Cassazione, presupposti usucapione servitù pubblica di passaggio
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Con l'ordinanza n. 14932/2021, la Seconda Sezione Civile della Corte di Cassazione torna ad occuparsi dei requisiti necessari per l'acquisizione per usucapione di una servitù pubblica di passaggio, fornendo importanti precisazioni sulla prova dell'uso pubblico e sul rapporto tra servitù di passaggio e servitù di acquedotto.
Il caso sottoposto all'esame della Suprema Corte trae origine da una controversia che ha visto contrapposti il Comune di X, subentrato all'ex Comune di Y, e alcuni privati proprietari di particelle fondiarie attraversate da un sentiero. Il Comune aveva agito in giudizio per vedere riconosciuta l'usucapione pubblica ventennale della servitù di passaggio sul predetto sentiero, nonché della servitù di acquedotto esistente nel sottosuolo.
La vicenda processuale si è sviluppata attraverso tre gradi di giudizio, con esiti alterni. Il Tribunale di Trento aveva inizialmente accolto la domanda del Comune, ma la Corte d'Appello di Trento aveva poi riformato la sentenza, negando la sussistenza dei presupposti per l'usucapione della servitù pubblica.
L'aspetto più interessante della pronuncia riguarda l'individuazione dei requisiti necessari per qualificare una strada come destinata ad uso pubblico. La Corte ribadisce il proprio consolidato orientamento secondo cui è necessaria una duplice dimostrazione: da un lato l'effettiva destinazione della strada al servizio della collettività, dall'altro l'esistenza di un titolo valido.
In particolare, per quanto attiene all'uso pubblico, non è sufficiente la mera utilizzazione uti singuli, finalizzata a soddisfare un personale ed esclusivo interesse per il più agevole accesso a determinati immobili privati. È invece necessario che si realizzi un passaggio generalizzato da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives in quanto portatori di un interesse generale.
La Corte precisa inoltre che, diversamente da quanto previsto per le servitù prediali dall'art. 1061 c.c., per le servitù pubbliche non è richiesta la presenza di opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio. Ciò che rileva è piuttosto la ricorrenza di tre condizioni cumulative:
1) L'uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui;
2) L'oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l'esercizio della servitù;
3) Il protrarsi dell'uso per il tempo necessario all'usucapione.
Nel caso di specie, i giudici di merito avevano erroneamente limitato la propria analisi al periodo di realizzazione della strada (1970) e al protrarsi di determinate caratteristiche per oltre un ventennio, senza però verificare se tale utilizzo fosse oggettivamente idoneo a soddisfare il fine di pubblico interesse e, soprattutto, se si fosse realizzato su di essa il passaggio generalizzato di una collettività indeterminata di individui quali uti cives.
La pronuncia si segnala anche per un'importante precisazione in tema di rapporti tra servitù di passaggio e servitù di acquedotto. La Corte chiarisce infatti che la presenza di un collettore di acque bianche coperto da lastre cementizie non vale di per sé a dimostrare l'esistenza di una servitù di acquedotto, quando tale struttura sia stata realizzata al solo fine di confortare la sussistenza della servitù pubblica di passaggio.
In conclusione, l'ordinanza offre un'utile ricognizione dei principi che governano l'acquisto per usucapione delle servitù pubbliche, ribadendo la necessità di un rigoroso accertamento non solo del decorso del tempo ma anche e soprattutto della natura effettivamente pubblica dell'uso, da intendersi come utilizzo generalizzato da parte della collettività per il soddisfacimento di un interesse generale. Una precisazione importante che contribuisce a tracciare una netta linea di demarcazione tra servitù pubbliche e private, evitando indebite sovrapposizioni concettuali.
La decisione si inserisce nel solco di un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, che mira a garantire un equilibrato contemperamento tra le esigenze di tutela della proprietà privata e quelle di salvaguardia degli interessi della collettività, richiedendo una rigorosa verifica della sussistenza di tutti i presupposti necessari per l'acquisto di diritti reali pubblici attraverso l'usucapione.
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