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La Consolazione. Risorsa umana nelle tragedie e disastri


Durante tragedie e disastri, come l’alluvione in Romagna, la consolazione è una grande risorsa umana
La Consolazione. Risorsa umana nelle tragedie e disastri

La risorsa della consolazione

Ci sono momenti, nella vita di una persona, di una comunità e delle società, che sono dominati da tragedie e disastri, di fronte ai quali ci si sente impotenti e in cui l’unico sollievo può essere dato dalla vicinanza di persone vicine e lontane. 

La consolazione (dal latino consolari, composto da cum, insieme, e solari, confortare), secondo il filosofo André Compte-Sponville, pur essendo insufficiente perché non risuscita i morti e non guarisce dalle malattie, è necessaria perché non c’è sofferenza peggiore del rimanere soli davanti alle difficoltà (André C. 2022). 

Nei momenti di sofferenza e disperazione avere qualcuno vicino non toglie la gravità di quanto accaduto, non risolve, non guarisce, ma consola e, così facendo, può lenire e sostenere.

Pensiamo soltanto all’ultima alluvione in Romagna, con i suoi morti e un susseguirsi di disastri. Un video, che ha consolato anche noi che guardavamo le immagini di tanta desolazione, è stato quello in cui molti giovani – ragazze e ragazzi – spalavano il fango, cantando “Romagna mia”.

Consolare significa alleviare un dolore quando non è possibile cambiare la realtà. La consolazione non è una ricerca di soluzioni; sottintende una relativa impotenza a cambiare le cause dello sconforto” (André C. 2022). È il possibile e reciproco sostegno di cui parla, ad esempio, Giacomo Leopardi nella “Ginestra”, composta nel 1836, in cui vede nella solidarietà umana l’unico sollievo di fronte alla natura matrigna. Nell’ultima fase della sua vita, infatti, è profondamente critico rispetto al presunto potere dei contemporanei sulla natura e sulla capacità di determinare il destino, mentre è convinto del valore consolatorio della solidarietà. 
La vicinanza introduce un po’ di dolcezza e di calore in una persona sommersa dal dolore. Dolore, che può non ridursi al momento, ma lenirsi col tempo e con una presenza sensibile. 

 

Imparare dal passato 

Sulla consolazione hanno scritto nei millenni molti autori della nostra storia letteraria: da Cicerone, Seneca e Plutarco in poi e “… sembra oggi l’oggetto di un rinnovato interesse di filosofi e sociologi: questo è forse legato a cambiamenti sociali, per i quali i contemporanei cosiddetti “postmoderni”, persa l’illusione di progressi scientifici e democratici continui, si rimettono a dubitare del domani, come chi li aveva preceduti vivendo nei periodi più difficili?” (André C. 2022).

Anche lo storico Michael Ignatieff (2022) ritiene che viviamo in un’epoca storica attraversata da nuovi disastri devastanti, ma in cui la necessaria consolazione non sempre è facile da vivere, agire e accogliere, soprattutto se condizionati dalla prevalente cultura del successo. 

Quando le persone, le comunità, le società, infatti, sono troppo centrate sulla performance e competizione individuale, economica e politica, inevitabilmente, da un lato, enfatizzano la dimensione egoica, e dall’altro minimizzano la percezione dei limiti umani e la previsione dei possibili momenti d’impotenza dolorosa. In questa dimensione esistenziale è molto difficile ammettere le proprie fragilità di fronte alle avversità e ricevere o dare il necessario sostegno. 

Riuscire, invece, a coniugare la ricerca di crescita individuale e sociale con la percezione anche di imprevisti, avversità e il valore della solidarietà ci può rendere più capaci di dare e ricevere conforto. Questo richiede, peraltro, anche una consapevolezza dei limiti umani.

Sempre secondo Ignatieff, un modo, per fare quest’approfondimento esistenziale, è quello, come propone lui con il suo libro “Sulla consolazione”, di conoscere i vari personaggi che hanno cercato, nel corso della storia e all’interno delle proprie tradizioni culturali, una qualche risposta alla loro sofferenza e trasmesso sempre il valore profondo della vicinanza umana.


La pratica psicologica del confortare 

Sull’esigenza di riapprendere, in alcuni casi, a saper dare consolazione si sofferma anche lo psichiatra Cristophe André, specializzato nella psicologia delle emozioni, secondo cui occorre sviluppare quelle che lui chiama le quattro A: affetto, attenzione, azione e accettazione. Ci dà, inoltre, alcune semplici indicazioni per sostenere chi è in difficoltà, che possiamo sintetizzare come tatto, delicatezza, ascolto, attenzione all’altro, non aspettarsi un immediato risollevarsi, disponibilità, ma anche avere certe convinzioni. Una fra queste è quella sul destino, quando accade qualcosa che non riguarda solo l’avversità della natura ma anche l’eventuale errore umano. "Accettare il destino significa rassegnarsi a ciò che è successo, ma anche battersi perché non succeda più, dopo essersi battuti perché non succedesse” (André C. 2022).

Poiché “la formula consolatoria”, anche se sembra rimandare al passato, ci spinge verso il futuro, sempre secondo André, occorre dare un significato alle avversità e, stando attenti a non cadere in pericolosi errori, ricercare un senso rispetto a quanto accaduto e comprendere se dipende “da errori o da logiche che spesso ci sfuggono”. Per questo motivo “è fondamentale ridare un significato, instancabilmente, a tutte le avversità”. Soprattutto perché “la ricerca di un senso sembra un bisogno psicologico universale, radicato nel nostro funzionamento cerebrale”.

Bibliografia
André C. Una dolce consolazione in MIND Mente & Cervello N. 214 – Ottobre 2022. Roma: Puntoweb. 
André C. (2022). Consolations: celles que l'on reçoit  et celles que l'on donne. Paris: Iconoclaste (l'). 
Ignatieff M. (2022). Sulla consolazione. Milano: Vita e Pensiero Editore.
 

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