta e la memorizzazione dei dati, ma non avevano rilevato, né accertato, la presenza di elementi da cui dedurre la inidoneità dell’apparecchiatura stessa a creare la situazione di pericolo sanzionata dalla legge.
Pertanto, non erano stati svolti accertamenti specifici al fine di appurare la concreta idoneità delle apparecchiature installate dal ricorrente nello sportello Postamat a captare i codici Pin dei clienti.
Ed invero (e qui la Corte di Appello è incorsa in errore degno di censura) se non è necessario accertare l’effettiva raccolta e memorizzazione dei dati ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all’art. 617 quinquies c.p., è invece imprescindibile appurare preliminarmente la idoneità degli strumenti alla captazione dei dati, ossia la loro idoneità ad eludere la possibilità di percezione della captazione da parte degli utenti.
Di tale accertamento non si dà in alcun modo conto nella sentenza impugnata, motivo per quale la Suprema Corte ha ritenuto di accogliere il ricorso ed annullare la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame.
3. Conclusioni
Allo stato, dunque, l’apparecchio denominato “Skimmer”, ossia quel particolare tipo di apparecchio che viene collegato abusivamente agli sportelli bancari automatici al fine di copiare in maniera fraudolenta i dati contenuti nella banda magnetica di schede bancomat e carte di credito, non è risultato idoneo, per mancanza di accertamenti sul punto, a riprendere i codici Pin dei clienti.
Alla luce di tale evenienze processuali al momento non è stato possibile accertare se l’utilizzo di tale apparecchio “Skimmer” può configurare una ipotesi di configurabilità della fattispecie delittuosa di cui all’art. 617 quinquies c.p.
Per questo motivo la Corte di Cassazione, ha annullato con rinvio la sentenza impugnata ravvisando un vizio di motivazione circa la idoneità tecnica della apparecchiatura installata presso il Postamat in questione e ha disposto un rinvio per nuovo esame inviando gli atti, come prescrive il codice, ad altra sezione della Corte di Appello di Roma.
La sentenza, non solo applica correttamente i principi di diritto in ordine alla formazione specifica della prova penale a carico dell’imputato, ma suggerisce, ancora una volta, la necessità nel processo penale dia accertamenti tecnici specifici al fine di acquisire dati essenziali per la regiudicanda penale, dati che non possono essere acquisiti se non avvalendosi di professionisti tecnici specialisti del singolo settore.
Avv. Rosanna De Canio - Avv. Filippo Castellaneta
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