Empatia. Fattore di protezione e contrasto alla violenza
La disumanità della violenza
Negli ultimi mesi i casi di femminicidio, soprattutto l’uccisione di una donna incinta di sette mesi, hanno scosso le coscienze di tante persone. L’attenzione dei mass madia e della popolazione si è concentrata, non solo sull’inasprimento delle pene per gli autori di violenza e sulle azioni per mettere in sicurezza le vittime, ma anche sui motivi delle uccisioni di partner o ex partner e sul perché si possa arrivare a tanta disumanità. Intendendo con quest’ultimo termine, soprattutto i motivi per cui il femminicida perde ogni rispetto per i diritti della sua vittima. Com’è possibile tanta efferatezza? “, “Cosa ha scatenato tutta questa violenza?” Sono alcune delle domande ricorrenti, cui molti hanno reagito, invocando un cambiamento culturale.
Cosa s’intende per cambiamento culturale?
Vuol dire, innanzitutto, cercare di comprendere perché tutto ciò avviene e soprattutto di quali fattori di protezione e prevenzione ci sia bisogno per ridurre le varie forme di violenza, fra cui quelle contro le donne.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), fra i fattori di protezione è fondamentale l'attivazione delle abilità di vita, le cosiddette life skills (Chiappi 2021), che sono necessarie per lo siluppo del benesserre psicofisico proprio e altrui, perché consentono di porsi in modo empatico e avere atteggiamenti e comportamenti di rispetto e gestione costruttiva di situazioni stressanti, divergenze e conflitti.
Che cosa s’intende per empatia?
Un’abilità fondamentale per la qualità dei rapporti umani è senz’altro l’empatia; termine che deriva dal greco “en-pathos”, che possiamo tradurre come “sentire dentro”, cioè "mettersi nei panni di qualcun altro/a" per comprenderlo/a meglio.
L’empatia è ben diversa dall’identificazione, per cui un individuo si sente o si considera uguale a un'altra persona, o dalla simpatia, in cui il modo di porsi altrui provoca un senso di condivisione sentimentale. Stato d’animo, quest’ultimo che spesso è correlato con l’antipatia: il rifiuto, l’avversione, per vari motivi, verso qualcuno.
L’empatia è un processo molto complesso, frutto di una molteplicità di apprendimenti, che consentono di riconoscere le proprie emozioni ed essere motivati a sentire e comprendere lo stato emotivo, le ragioni e le intenzioni altrui, senza confondersi con lui, lei o pretendere un sentire e una visione del mondo simile. È l’educazione a cercare di comprendere, anziché giudicare con pregiudizi. È un modo per connettersi con gli altri, è un ascolto profondo, ma anche la riflessione su quanto si avverte, si vede e s’ipotizza. È il frutto della progressiva consapevolezza, secondo cui, dati alcuni diritti umani da rispettare, ognuno va visto della sua specificità e diversità per rapportarsi in modo reciprocamente costruttivo. È l’abilità che consente, in alcuni casi, anche di “vedere” i motivi di chi non riesce a essere empatico e a rispettare gli altri, e che permette di comprendere, anche quando non si condivide o siamo tenuti a dare un limite, una sanzione. È comprensione, ma anche separazione, differenziazione.
Consente, nel tempo, di uscire dal guscio infantile dell’egocentrismo, spaziare e trovare fuori ma anche dentro di sé una pluralità di aspetti: sentimenti, punti di vista, preoccupazioni e difficoltà, così come entusiasmi e determinazioni nuove.
Quando diviene parte integrante del sentire di una persona, è la risorsa individuale che orienta in modo positivo nei rapporti, fra cui quelli fra partner o ex partner e che consente di elaborare con sempre maggiore chiarezza quei principi affettivi ed etici su cui si forma l’intima distinzione fra il bene e il male e il rispetto dei diritti umani.
Può essere attivata l’empatia?
L’empatia, secondo Daniel Goleman (1996), è, assieme a consapevolezza, autocontrollo, motivazione e abilità sociali, una delle cinque componenti base dell'intelligenza emotiva, che può e deve essere attivata nei vari ambiti sociali, se si vuole ridurre il tasso di violenza. Parlando della crisi, presente nella società americana, afferma che è necessario “prestare una maggiore attenzione alla competenza sociale ed emozionale nostra e dei nostri figli …” Riferendosi all’Italia, aggiunge: “Dai miei amici italiani apprendo che anche nel loro paese la società mostra alcuni segnali tipici di una crisi simile a quella americana. Pertanto il mio consiglio per l’Italia è esattamente lo stesso …”
Un’educazione all’empatia ha una funzione protettiva nelle relazioni umane, perché aiuta a non reagire impulsivamente, quando qualcosa o qualcuno non corrisponde alle proprie desiderate, consente di provare a capire anche il punto di vista altrui, di non enfatizzare quanto non piace ed essere preda dell'animosità che induce l'antipatia, ma piuttosto cercare di comprendere l’altro, pur vedendone l’eventuale scorrettezza. In alcuni casi permette, invece, di rapportarsi all’altra persona senza la vischiosità dell’identificazione o la mitizzazione di ciò che piace molto.
L’empatia, dunque, può essere appresa, nella crescita, attraverso la relazione con adulti – familiari, insegnanti, educatori – altrettanto empatici. Si affina attraverso l’educazione affettiva a scuola, con l’ascolto, stimolati a immedesimarsi negli altri con la testa, il corpo e con il cuore, senza perdersi in loro o in disorientanti pensieri. Si attiva anche con letture adeguate all’età, il dialogo e il confronto costruttivo.
Si rafforza, negli anni, con lo sviluppo dello spirito critico e si potenzia, con la riflessione su esperienze, relazioni, letture, formazioni, un percorso di psicoterapia…
Si mantiene in vita con un atteggiamento di apertura e curiosità nei confronti degli altri, di disponibilità rispetto a persone diverse per genere, cultura, storia …
Bibliografia
Chiappi F. (15/11/2021). Life skills e promozione della salute psicofisica. ProntoProfessinista.it
Goleman D. (2006). Intelligenza Emotiva. Milano: Rizzoli.
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