Appalto privato: come tutelarsi dai danni da vizio e/o difetto
Il contratto d’appalto è uno dei principali contratti per cui non è necessaria la forma scritta affinchè sia valido.
Il proprietario, committente, che affida l’esecuzione di un lavoro edile ad un’impresa, detta appaltatore, potrà quindi scegliere se fidarsi di un accordo verbale, oppure chiedere un contratto scritto. In entrambi i casi, qualora l’appaltatore non esegua le opere a regola d’arte, il committente potrà trovare tutela legale; tuttavia, è meglio prediligere l’accordo scritto anziché quello orale, in quanto in sede di giudizio potrebbero insorgere difficili questioni da provare.
Detto ciò, anche il contratto d’appalto per iscritto può presentare alcuni tranelli. Infatti, non sempre tutto ciò che viene indicato nel contratto è semplice e chiaro, anzi, può comunque diventare oggetto di contestazione.
Un primo comportamento posto in essere dal committente a propria tutela può essere il seguente: a fronte di una stipula di un contratto d’appalto, e soprattutto laddove il committente debba corrispondere all’impresa esecutrice un’ingente somma di danaro, è bene prendersi del tempo prima della sottoscrizione del contratto stesso, affinchè si possa meglio valutare il contenuto dello stesso, magari portandolo a conoscenza di un legale, che possa dare delle indicazioni in merito (sul termine essenziale, modalità di risoluzione, clausole vessatorie), nonché di un tecnico professionista, geometra o architetto, per quanto riguarda le parti tecniche, i materiali utilizzati e le tempistiche per la consegna dell’opera.
Questo comportamento aiuta il committente a difendersi da contratti che spesso vengono predisposti dall’appaltatore con formulari generici che, per il committente sembrano dettagliati, ma al contrario dopo l’insorgere di una controversia si dimostrano ambigui e generici.
Altra tutela, è garantita dal codice civile nel caso in cui le opere realizzate non rispettino le regole dell’arte. Si distinguono differenti procedure a seconda che l’opera sia già stata consegnata al committente oppure non sia stata ancora terminata. Qualora si volesse far valere questo tipo di tutela sarebbe opportuno incaricare un legale per lo svolgimento della procedura più idonea al caso concreto, anche perché è necessario rispettare termini precisi imposti dalla legge, oltre i quali la prescrizione del diritto non dà modo di difendere i propri diritti.
In molte situazioni accade che il danno causato da lavorazioni dell’impresa esecutrice voglia essere immediatamente rimosso dal proprietario dell’immobile, magari incaricando un’impresa diversa rispetto a quella con cui aveva concluso il contratto per mancanza di fiducia. Attenzione: la rimozione del vizio o del danno effettuata da un’altra impresa, si concretizza nella dispersione della prova che può essere utilizzata in giudizio.
Quindi il committente deve essere consapevole che, rimuovendo il vizio/danno esistente, perde la prova della responsabilità ascrivibile all’impresa appaltatrice, necessaria per formulare al giudice la richiesta di risarcimento danni. E’ noto però che i tempi della giustizia sono lunghi.
Cosa fare quindi, per non attendere i lunghi tempi processuali e poter rimuovere i vizi?
Prima di tutto è necessario adottare un valido strumento per ottenere la prova necessaria per il giudizio di merito: è opportuno esperire un accertamento tecnico, con cui il giudice nominerà un consulente tecnico d’ufficio che verrà incaricato di eseguire una perizia sull’immobile, fotografando lo stato dei luoghi.
Ciò ha due vantaggi: le tempistiche dell’accertamento tecnico sono brevi rispetto a quelle di un normale processo e la perizia redatta dal consulente potrà coadiuvare il giudice del processo di merito per stabilire l’adeguato risarcimento danni.
Una volta terminata la procedura di accertamento il committente potrà far rimuovere il vizio/difetto da altra impresa edile, nel caso non vi sia più fiducia nella precedente, avendo già ottenuto la prova del danno.
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