Cosa hanno imparato alcune coppie dal lockdown?
Il lockdown come acceleratore di crisi di coppia e possibile cambiamento
Durante il lockdown molte coppie conviventi sono entrate in crisi per un aumento di conflitti, separazioni e, in alcuni casi, violenza domestica.
Come riporta Neodemos, un sito di demografia, secondo una ricerca transnazionale [1] su un campione di circa 4mila coppie in Francia, Italia e Spagna, nel periodo del primo lockdown è emerso che la “cattività” non sempre aiuta la relazione, anzi può metterla in crisi. Il 12,5% delle coppie italiane (dato più alto tra le tre nazioni) ha dichiarato un peggioramento nella qualità della relazione; il 17% un aumento del peso della solitudine, nonostante la convivenza più stretta.
Alcune coppie sono ricorse a un percorso terapeutico e nella mia esperienza professionale ho visto che diverse persone sono riuscite a superare la crisi, non solo riconoscendo i rischi di alcune loro precedenti dimensioni psicologiche, ma anche individuando dei fattori protettivi per il loro benessere individuale e di coppia. In questi casi il lockdown è stato un intensificatore di difficoltà, ma anche un’opportunità di evoluzione.
L’inadeguata gestione dell’eccesso di vicinanza
Di solito ognuno di noi condivide momenti con la/il propria/o partner, ma anche singolarmente con parenti, amici, colleghi, conoscenti vari, durante il lavoro e le altre attività: rapporto con genitori dei figli, vita associativa, sport, hobbies, ecc. In ogni ambiente, soprattutto quando si è da soli, ciascuno esprime aspetti propri che possono non essere abituali con il/la partner. Improvvisamente tutta questa complessità di relazioni è scomparsa e ci si è trovati in due e nell’impossibilità di condividere con altri esperienze interessanti che attivassero momenti piacevoli di eustress: una possibile riserva di benessere anche al di fuori della coppia. Ad esempio, andando a pescare, lui, con un amico, o per outlet, lei, con un’amica.
Quando non c’è stata consapevolezza del significato e della funzione di queste relazioni plurime, anche se prima abituali, molte persone sono rimaste “intrappolate” in una condizione di stagnazione stressante. Sempre più impotenti, in molti casi, hanno scaricato il proprio malessere sull’altro/a, attribuendogli “la colpa” della nuova condizione di noia esistenziale o vivendosi come inadeguati, perché incapaci di attivare l’interesse altrui. Convinzioni e atteggiamenti, spesso, all’origine anche di un calo di desiderio sessuale.
In alcuni casi, l’eccessiva convivenza ha enfatizzato le contro attitudini altrui, cioè gli atteggiamenti che non piacciono e che, nella vita precedente, erano mitigati dalla possibilità di fare - assieme, con altri o da soli - molte esperienze.
Il potenziale distruttivo della convinzione di essere nel giusto
Distruttivo, in alcune coppie, è il ritenere il proprio punto di vista quello “vero” e “privo di valore” l'altro divergente. La convivenza coatta ha costretto a dover prendere decisioni comuni e definire assieme delle questioni, con una frequenza maggiore rispetto a quando non c’era il lockdown, ma per farlo con uno spirito collaborativo occorre ascolto reciproco, senza la rigida difesa delle proprie convinzioni e punti di vista e la svalutazione, il deprezzamento di quelle altrui.
Pochi aspetti sono oggettivamente indiscutibili, molte scelte possono essere fatte in modo diverso, secondo le priorità e preferenze soggettive. La variabile soggettiva sta alla base della differenza e, quindi, della possibile divergenza che, non vista e compresa, può portare al conflitto distruttivo, anziché alle opportunità che possono offrire i vari punti di vista.
C’è un’ampia letteratura che si è occupata di riflettere sulle differenze maschili e femminili nella vita di coppia, in alcuni casi vedendole prevalentemente come un’eredità genetica, in altri come conseguenza di ruoli maschili e femminili trasmessi culturalmente. Pensiamo solo ad autori, come John Gregg (2008) e Louann Brizendine (2010, 2011).
Il problema della scarsa suddivisione dei compiti domestici e familiari
Il lockdown ha mostrato che, in alcune coppie in cui lavorano entrambi, il grande carico del lavoro familiare e domestico, in precedenza, era stato delegato a nonni e personale vario: tate, colf e non era chiaro nella coppia genitoriale, non solo la questione di chi fa che cosa, ma soprattutto di un’equa divisione della fatica. Spesso questa mancanza di consapevolezza ha innestato insofferenze e scatti d’ira maschili e lamentele femminili, degenerati in insofferenza reciproca, stress, conflitti.
Il lockdown ha rivelato, in molti casi, che mancava ancora un’idea di coppia, in cui le donne e non solo gli uomini, che lavorano anche fuori di casa, devono necessariamente concordare la divisione dei compiti domestici e genitoriali. È come se la tradizionale immagine dei ruoli familiari – uomo che lavora fuori e donna che si occupa di casa e figli – non fosse stata ancora compiutamente sostituita da quella di una famiglia in cui entrambi sono impegnati anche fuori.
Immagine di ruoli rigidi, che spesso è presente nelle donne e non solo negli uomini. Donne che, ad esempio, tendono a gestire i figli senza coinvolgere direttamente i partner e non solo uomini che non affrontano il problema di un’effettiva divisione dei ruoli genitoriali. Il lockdown ha provocato lo stress da mancanza di condivisione familiare, ma ha mostrato anche l’inadeguatezza di vecchi modelli familiari.
Le tensioni per i figli
In molte coppie il disagio dei figli è diventato fonte di crisi della coppia. L’improvvisa permanenza dei ragazzi a casa ha posto di fronte a compiti e difficoltà nuove: gli impegni scolastici, nuovi stati d’animo e difficoltà a gestire le giornate, Soprattutto gli adolescenti, motivati verso la vita di gruppo, si sono trovati “bloccati” in una condizione di possibile frustrazione, soggetti a un crescendo di stress e reazioni di chiusura o scontrosità. Improvvisamente i genitori hanno avuto un carico imprevisto: figli bisognosi, anche se in modo implicito, di essere ascoltati, compresi nei loro bisogni, rispettati, supportati a dare un significato all’esperienza in atto e trovare delle possibili soluzioni all’improvviso isolamento. .
C’era la necessità, non solo di dare nuove regole chiare e a vantaggio di tutti, ma anche di adulti capaci di aiutare i figli a organizzare le giornate in modo abbastanza soddisfacente in un clima familiare sereno; un compito per alcuni genitori non sempre facile, anzi frustrante. In molte coppie, poco abituate al confronto, alla condivisione della responsabilità genitoriale, alla riflessione sui bisogni psicologici dei figli, le difficoltà si sono trasformata spesso in recriminazioni reciproche.
Dimensioni simbiotiche nelle resistenze al cambiamento
Come in ogni lavoro terapeutico, anche con le coppie in crisi durante il lockdown, sono emerse delle resistenze al cambiamento. Spesso indotte dal permanere, in uno/a dei due o in entrambi, d’inconsapevoli visioni fusionali-simbiotiche, secondo cui, quando siamo in coppia, tutto il benessere psicofisico dipende dal rapporto a due e la soluzione va trovato al suo interno. In realtà è una trappola pensare alla vita di coppia come a “due anime in un nocciolo” o “avvinti come l’edera”; immagini stereotipate di un amore simbiotico, che non risponde ai bisogni di relazione fra adulti, in cui ci sia un noi, ma anche un io e un tu. “Crescere – come scriveva Minuchin (1974) – è imparare a separarsi.”
Quando permangono nella psiche antiche tracce infantili di relazioni simbiotiche non comprese e risolte, capita, ad esempio, di sentirsi in qualche modo abbandonati, se l’altro/a vuole stare un po’ da solo/a. Oppure sentirsi a disagio, se non in colpa, se abbiamo voglia di passare un po’ di tempo senza la costante presenza dell’altro, che chiede, che chiama, che dice …
In questi casi la relazione è più giocata sulle pretese, per cui l’altro, “se ci ama, deve capire ciò di cui abbiamo bisogno” oppure noi “dobbiamo riuscire a rendere felice l’altro”. La vera intimità di coppia (W. Pasini, 1990) è senz’altro fatta di dialogo, confronto, mediazione, alternanza, ma anche di momenti di separazione e di differenziazione; richiede la progressiva consapevolezza che ci sono necessarie dimensioni e bisogni comuni, ma anche differenze soggettive.
In alcuni casi le coppie, con tracce simbiotiche non risolte, rimangono impantanate nel malessere per il problema che non riescono a risolvere, magari con i figli, e finiscono per aggredirsi reciprocamente, anziché assieme capire come uscire dal cul-de-sac.
In altri casi questo puntare tutto sul “noi” limita, se non blocca, la possibilità di cercare in sé dei possibili interessi, indipendenti dall’altra/o che consentano di vivere momenti di piacevolezza, pur all’interno di situazioni limitate come quelle indotte dal lockdown. Difficoltà tanto più diffusa in chi non è abituato a perseguire dei propri interessi o è solito farlo in realtà strutturate – la palestra, il circolo, l’associazione, ecc. – condividendo sempre tutto con qualcuno o facendo solo attività in spazi al di fuori della casa e della solitudine con se stessi.
L’ostacolo delle identità difensive
Un’altra grande resistenza al cambiamento è quella data dalla difficoltà ad abbandonare “la certezza” delle proprie convinzioni, ascoltare i punti di vista dell’altro/a per vederne anche la possibile utilità e praticare l’arte della mediazione. Funzionare in coppia vuol dire creare legami profondi, ma anche riconoscersi reciprocamente (J. Benjamin, 1919).
Questo non avviene, quando le persone vivono come identitarie le loro convinzioni e pertanto non accettano la loro messa in discussione. In questi casi l’altra o l’altro, che diverge, diventa il nemico che minaccia la propria “sostanza” (De Gregorio, 2021), cui si reagisce in modo difensivo e oppositivo, marcando un’eccessiva separazione dagli altri, che accentua un senso di solitudine e inevitabile incertezza esistenziale.
Alcuni fattori protettivi
Molte coppie, durante il lockdown, hanno trovato una via di fuga al malessere dell’eccessiva vicinanza, imparando a comprendere alcune loro visioni condizionanti e meccanismi di eccessiva vicinanza o lontananza.
Hanno acquisito anche la consapevolezza e legittimità di molti bisogni, emersi dopo l’esperienza d’isolamento forzato: le relazioni esterne da coltivare, gli stimoli culturali, artistici, l’attività fisica. Questi percorsi hanno fatto emergere alcune risorse profonde; in primo luogo: riuscire a reagire a un momento di limitazione, senza aspettarsi la soluzione solo dall’altro o dal rapporto di coppia; fare qualcosa che permetta di stare bene con sé anche in una condizione limitata, lasciando spazi di autonomia all’altra/o e a sé.
Curare, però, anche il rapporto, investendo nella relazione come vicinanza e ascolto dell’altra/o e rispetto dei suoi bisogni e desideri. Riconoscere le differenze, ascoltare, dire, mediare e, quindi, investire nella relazione e prevenire il circuito perverso della guerra reciproca o dell’allontanamento.
Alleggerite da vecchi condizionamenti, diverse coppie sono riuscite a darsi alcune regole, chiare ma non rigide:
a livello individuale
- nel rapporto con se stessi – che non va mai sottovalutato - cercare di esprimere le proprie parti in qualche modo bloccate dal lockdown;
- riconoscere quelli che sono i propri e altrui atteggiamenti e comportamenti che creano vicinanza e rispetto dell'altra/o.
a livello di coppia
- rispettare l’esigenza di momenti da soli e non solo in coppia;
- definire in casa chi fa, che cosa e quando;
- impostare il rapporto a due, non solo per i compiti da svolgere, i doveri quotidiani, ma cercare anche dei momenti ludici, piacevoli assieme. Ad esempio fare una partita a carte;
- definire i nuovi problemi, ad esempio con i figli, e studiare assieme le possibili soluzioni, senza alcuna recriminazione nei confronti dell’altro/a.
Bibliografia
Benjamin J. (2019). Il riconoscimento reciproco. Milano: Raffaello Cortina Editore.
Di Gregorio L. (2021). Il desiderio di essere come gli altri. Milano: Mimesis.
Gray J. (2008) Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere. Milano: Rizzoli.
Brizendine L. (2011) Il cervello delle donne. Milano. Rizzoli.
Brizendine L. (2010) Il cervello degli uomini. Milano. Rizzoli.
Minuchin, S. (1974). Famiglie e terapia della famiglia. Roma: Astrolabio.
Pasini W. (1990) Intimità. Milano: Mondadori.
[1] https://www.labcambio.unifi.it/upload/sub/AcceptedSubmission/cambio_openlab_19.pdf
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