Operazioni accessorie fuori dal pro-rata IVA
La Commissione Tributaria Regionale di Potenza, con la Sentenza n. 297/02/2019, si pronuncia sul tema dell'attrazione al calcolo del pro-rata IVA delle operazioni accessorie non occasionali.
La questione afferisce l’effettuazione, da parte di soggetto passivo IVA, di operazioni attive esenti, assunte come estranee dal calcolo del pro-rata, ex art. 19-bis del D.p.r. 633/1972, in quanto accertate essere accessorie (secondo un criterio “quantitativo”) alle operazioni poste in essere nel perseguimento dell’attività individuata come principale.
Nel caso esaminato dai giudici tributari, il contribuente risulta titolare di ditta individuale avente ad oggetto sociale l’attività di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande.
Presso la sede della propria attività, il contribuente ha permesso l’installazione di apparecchi per il gioco lecito regolati dall’art. 106 del T.U.L.P.S. che producono componenti positivi di reddito esenti da imposta sul valore aggiunto.
Sulla asserzione che la propria attività principale sia la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, il contribuente assume come accessoria l’attività di gioco lecito (cd. slot machines) e da tale asserzione fa discendere la non applicazione del pro-rata di detrazione IVA sulle operazioni passive in proporzione al rapporto tra operazioni attive imponibili ed esenti.
L’Amministrazione Finanziaria, al contrario, eccepisce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 19-bis del D.p.r. 633/1972, ritenendo applicabile il pro rata di detrazione dell’imposta sul valore aggiunto sul rapporto tra operazioni attive imponibili ed esenti.
Difatti, i contribuenti che svolgono contemporaneamente attività imponibili (che conferiscono il diritto alla detrazione) e attività esenti (previste dall'articolo 10 del D.p.r. 633/1972) applicano alle operazioni passive un coefficiente di detraibilità (calcolato secondo le regole di cui all’articolo 19-bis del D.p.r. 633/1972) che risulta espressione, sostanzialmente, del rapporto tra le operazioni imponibili ed il complesso delle operazioni poste in essere dal contribuente, al fine di determinare il valore dell'imposta detraibile.
Difatti, secondo la strutturazione normativa dell'articolo 19 del Dpr 633/1972 e in conformità all'articolo 17 della sesta direttiva del Consiglio Cee del 15 maggio 1977, n. 77/388/Cee (cfr. Corte giustizia n. C-488/07 del 2008 e n. C-174/08 del 2009), il diritto a detrazione dell'imposta riguarda solamente i beni e servizi utilizzati dal soggetto passivo per lo svolgimento di operazioni imponibili (quale attuazione del principio di inerenza secondo Cassazione 13197/2009). Ove, per contro, l'operatore eserciti contemporaneamente attività imponibili e attività esenti, occorre stabilire la percentuale di detrazione per assicurare che la detrazione operata rispecchi realmente l'ammontare delle operazioni effettivamente assoggettate al tributo (in tal senso le circolari n. 3/2007 e n. 46/2007 dell’Agenzia delle Entrate – Direzione Centrale Normativa e Contenzioso).
Per la determinazione di detto coefficiente opera il meccanismo del "pro rata" che consente di individuare l'Iva detraibile data dal rapporto tra le operazioni che danno diritto a detrazione (effettuate nell'anno) e lo stesso ammontare aumentato delle operazioni esenti (effettuate nell'anno medesimo), nei sensi previsti dall'articolo 19-bis.
Segnatamente, la percentuale di detraibilità dell’IVA sulle operazioni passive è calcolata sulla base del rapporto tra le operazioni imponibili e le operazioni imponibili sommate alle operazioni esenti.
Tuttavia, l’art. 19-bis D.p.r. 633/1972 esclude dal criterio di computo sopra descritto le operazioni esenti qualora non rappresentino svolgimento dell’attività propria del contribuente ovvero rappresentino attività accessoria a quella esercitata in via principale.
Conseguentemente, al fine della corretta individuazione della percentuale di detraibilità dell’IVA versata sulle operazioni passive risulta necessario delimitare la nozione di “attività propria” e di “accessorietà”.
Il menzionato concetto di “accessorietà” è enunciato dall’art. 19-bis, comma 2, del D.p.r. 633/1972 e, tuttavia, non già definito.
Nell’applicazione pratica del menzionato concetto si sono susseguite due nozioni interpretative del concetto di “accessorietà” distinguibili in:
(i) Natura qualitativa dell’operazione;
(ii) Natura quantitativa dell’operazione.
Il primo criterio interpretativo tende a qualificare l’operazione nella sua autonomia qualitativa e nella rispondenza dell’attività alle previsioni statutarie.
Il secondo criterio interpretativo tende a qualificare l’operazione nella sua rilevanza quantitativa sul volume d’affari della società e nell’utilizzo quantitativo di beni e servizi per la realizzazione dell’attività.
La giurisprudenza della Suprema Corte nonché della Corte di Giustizia Europea, difatti, è indirizzata verso una individuazione del criterio di accessorietà meramente “quantitativo”.
In particolare, i criteri enunciati dalla giurisprudenza impongono una previa valutazione dell’incidenza dei ricavi dell’attività oggetto di valutazione sulla cifra d’affari complessiva del contribuente nonché la misura di utilizzazione di beni e servizi che comportano la detrazione dell’IVA per la realizzazione delle attività in valutazione.
L’enunciazione del criterio “quantitativo” deve essere rinvenuta, dapprima, nell’alto insegnamento della Corte di Giustizia ove è superfluo rammentare che le sentenze della Corte hanno valore pari ai Trattati ed alle Direttive e, pertanto, direttamente applicabili nell’ordinamento nazionale.
In tal senso si richiama la Sentenza 29 aprile 2004, C-77/01 della Corte di giustizia che statuisce:
“78. Dalle suesposte considerazioni discende che la concessione annuale di prestiti da parte di una holding alle società partecipate e gli investimenti della medesima in depositi bancari ovvero in titoli, quali buoni del Tesoro o certificati di deposito, devono essere considerati come operazioni accessorie ai sensi dell’art. 19, n. 2, seconda frase, della sesta direttiva, laddove tali operazioni implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’IVA è dovuta. A tal riguardo, sebbene l’entità dei redditi provenienti dalle operazioni finanziarie ricomprese nella sfera di applicazione della sesta direttiva possa costituire un indizio nel senso che tali operazioni non debbano essere considerate accessorie ai sensi della detta disposizione, la circostanza che redditi superiori a quelli prodotti dall’attività indicata come principale dall’impresa interessata provengano da tali operazioni non può, di per sé, escludere la qualificazione di queste ultime quali «operazioni accessorie».
79. Spetta al giudice del rinvio stabilire se le operazioni in esame nella causa principale implichino solamente un uso estremamente limitato di beni o di servizi per i quali l’IVA è dovuta e, eventualmente, escludere gli interessi derivanti da tali operazioni dal denominatore della frazione utilizzata per il calcolo del prorata di deduzione”.
Da ultimo, la Corte di Giustizia si è riferita al sistema Italiano della determinazione del pro-rata matematico e con la Sentenza del 14 dicembre 2016 nella Causa C 378/15 – Mercedes-Benz, ha statuito:
“Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che l’articolo 17, paragrafo 5, terzo comma, lettera d), e l’articolo 19 della sesta direttiva devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa e a una prassi nazionali, come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, che impongono a un soggetto passivo:
– di applicare alla totalità dei beni e dei servizi da esso acquistati un pro rata di detrazione basato sulla cifra d’affari, senza prevedere un metodo di calcolo che sia fondato sulla natura e sulla destinazione effettiva di ciascun bene e servizio acquistato e che rifletta oggettivamente la quota di imputazione reale delle spese sostenute a ciascuna delle attività tassate e non tassate; e
– di riferirsi alla composizione della sua cifra d’affari per l’individuazione delle operazioni qualificabili come «accessorie», a condizione che la valutazione condotta a tal fine tenga conto altresì del rapporto tra dette operazioni e le attività imponibili di tale soggetto passivo nonché, eventualmente, dell’impiego che esse implicano dei beni e dei servizi per i quali l’IVA è dovuta.
Conseguentemente a quanto sopra rilevato, la Corte di giustizia ha affermato, con riferimento al sistema Italiano, che il sistema del pro-rata matematico di cui all’art. 19, comma 5, del D.p.r. 633/1972 non confligge con i principi unionali a condizione che le attività accessorie siano valutate sulla base del rapporto tra le dette attività e quelle imponibili nonché sulla rilevanza degli acquisti che generano detrazione per l’effettuazione delle operazioni esenti.
Pertanto, risulta non revocabile in dubbio la chiara opzione per un criterio “quantitativo” di individuazione dell’accessorietà.
Di tale principio ha dato compiuta attuazione la Corte di Cassazione, per cui si richiama Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 13/02/2017) 24-03-2017, n. 7654:
“3. - Ne esce confermata la giurisprudenza di questa Corte, secondo cui, per verificare se una determinata operazione attiva rientri o non nell'attività propria di una società, ai fini dell'inclusione nel calcolo della percentuale detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti, occorre avere riguardo non già all'attività previamente definita dall'atto costitutivo come oggetto sociale, ma a quella effettivamente svolta dall'impresa, in quanto, ai fini dell'imposta, rileva il volume d'affari del contribuente, costituito dall'ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi compiute, e, quindi, l'attività in concreto esercitata (Cass. 9 marzo 2016, n. 4613; 14 marzo 2014, n. 5970; 13 novembre 2013, n. 25475)”.
In senso del tutto conforme al sopra richiamato principio di diritto, si richiama la recentissima Cass. civ. Sez. V, Sent., (ud. 19/12/2017) 19-04-2018, n. 9670:
“3.4. Risulta dunque decisiva, ai fini del calcolo della percentuale di detraibilità dell'Iva sugli acquisti, la composizione della cifra d'affari del soggetto passivo: per verificare se una determinata operazione attiva rientri o meno nell'attività propria di una società, ai fini dell'inclusione nel calcolo della percentuale detraibile in relazione al compimento di operazioni esenti, occorre avere riguardo non già all'attività previamente definita dall'atto costitutivo come oggetto sociale, ma a quella effettivamente svolta dall'impresa, poichè, ai fini dell'imposta, rileva il volume d'affari del contribuente, costituito dall'ammontare complessivo delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi compiute, e, quindi, l'attività in concreto esercitata (Cass. 24 marzo 2017, n. 7654; Cass. 9 marzo 2016, n. 4613; Cass. 14 marzo 2014, n. 5970; Cass. 13 novembre 2013, n. 25475)”.
Il sopra ricordato approdo giurisprudenziale confligge con l’interpretazione classica fornita dall’Amministrazione Finanziaria che ha assunto come canone dell’accessorietà la natura qualitativa delle operazioni.
Sul punto e sulla qualificazione dell’accessorietà in termini “qualitativi” si deve richiamare l’arresto di prassi dell’Amministrazione Finanziaria che afferma (RISOLUZIONE N. 41/E DEL 5 APRILE 2011):
“In argomento, la circolare n. 71 del 26 novembre 1987 ha chiarito che: “la nozione di ‘attività propria’, specie per le società, va assunta sotto un profilo prevalentemente qualitativo, intesa cioè come quella diretta a realizzare l’oggetto sociale e quindi a qualificare sotto l’aspetto oggettivo l’impresa esercitata, e sotto tale aspetto proiettata sul mercato e quindi nota ai terzi. (...)”. Da ciò consegue che le operazioni di natura finanziaria, finalizzate al raggiungimento degli scopi sociali, non possono essere considerate come attività propria dell’ impresa, ma devono essere piuttosto qualificate come strumentali al migliore svolgimento dell’attività esercitata, in quanto rese a supporto di detta attività e tendenti alla più proficua realizzazione economica della medesima”.
Ulteriormente ed in senso conforme l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 71 del 26 novembre 1987, ha chiarito che: “la nozione di ‘attività propria’, specie per le società, va assunta sotto un profilo prevalentemente qualitativo, intesa cioè come quella diretta a realizzare l’oggetto sociale e quindi a qualificare sotto l’aspetto oggettivo l’impresa esercitata, e sotto tale aspetto proiettata sul mercato e quindi nota ai terzi”.
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La Commissione Tributaria Regionale di Potenza, sposando il suesposto recente orientamento giurisprudenziale, ha affermato la natura accessoria delle operazioni sulla base di criteri di natura “quantitativa” ed, assumendo la estraneità per natura all’attività principale delle operazioni esenti, ha ribadito la non riconducibilità delle stesse al computo per la determinazione del pro-rata IVA matematico.
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