L'applicazione della Mudawwana in Italia
Premessa
Atteso l'incremento nel nostro Paese di cittadini marocchini che, una volta sposatisi in Marocco, decidono di trasferirsi in Italia, era inevitabile l'aumento di casi che investono i tribunali italiani per cause di separazione e di divorzio riguardanti coniugi stranieri. Per chi applica il diritto, nasce l'esigenza di conoscere quali tipi di norme regolano la fine del rapporto coniugale tra soggetti della stessa nazionalità ma residenti all'estero, in Italia per l'appunto.
Questo articolo, vuole tratteggiare il quadro normativo applicabile a tre diversi casi:
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il primo caso, vede coniugi marocchini, sposati in Marocco ma residenti in Italia che vogliono divorziare in Italia;
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il secondo caso invece, riguarda coniugi marocchini, sposati in Marocco, residenti in Italia, divorziati con sentenza marocchina che necessitano di trascrivere la sentenza in Italia;
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l'ultimo caso, dai tratti più tecnico-processuali, in cui due coniugi marocchini, sposati in Marocco, residenti in Italia già divorziati con sentenza definitiva in Marocco incardinano un processo di divorzio in Italia chiedendo l'applicazione della Mudawwana.
Caso n. 1 – Il divorzio in Italia di coniugi marocchini sposati in Marocco
Come è noto, in Italia non vige il diritto alla richiesta di divorzio diretto dei coniugi, ma necessariamente bisognerà dapprima instaurare il procedimento per la separazione personale dei coniugi consensuale o giudiziale, e successivamente quello per il divorzio. In Marocco invece, e nei paesi islamici in genere, c'è la possibilità di chiedere al tribunale lo scioglimento diretto del matrimonio.
Due coniugi marocchini che risiedono in Italia, e che hanno trascritto nei registri italiani l'atto di matrimonio marocchino, possono chiedere al giudice italiano l'applicazione della Mudawwana (legge sul diritto di famiglia marocchino) in Italia? La risposta è sì, ma analizziamo brevemente in base a quali fonti normative.
Prima di tutto bisogna far riferimento ai regolamenti europei.
Il Regolamento UE n. 1259/2010 (attuazione di una cooperazione rafforzata nel settore della legge applicabile al divorzio e alla separazione personale) infatti, all'art. 5 sancisce i possibili criteri per scegliere la legge applicabile: infatti, per addivenire alla separazione o al divorzio dei coniugi, essi possono scegliere di attuare “la legge dello Stato della residenza o dell'ultima residenza abituale dei coniugi, la legge dello Stato in cui uno dei coniugi ha la cittadinanza, oppure la legge del Foro”.
In secondo luogo, l'art. 3 Regolamento UE n. 2201/2003 (relativo alla competenza, al riconoscimento e all'esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale), cita “sono competenti a decidere sulle questioni inerenti al divorzio, alla separazione personale dei coniugi e all'annullamento del matrimonio le autorità giurisdizionali dello stato membro, nel territorio in cui si trova l'abituale residenza dei coniugi”.
Pertanto sulla base delle norme comunitarie, ai sensi dell'art. 5 Reg. UE n. 1259/2010 i coniugi possono chiedere di applicare la legge n. 70/2003 del Marocco e il codice civile marocchino in quanto cittadini del Marocco, e di investire della controversia il giudice italiano ai sensi dell'art. 3 Reg. UE n. 2201/2003, perchè residenti sul territorio italiano.
Ciò dal punto di vista normativo, ma anche la giurisprudenza italiana si è negli anni orientata all'applicazione del codice civile marocchino: primo fra tutti il Tribunale di Padova con la sentenza n. 2012/2017, che ha dichiarato il divorzio diretto tra i coniugi marocchini residenti in Italia, in quanto ha ritenuto che la legge marocchina sia compatibile con i principi dell'ordine pubblico e delle norme imperative italiane. Questo precedente ha poi positivamente caratterizzato l'orientamento giurisprudenziale attuale.
Caso n. 2 – Il divorzio in Marocco di coniugi marocchini residenti in Italia
Proprio per il quadro normativo riportato poc'anzi, due coniugi marocchini seppur residenti in Italia, possono certamente adire l'autorità giudiziaria del Marocco per la pronuncia della sentenza di divorzio. Una volta passata in giudicato, la sentenza deve essere trascritta anche nei registri italiani per tenere aggiornate le modifiche di stato civile delle persone.
Ai sensi degli artt. 64-65 della legge n. 218/1995, riguardante la riforma del sistema italiano del diritto internazionale privato, è prevista l'automatica efficacia in Italia delle sentenze straniere che rispettino alcuni principi in sintonia con i cardini dell'ordinamento italiano. Tra le sentenze che possono spiegare automaticamente i loro effetti ci sono le sentenze di divorzio emesse dai Tribunali del Marocco.
In questo caso, per la trascrizione in Italia della sentenza è sufficiente aspettare il suo passaggio in giudicato, tradurre in italiano la stessa a mezzo di un traduttore giurato e chiederne la legalizzazione all'autorità consolare italiana presente in Marocco competente per territorio.
Ma occorre fare attenzione. Considerato che uno dei principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico è il principio del contraddittorio e il diritto di difesa, qualora la sentenza fosse stata emessa dal Giudice del Marocco a definizione di un processo in cui uno dei due coniugi non è comparso, a causa ad esempio di notifica irregolare dell'atto introduttivo, il provvedimento non potrà essere trascritto in Italia.
Caso n. 3 – Sentenza di divorzio emessa in Marocco e pendenza del medesimo procedimento in Italia
Le ultime fattispecie su cui vorrei porre l'attenzione sono queste.
A) Contemporaneità della pendenza di procedimenti in Marocco ed in Italia
In questo caso a risoluzione della questione interviene l'art. 7 della legge n. 218/1995 che recita: “quando, nel corso di un giudizio, sia eccepita la previa pendenza tra le stesse parti di domanda avente il medesimo oggetto e il medesimo titolo dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano se ritiene che il provvedimento straniero possa produrre effetto per l'ordinamento italiano, sospende il giudizio. Se il giudice straniero declina la propria giurisdizione o se il provvedimento straniero non è riconosciuto dall'ordinamento italiano, il giudizio in Italia prosegue, previa riassunzione ad istanza della parte interessata...”.
B) In Marocco il Giudice si è già pronunciato con una sentenza definitiva di divorzio, ma in Italia è pendente il procedimento per lo scioglimento del matrimonio con richiesta di applicazione della legge marocchina, e la sentenza di divorzio marocchina non è mai stata trascritta in Italia
Anche in questo caso i procedimenti hanno stesso petitum e causa petendi tra le stesse parti. Innanzitutto, si ritiene che non si sarebbe dovuto instaurare il procedimento italiano attesa la definizione di un giudizio all'estero già passato in giudicato per il medesimo oggetto e tra le medesime parti, in applicazione del principio del ne bis in idem.
Questo principio che tradotto letteralmente significa “non due volte sulla stessa questione”, ben si adatta al nostro caso n. 3B.
Infatti, chiedere al Giudice italiano lo scioglimento del matrimonio secondo la legge marocchina attesa l'esistenza di una precedente sentenza di divorzio estera definitiva, significa chiedere al tribunale italiano di pronunciarsi una seconda volta sulla medesima quaestio, con il rischio per le parti di ottenere due provvedimenti magari contrastanti su alcuni aspetti, come per esempio sull'affidamento dei figli o sul mantenimento o altri elementi economici tra le parti.
Oltre al ne bis in idem, un altro principio fondamentale per cui il procedimento italiano non si sarebbe dovuto incardinare, lo si ricava dall'art. 2909 c.c. - per cui l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa.
Pertanto, proprio perchè la sentenza del Marocco produce effetti nel nostro ordinamento ex legge n. 218/1995 ed è passata in giudicato, è fondamentale farla tradurre in Marocco e chiederne la legalizzazione alle competenti autorità italiane, per chiederne la trascrizione in Italia.
A questo punto si potrà portare alla conoscenza del Giudice italiano la definizione della controversia da parte del Giudice straniero, producendo il certificato dello stato civile italiano delle parti aggiornato (se la sentenza fosse già stata trascritta nello more del giudizio italiano), oppure la prova della sentenza legalizzata o quantomeno tradotta, e chiedere la cessazione della materia del contendere, comunque rilevabile d'ufficio in ogni stato e grado del processo, con l'emissione della sentenza dichiarativa dell'impossibilità di procedere alla definizione del giudizio.
Nel caso in cui non si potesse produrre il certificato di stato civile aggiornato nella prima udienza utile, ma si fosse in possesso soltanto della sentenza di divorzio legalizzata, si potrà chiedere al Giudice la cessazione della materia del contendere e chiedere di incaricare la Cancelleria per la trasmissione del provvedimento al Comune competente al fine di trascrivere la sentenza straniera.
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