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Ammissibile la lite sull'avviso del C.U.T.


E’ impugnabile l’avviso bonario con il quale la segreteria della commissione tributaria richiede il pagamento del contributo unificato
Ammissibile la lite sull'avviso del C.U.T.
La Commissione Tributaria Provinciale di Potenza affronta la problematica dell'immediata impugnabilità dell’avviso bonario relativo al Contributo Unificato emesso dalle Segreterie delle Commissioni Tributarie e, con la sentenza n. 260/2/2015, ne afferma l’impugnabilità.
La questione controversa, alla base della menzionata decisione, prende le mosse dalla qualificazione, ai fini dell’elencazione di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, dell’avviso emesso dalle Segreterie delle Commissioni Tributarie nel novero degli atti autonomamente impugnabili dinanzi il Giudice Tributario.
In tal senso, difatti, è necessario premettere che l’articolo 37, del Decreto Legge 6 luglio 2011, n. 98 ha introdotto anche nell’ambito del processo tributario, il contributo unificato sugli atti giudiziari, disciplinato dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (c.d. "Testo unico delle Spese di Giustizia"), sostituendo così l’imposta di bollo sino a quel momento dovuta. Il menzionato Testo Unico dispone, all’art. 248, che: "Nei casi di cui all'articolo 16, entro trenta giorni dal deposito dell'atto cui si collega il pagamento o l'integrazione del contributo, l'ufficio notifica alla parte, ai sensi dell'articolo 137 del codice di procedura civile, l'invito al pagamento dell'importo dovuto, quale risulta dal raffronto tra il valore della causa ed il corrispondente scaglione dell'articolo 13, con espressa avvertenza che si procederà ad iscrizione a ruolo, con addebito degli interessi al saggio legale, in caso di mancato pagamento entro un mese".

La problematica valutata dalle Commissioni Tributarie nel primo periodo di vigenza del tributo al processo tributario, afferisce alla riconducibilità del detto avviso al novero degli atti autonomamente impugnabili dinanzi al giudice tributario.
L’elencazione degli atti impugnabili davanti al giudice tributario, di cui all’art. 19 del D.Lgs. 546/1992, non esclude l’impugnabilità di atti non compresi in tale novero, ma contenenti la manifestazione di una compiuta e definita pretesa tributaria (Cass. 8.10.2007. n. 21045). Va, al riguardo operata una precisazione nel senso che l'elencazione degli "atti impugnabili" contenuta nella norma suddetta, tenuto conto dell'allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge n. 448 del 2001, deve essere interpretata alla luce delle norme costituzionali di buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.) e di tutela del contribuente (artt. 24 e 53 Cost.), riconoscendo la impugnabilità davanti al giudice tributario di tutti gli atti adottati dall'ente impositore che portino, comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, con l'esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento, cui è naturaliter preordinato, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'art. 19 citato. L'aver consentito l'accesso al contenzioso tributario in ogni controversia avente ad oggetto tributi, comporta la possibilità per il contribuente di rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta la Amministrazione manifesti (anche attraverso la procedura del silenzio-rigetto) la convinzione che il rapporto tributario (o relativo a sanzioni tributarie) debba essere regolato in termini che il contribuente ritenga di contestare (in assenza di simile manifestazione di volontà espressa o tacita non sussisterebbe l'interesse del ricorrente ad agire in giudizio ex art. 100 c.p.c.: Cass. SS.UU. 10 agosto 2005 n. 16676). Va, quindi, riconosciuta la possibilità di ricorrere alla tutela del giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall'ente impositore che portino comunque a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa si estrinsechi della forma autoritativa propria di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dall'art. 19 citato, atteso l'indubbio sorgere in capo al contribuente destinatario, già al momento della ricezione di quella notizia, dell'interesse (art. 100 c.p.c.) a chiarire, con pronuncia idonea ad acquistare effetti non più modificabili, la sua posizione in ordine alla stessa e, quindi, ad invocare una tutela giurisdizionale - ormai, allo stato, esclusiva del giudice tributario - comunque di controllo della legittimità sostanziale della pretesa impositiva e dei connessi accessori vantati dall'ente pubblico (Cass.. SS.UU., 27 marzo 2007 n. 7388). Si deve, quindi, riconoscere la ricorribilità dei provvedimenti davanti al giudice tributario ogni qual volta vi sia un collegamento tra gli atti della Amministrazione ed il rapporto tributario, nel senso che tali provvedimenti devono essere idonei ad incidere sul rapporto medesimo, dovendosi ritenere possibile una interpretazione non solo estensiva ma anche analogica della categoria degli atti impugnabili previsti dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19. Costituisce, ormai, principio affermato che con la L. 28 dicembre 2001. n. 448 art. 12, comma 2 (secondo cui "appartengono alla giurisdizione Tributaria tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie") la giurisdizione tributaria è divenuta - nell'ambito suo proprio - una giurisdizione a carattere generale competente ogni qual volta si controverte di uno specifico rapporto tributario, o di sanzioni inflitte da uffici tributari. Di conseguenza, è stato modificato il D.Lgs. 31 dicembre 1992 n. 546, art. 19, in quanto il contribuente può rivolgersi al giudice tributario ogni qual volta abbia interesse a contestare (art. 100 c.p.c.) la convinzione espressa dall'Amministrazione in ordine alla disciplina del rapporto tributario. Pertanto, nonostante l'elencazione tassativa degli atti impugnabili contenuta nel D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, il contribuente può impugnare anche atti diversi da quelli contenuti in detto elenco, purché espressione di una compiuta pretesa tributaria. La mancata ricorribilità di tali atti davanti al giudice tributario comporterebbe una lacuna di tutela giurisdizionale, in violazione dei principi contenuti negli arti. 24 e 113 Cost. perché il carattere esclusivo della giurisdizione tributaria non consente che atti non impugnabili in tale sede siano devoluti, in via residuale, ad altri giudici, secondo le ordinarie regole di riparto della giurisdizione (Cass. SS.UU. 27 marzo 2007. n. 7388; Cass. SS.UU. ord. n. 13793. 2004. nonché più recentemente: Cass. 19 febbraio 2016 n. 3315; Cass. 28 luglio 2015 n. 15957: Cass. 28 novembre 2014 n. 25297; Cass. l maggio 2012 n. 7344).

Pertanto anche l'invito al pagamento del (maggior) contributo unificato inviato dalla Segreteria della Commissione Tributaria a norma dell'art. 248 D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (T.U. Spese di giustizia), che ha tali caratteristiche, portando a conoscenza del contribuente una pretesa ben definita, rientra nel novero degli atti autonomamente impugnabili.

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