Sciolto preliminare per mutuo dissenso con restituzione della caparra
Con l’ordinanza n. 28391/2020 la seconda sezione civile della Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare che, in caso di inadempimenti reciproci posti in essere, il preliminare si scioglie per mutuo dissenso con restituzione della caparra.
Nel caso deciso dalla Corte di Cassazione, un promissario acquirente aveva convenuto in giudizio due promittenti venditori esponendo che questi ultimi non avevano rispettato il termine fissato per il rogito, impedendo, così, di procedere alla stipula del contratto definitivo e, pertanto, chiedeva che venisse dichiarato l’intervenuto scioglimento del contratto preliminare con condanna alla restituzione pari al doppio della caparra e, in via subordinata, che venisse dichiarata la risoluzione del preliminare per inadempimento dei promittenti venditori, con restituzione della caparra. I promittenti venditori, di contro, deducevano che l’inadempimento era da imputare all’acquirente con diritto a trattenere la caparra ricevuta.
Il giudice delle prime cure ha accolto le doglianze dei promittenti venditori dichiarando legittimo il recesso e il conseguente diritto a trattenere l’importo ricevuto a titolo di caparra confirmatoria.
Il promissario acquirente presentava appello avverso la predetta sentenza e la Corte di appello, in accoglimento del gravame proposto, dichiarava la risoluzione del preliminare per mutuo consenso, precisando che all’inadempimento del promissario acquirente, sarebbe corrisposto anche l’inadempimento dei promittenti venditori con conseguente obbligo del venditore di restituire la caparra ricevuta.
La Suprema Corte, evidenziando come la Corte di Appello avesse esaminato compiutamente il fatto storico, ha rigettato il ricorso proposto dei venditori, i quali avevano lamentato che la responsabilità della mancata stipula era da addebitare al compratore, e ha sancito, altresì, che nell’ambito di un contratto preliminare di compravendita di un bene immobile, il giudice di merito dovrà effettuare non solo un giudizio di comparazione in ordine ai comportamenti tenuti dalle parti allo scopo di stabilire quale di esse si sia resa responsabile delle trasgressioni che, per numero o per gravità ovvero per entrambe le cause, si rivelino idonee a turbare il sinallagma contrattuale, ma sarà anche tenuto ad una verifica dell’importanza dell’inadempimento, tenuto conto della sua efficacia causale rispetto alla finalità economica complessiva.
Tale indagine, costituendo un accertamento “di fatto” è demandato al giudice di merito censurabile in sede di legittimità solo se viziato nei principi di diritto applicabili e nella logica del ragionamento. Nel caso di specie, specifica la Cassazione, l’apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non ha dato luogo ad alcun vizio denunciabile con ricorso per cassazione, avendo la Corte di Appello, esaminato compiutamente il fatto storico.
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