Condominio: quando il contraddittorio deve essere integrato nei confronti di tutti i condomini?
Con l’Ordinanza n. 22936/20 del 21 ottobre 2020, la Corte di Cassazione si è espressa in materia di rivendica della condominialità dei beni all’interno del Condominio.
In particolare, nel caso concerto, cinque condomini hanno citato in giudizio, avanti il Tribunale, altri quattro condomini, chiedendo che l’androne, sia pedonale sia carraio, nonché il cortile interno fossero dichiarati parti comuni.
I convenuti si sono costituiti in giudizio chiedendo, in via principale, il rigetto delle domande attoree e, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’acquisto per usucapione di diverse aree, tra le quali, le suddette.
Il Giudice di primo grado ha ritenuto che sia l’androne (pedonale e carraio), sia il cortile interno del Condominio fossero parti comuni, pertanto, ha condannato i convenuti a consentire il libero esercizio a dette aree agli attori ed a consegnare agli stessi tutte le chiavi di accesso ed ha rigettato la domanda riconvenzionale.
I convenuti hanno proposto appello avverso la Sentenza del Tribunale.
La Corte d’Appello adita ha dichiarato la predetta Sentenza nulla, non essendo stato esteso il contraddittorio nei confronti di un altro condomino che era un litisconsorte necessario.
Gli originari attori hanno, pertanto, proposto ricorso avanti la Corte di Cassazione adducendo tre motivi.
In primo luogo, i ricorrenti hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse errato nel dichiarare nulla la Sentenza di primo grado per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di un altro condomino.
A parere dei ricorrenti, infatti, per l’accertamento della natura condominiale di alcune parti immobiliari, non è indispensabile estendere il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini, non avendo la domanda riconvenzionale alcuna rilevanza poiché riferita a luoghi diversi.
Con il secondo motivo, i ricorrenti hanno sollevato l’illegittimità della Sentenza d’appello nella parte in cui ha ritenuto che il condomino non citato in giudizio fosse litisconsorte necessario, nonostante detta qualità non sia emersa dagli atti di causa e non sia stata provata dalla parte interessata.
Con il terzo ed ultimo motivo, gli originari attori hanno ritenuto erronea la disposizione della Sentenza di secondo grado di restituzione delle competenze legali liquidate nella Sentenza emessa dal Tribunale.
La Corte di Cassazione ha analizzato congiuntamente i primi due motivi di ricorso e li ha entrambi rigettati.
La Suprema Corte ha affermato che, nelle azioni dichiarative dell’accertamento della condominialità dei beni immobili non è necessario integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i condomini. Quando, invece, il convenuto chiede, in via riconvenzionale, l’accertamento dell’acquisto per usucapione delle porzioni immobiliari di cui è contestata la condominialità o l’accertamento dell’usucapione di un diritto di servitù di passaggio sul bene delle cui condominialità si discute, deve essere integrato il contraddittorio nei confronti di coloro che sono contitolari del bene oggetto di causa.
Nel caso concreto, i convenuti hanno proposto domanda riconvenzionale dell’avvenuto acquisto per usucapione anche dell’androne e del cortile interno, pertanto, il contraddittorio doveva essere esteso a tutti i condomini.
Con l’Ordinanza in esame, la Corte di Cassazione si è uniformata all’orientamento delle Sezioni Unite della medesima Corte la quale ha affermato che: “in tema di condominio negli edifici, qualora un condomino agisca per l’accertamento della natura condominiale di un bene, non occorre integrare il contraddittorio nei riguardi degli altri condomini, se il convenuto eccepisce la proprietà esclusiva, senza formulare, tuttavia, un’apposita domanda riconvenzionale e, quindi, senza mettere in discussione la comproprietà degli atri soggetti, con ciò conseguendone che, nel caso di domanda riconvenzionale venga ritualmente proposta, scatta la necessità di disporre l’integrazione del contraddittorio”.
La Suprema Corte ha, invece, ritenuto fondato il terzo motivo di ricorso relativo alla restituzione delle competenze legali liquidate nella Sentenza di primo grado.
Secondo gli Ermellini, infatti, la Corte d’Appello ha disposto la restituzione delle competenze legali liquidate nella Sentenza del Tribunale senza che gli appellanti avessero proposto la relativa domanda, incorrendo nella violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato dal Giudice.
La Corte di Cassazione, pertanto, ha ritenuto corretta la dichiarazione di nullità della Sentenza di primo grado pronunciata dalla Corte d’Appello dal momento che il contraddittorio non era stato esteso a tutti i litisconsorti necessari.
Ha, invece, cassato la Sentenza di secondo grado nella parte in cui ha previsto la restituzione delle competenze legali liquidate nel giudizio di primo grado
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