Rapporti tra aree urbane e agricole: distanze stalle dalle abitazioni
Nella regione Lombardia, la vicinanza tra le stalle e le abitazioni è un tema di grande rilevanza, poiché incide direttamente sulla salute e sul benessere degli abitanti delle zone rurali. Le normative che regolano le distanze tra le stalle e le residenze sono state elaborate con l'obiettivo di garantire la sicurezza e la qualità della vita delle comunità locali, oltre alla tutela dell'ambiente e della salute pubblica.
Secondo le disposizioni vigenti, le distanze minime tra le stalle e le abitazioni sono stabilite per ridurre al minimo il rischio di inquinamento atmosferico e acustico, nonché per prevenire eventuali situazioni di conflitto tra attività agricole e residenziali. Queste norme sono fondamentali per assicurare una convivenza armoniosa tra agricoltura e vita urbana, tutelando sia gli interessi degli allevatori sia quelli dei residenti.
Le stalle, dove vengono allevati bovini, suini, ovini e altre specie animali, devono essere posizionate a una distanza adeguata dalle case per evitare che le emissioni di odori e sostanze nocive possano arrecare disturbo ai residenti. Inoltre, è importante garantire che le attività agricole non compromettano la qualità dell'aria e delle risorse idriche, né rappresentino un rischio per la salute umana.
Le normative regionali stabiliscono distanze minime che variano a seconda delle caratteristiche del territorio e del tipo di allevamento. Ad esempio, nelle zone densamente popolate o nelle aree protette, le stalle devono essere collocate a una distanza maggiore dalle abitazioni rispetto alle zone rurali meno popolate. È abbastanza intuitivo che un allevamento in montagna ha caratteristiche ontologiche differenti rispetto ad uno in pianura, uno in collina o uno costiero. Inoltre, vengono considerati fattori come il numero di capi presenti nell'allevamento, le tecniche di gestione delle deiezioni e l'utilizzo di sistemi di trattamento degli effluenti.
In questo senso Stato e Regioni, ed anche la Lombardia, ben si son guardate dall’emanare normative cogenti “universalmente valide” da applicare ai singoli Comuni, ma hanno specificato – in ogni testo normativo, ivi compreso il menzionato DDR Sanità 20109/2005 – che i medesimi si limitano a fornire “… indicazioni volte ad individuare migliori soluzioni per minimizzare l’impatto e promuovere una buona convivenza tra realtà agro-zootecniche e insediamenti urbani …” ovvero linee guida di cosiddetta good practice, per nulla cogenti, riservando la materia al Titolo III dei Regolamenti di Igiene Comunali, Regolamenti Edilizi Comunali e PTCC. Da ciò deriva che grava sul Comune l’emanazione di una normativa specifica in tema di distanze degli allevamenti dalle zone residenziali essendo l’unico Ente ad avere il “polso” della situazione concreta e particolare relativa al proprio territorio. Ovviamente in dette linee guida non hanno certo inteso indicare la buona pratica per gli allevamenti di minore dimensione, presupponendo che gli stessi difficilmente possano comportare problemi quali quelli che le linee guida intendono prevenire (immissioni olfattive e rischi per la salute) ma quelli di maggiore dimensione e, conseguentemente, di maggiore impatto per l’ambiente circostante.
Questa scelta condivisibile nell’ispirazione, ha, tuttavia, ingenerato non poca confusione benchè si sia di fronte, almeno per la Regione Lombardia, ad una norma di rara chiarezza. Mi è capitato, infatti, in più di un caso di trovarmi davanti provvedimenti comunali che vietavano o avviavano procedimenti amministrativi volti alla sospensione dell’attività di allevatori, fondando i propri provvedimenti, sulla violazione delle norme del DDR Sanità, attribuendo al medesimo addirittura valenza di normativa ordinaria, e applicandolo per analogia a specie diverse da quelle oggetto del medesimo (suini e bovini).
Niente di più errato.
Il comportamento del Comune, infatti, che non abbia recepito nel proprio Regolamento di Igiene tipo i precetti del DDR Sanità, e pretenda di emanare provvedimenti sulla base di quest’ultimo è illegittimo così come la pretesa di un privato che contesti il rilascio di una concessione edificatoria per una stalla di equidi ad una distanza dai fabbricati residenziali inferiore di quella prevista nel menzionato Decreto per le stelle di bonvini e suini.
In tal senso il Tar Lombardia 3167/2011, proprio sul punto, ha avuto modo di sottolineare che le linee guida regionali adottate con il DDG 20109/2005 non risultano prescrittive di distanze minime applicabili tout court né tanto meno hanno il rango di fonte normativa tipica, con conseguente inapplicabilità alle stesse di un criterio di interpretazione che è tipico delle fonti normative, ovvero l’analogia. Da ciò deriva che da un lato non essendo dette linee guida delle norme non sono previsioni (rectius distanze) immediatamente applicabili, in quanto per esserlo richiedono di venire recepite dal relativo Regolamento di Igiene comunale e, dall’altro, non possono nemmeno essere utilizzate quale base per l’applicazione delle medesime ad altre situazioni dalle stesse non previste specificamente, per esempio gli equidi, essendo le medesime relative solo a bovini e suini.
L'obiettivo principale di queste normative resta, dunque, quello di promuovere uno sviluppo sostenibile del settore agricolo, favorendo pratiche agricole rispettose dell'ambiente e della salute umana. Allo stesso tempo, si cerca di garantire la competitività delle aziende agricole, consentendo loro di operare in modo efficiente e redditizio.
In conclusione, le distanze tra le stalle e le abitazioni in Lombardia sono regolamentate con attenzione per bilanciare le esigenze dell'agricoltura con la tutela dell'ambiente e della salute pubblica. Attraverso queste disposizioni, si mira a promuovere un equilibrio tra lo sviluppo economico e la qualità della vita nelle comunità rurali, contribuendo così a un futuro sostenibile per tutti.
Articolo del: