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Reati sessuali, contrastare l'attendibilità della vittima


L'imputato di fronte ad una accusa di violenza sessuale spesso deve scegliere il "dibattimento" per cercare di contrastare la versione della pretesa vittima
Reati sessuali, contrastare l'attendibilità della vittima

Reati sessuali. Per l’imputato fondamentale contrastare l’attendibilità della vittima.

1. La valutazione delle dichiarazioni della persona offesa di reati sessuali secondo la Giurisprudenza

La strategia difensiva dell’avvocato che assiste una persona imputata di violenza sessuale, diventa difficile se si scorre la Giurisprudenza, puntualmente riportata nelle sentenze di condanna, granitica e schierata alla tutela, diciamo “ampia” della persona offesa e del suo narrato processuale.

Le argomentazioni, report della Giurisprudenza di legittimità in materia, spesso sono le seguenti:

Come costantemente insegnato dalla Suprema Corte in tema di valutazione della deposizione, le dichiarazioni della parte offesa possono essere assunte, anche da sole, come prova della responsabilità di un imputato, purchè sottoposte a vaglio positivo circa la loro attendibilità, senza la necessità di riscontri esterni” .

Solo in presenza di essenziali discordanze e quindi di non trascurabili disallineamenti rispetto a pregresse indicazioni, le dichiarazioni della persona offesa, necessitano di elementi esterni in grado di confermarne, senza ombra di dubbio la veridicità”;

E’ legittima una valutazione frazionata delle dichiarazioni della persona offesa e l’eventuale giudizio di inattendibilità, riferito ad alcune circostanze, non inficia la credibilità delle altre parti del racconto” (Cass. sez. VI n. 3015 del 20.12.2010);

la deposizione della persona offesa può essere assunta, anche da sola, come prova della responsabilità dell’imputato, purchè sia sottoposta a vaglio positivo circa la sua attendibilità e senza la necessità di applicare le regole probatorie  di cui all’art. 192, commi terzo e quarto, c.p.p. che richiedono la presenza di riscontri esterni”; (Cass. I sez. penale n. 29372/2010) .

In sintesi, la persona offesa è sempre credibile, anche se inattendibile in parte, senza necessità di riscontri esterni a meno che non emergano “disallineamenti” rispetto a pregresse dichiarazioni.

 

2. Il momento del “contraddittorio”. Vitale per la difesa dell’imputato

2.1 Premessa

Per la difesa dell’imputato si rende, in molti casi, necessario procedere all’approfondimento dibattimentale e quindi svolgere il processo ordinario.

Come è noto, infatti, per i reati sessuali non è possibile procedere all’applicazione della pena su richiesta delle parti ostandovi il disposto di cui all’art.444 comma 1 bis che impedisce l’applicazione della norma di cui all’art. 44 comma 1 per il reato di cui all’art. 609 bis (violenza sessuale) 609 quater (atti sessuali con minorenne) e art. 609 octies c.p. (violenza sessuale di gruppo).

La trattazione del processo nelle forme del giudizio abbreviato è invece possibile.

Tuttavia per far adeguatamente valere le ragioni dell’imputato occorrerebbe  svolgere per tempo investigazioni difensive da inserire tra gli atti oggetto del giudizio, attraverso il fascicolo del difensore previsto dall’art. 391 octies c.p.p. .

Tanto al fine di controbilanciare quanto contenuto nel fascicolo del Pubblico Ministero ed avente, per lo più, portata accusatoria.

Può essere conveniente anche definire con il rito abbreviato laddove si sia partecipato all’incidente probatorio e si abbia avuto al possibilità effettiva di contro esaminare la persona offesa.

In tal caso il contraddittorio è stato effettuato e la difesa ha avuto la possibilità di contro esaminare la persona offesa e di valutarne l’attendibilità e di esaminarne le dichiarazioni rispetto al primo assunto.

Tuttavia, spesso la sede più idonea per contrastare le propalazioni della persona offesa, e per apportare il contributo difensivo alla comprensione dei fatti di causa e delle personalità dei protagonisti del processo,  è quella del processo ordinario.

In tal caso si realizza il contradditorio processuale nella maniera più ampia.

2.2. Contrastare la attendibilità della persona offesa

L’attendibilità è un parere sulla persona-testimone:  una valutazione che spetta al giudice.

Attendibilità intrinseca è quella cui si perviene esaminando il complesso delle dichiarazioni del testimone e il complesso delle informazioni raccolte sullo stesso.

L’attendibilità estrinseca si ha quando il ricordo del testimone trova conferma in riscontri esterni che ne verificano quindi l’accuratezza.

Attaccare l’attendibilità della persona offesa è precipuo compito del difensore dell’imputato che deve far arrivare al Giudicante messaggi ed imput che possano convincerlo a ritenere le informazioni promananti dalla persona offesa, non veritiere, o anche non verosimili o contraddittorie

Ed infatti: “in tema di dichiarazioni della persona offesa di reati sessuali, la valutazione della sua attendibilità è compito esclusivo del giudice, che deve procedere direttamente all’analisi della condotta del dichiarante, della linearità del suo racconto e dell’esistenza di riscontri esterni allo stesso, non potendosi limitare a richiamare il giudizio espresso da periti o consulenti tecnici” (Cass. sez. III del 12/11/2020 depositata 7/01/2021).

E’ pur vero che Corte di Cassazione SS.UU penali 24/10/2012 n. 41416, ha ribadito che la regola di cui all’art. 192 comma 3 non si applica alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento della responsabilità dell’imputato.

Tuttavia: “tale regola giurisprudenziale non postula, una sorta di automatismo decisionale, per effetto del quale la esistenza di una accusa di violenza sessuale mossa da un soggetto, che si professi persona offesa, nei confronti di altra persona comporta di necessità l’affermazione della penale responsabilità di costui” (Cass. sez. III 22/09/2022 n. 35378).

Tanto implica che qualora il teste persona offesa sia costituita parte civile, il giudizio di attendibilità deve essere condotto con particolare rigore, più penetrante ed incisivo rispetto a quello riservato alla valutazione dell’attendibilità delle ordinarie categorie di testi.

In tali casi la motivazione deve essere idonea a valutare positivamente la credibilità soggettiva del teste persona offesa e l’attendibilità intrinseca del suo racconto: in tal caso la Cassazione non esclude la opportunità della indicazione di taluni riscontri esterni.

La Giurisprudenza, quindi, concede grande rilevanza al narrato della teste persona offesa benché costituita parte civile giacchè esso da solo può fondare una affermazione di responsabilità, inserendo solo a livello di eventualità la possibilità di valutare i riscontri esterni alle dichiarazioni del teste e riferendo espressamente che di essi se ne può tener conto nella motivazione.

Quindi, spazio limitato ai “riscontri esterni”, ma spazio percorribile per la difesa. Angusto, stretto ma percorribile.

Innanzitutto culturalmente: non è detto che ogni racconto della persona offesa sia credibile ed ogni persona offesa sia attendibile e quindi bisogna credere nella forza del contraddittorio che è la nostra icona.

Il vaglio dibattimentale è necessario: ma abbisogna di attori preparati, che sabbiano condurre gli esami testimoniali ed i controesami “a ragion veduta” senza balzi pericolosi in avanti e con la giusta preparazione e accortezza.

Difensori che capiscano che i riscontri positivi all’imputato devono essere rinvenuti subito e comunque prima del dibattimento per poterne fare uso al momento delle escussioni testimoniali al dichiarato fine di far rilevare circostanze utili alla difesa dell’imputato o al fine far emergere le contraddizioni del racconto testimoniale dell’accusatore persona offesa.

Infatti nella pratica investigativa e processuale il testimone è chiamato a riferire anche più volte del medesimo fatto.

Ci sono gli strumenti per far emergere le contraddizioni insite nel racconto del testimone ed il processo penale deve privilegiare la coerenza e non l’incoerenza dei racconti.

E la presenza di contraddizioni, falsità, incoerenze logiche, inverosimiglianze viene considerato il miglior metodo per valutare l’attendibilità o l’inattendibilità  intrinseca del testimone.

Come ci consigliano gli psicologi e analisti della testimonianza  “In un processo penale le contraddizioni, cioè le inconsistenze nelle risposte in dichiarazioni ripetute, sono utilizzate come un criterio per valutare la credibilità del testimone stesso” (prof. Giuseppe Sartori “la coerenza delle dichiarazioni” in testimonianzapenale.com/argomenti/coerenza-delle-dichairazioni).

2.3. Ingenerare il dubbio nel giudicante

L’obiettivo finale che si pone il difensore dell’ imputato è quello di dimostrare la inconsistenza dell’accusa e quindi la “non responsabilità” dell’imputato.

Compito impervio, come detto sopra, visti i postulati avversi che si incontrano e la cultura “processuale” volta a ritenere credibili tout court le persone offese.

Non dobbiamo dimenticare però che ricorrono casi di reati segnalati da vittime simulatrici o apparenti (ad es. presunta violenza sessuale nella stazione circumvesuviana di Napoli, la donna che denunciò tre ragazzi, al vaglio del Tribunale del Riesame fu giudicata palesemente inattendibile, vedasi blog le cronache lucane 04/04/2019) o addirittura spinte da volontà ricattatoria nei confronti del denunciato (ad es. denuncia subita dal calciatore Ballottelli poi archiviata dal GIP Brescia, il calciatore denunciò la ragazza per tentata estorsione, in Repubblica/milanocronaca/news/Brescia/archiviate/accuse di violenza/ per Ballottelli 08/12/2021).

Ed allora le discrasie nel racconto testimoniale delle persone offese o nei testimoni a carico devono considerarsi gli obiettivi intermedi che il difensore deve cercare dia raggiungere e valorizzare per poi puntare all’obiettivo principale che è la dichiarazione di non colpevolezza.

Come afferma Domenico Carponi Schittar, avvocato e professore di psicologia e scienze forensi, cultore dell’ arte dell’esame e controesame, le domande, in aula,  vanno poste “per l’esigenza di estrarre dall’interrogato tutto quanto può interessare e riuscire utile a chi lo esamina, e per l’esigenza di trasmettere al giudice informazioni convincenti a sostegno della versione dei fatti e delle tesi che si difende nel processo” (testo “La persuasione del Giudice” pag. 131 autore D.Carponi Schittar).

Ossia: attraverso l’espletamento dell’ esame diretto e del controesame   dobbiamo mandare messaggi “persuasivi” al Giudice  attraverso le domande che formuliamo e le risposte che riceviamo.

In quella fase inizia l’opera di convincimento che si sublima poi nella discussione finale dove si cerca di esaltare in chiave difensiva il lavoro svolto e quindi dimostrare la innocenza dell’imputato oppure,  quanto meno che la prova acquisita non può rappresentare la colpevolezza “al di là di ogni ragionevole dubbio”.

Strada impervia, ma l’unica percorribile.

Avv. Filippo Castellaneta  

 

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