Vendita di immobile abusivo: responsabilità
La recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta un tema di particolare rilevanza nel settore immobiliare, riguardante la vendita di un immobile abusivo per il quale era stata presentata domanda di sanatoria edilizia. La vicenda mette in luce le complesse problematiche legate alla compravendita di immobili con irregolarità urbanistiche e le conseguenze giuridiche delle dichiarazioni non veritiere rese dai venditori.
Nel caso specifico, l'acquirente aveva comprato un immobile dai venditori, i quali avevano dichiarato in sede di stipula del contratto di compravendita che per lo stesso era stata presentata una domanda di sanatoria ai sensi della legge 47/1985, con regolare versamento delle somme previste a titolo di oblazione. I venditori avevano inoltre assicurato che la domanda di sanatoria doveva intendersi accolta per effetto del meccanismo del silenzio-assenso.
Tuttavia, la situazione si è rivelata ben diversa da quanto rappresentato. Successivamente alla vendita, infatti, il Comune di Lamezia Terme ha accertato che l'immobile non poteva beneficiare del condono edilizio, in quanto i lavori non erano stati completati entro i termini temporali previsti dalla legge. Questo elemento risultava determinante, poiché la normativa subordinava la possibilità di ottenere la sanatoria al completamento delle opere entro determinate scadenze.
Di fronte a questa scoperta, l'acquirente ha intrapreso un'azione legale articolata: in via principale, ha chiesto il riconoscimento dell'obbligo dei venditori di pagare le somme necessarie per la regolarizzazione dell'abuso e la sua surrogazione nei diritti della pubblica amministrazione; in via subordinata, ha richiesto la dichiarazione di nullità del contratto di compravendita o il suo annullamento per errore e/o dolo, con conseguente risoluzione del contratto e risarcimento dei danni.
Il percorso giudiziario è stato complesso. In primo grado, il Tribunale di Lamezia Terme ha respinto la domanda dell'acquirente. La decisione è stata poi confermata dalla Corte d'Appello di Catanzaro, la quale ha ritenuto che la nullità del contratto non fosse configurabile ai sensi dell'art. 40 della legge 47/1985, nonostante dalla documentazione del Comune emergesse chiaramente che la sanatoria era stata richiesta quando l'opera non era stata ultimata entro il termine prescritto del 1° ottobre 1983.
La Corte d'Appello aveva inoltre minimizzato la rilevanza del comportamento dei venditori, considerando sufficiente il fatto che le parti avessero dichiarato davanti al notaio di rinunciare a ogni indagine sullo stato di fatto, di diritto, ipotecario, catastale e urbanistico dell'immobile.
La Cassazione ha però ribaltato questa impostazione, evidenziando diversi errori nella valutazione della Corte territoriale. In particolare, la Suprema Corte ha sottolineato come la semplice rinuncia alle verifiche davanti al notaio non possa escludere la responsabilità dei venditori, soprattutto quando questi abbiano reso dichiarazioni non veritiere sulla situazione dell'immobile.
Di particolare interesse è il passaggio in cui la Corte afferma che il comportamento di chi promette di vendere o vende un immobile abusivo, per il quale non esiste alcuna possibilità di regolarizzazione, costituisce un inadempimento di non scarsa importanza. Tale inadempimento, secondo la giurisprudenza citata nella sentenza, può comportare conseguenze diverse: in alcuni casi solo il risarcimento del danno, in altri anche la nullità del contratto.
La Cassazione ha quindi accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa ad altra sezione della Corte d'Appello di Catanzaro. Il nuovo giudizio dovrà concentrarsi sulla quantificazione del danno subito dall'acquirente, considerando quale sarebbe stato il valore attuale dell'immobile se la concessione in sanatoria fosse stata effettivamente ottenibile.
Questa decisione rappresenta un importante precedente nella tutela degli acquirenti di immobili, ribadendo il principio secondo cui le dichiarazioni false dei venditori sulla regolarità urbanistica degli immobili non possono essere "sanate" da generiche rinunce alle verifiche, ma comportano precise responsabilità giuridiche ed economiche.
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