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Illegittimità della C.M.S. e C.D.F.


Nullità di tutte le clausole comunque denominate che prevedano commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito
Illegittimità della C.M.S. e C.D.F.
In molti contratti di conto corrente bancario ovvero di finanziamento è prevista una clausola che prevede una commissione di massimo scoperto oppure una clausola per la disponibilità del fido.

L’importo di tali commissioni sono quantificati in una percentuale del massimo importo utilizzabile dalla società, nell’esercizio dell’attività, a prescindere dal fatto che detta società abbia, o meno, sconfinato il limite posto per l’affidamento.

Questo genere di clausole è nulla perché priva di funzione economico/sociale.

L’art. 2bis l. 2/2009 statuisce che: "Sono nulle le clausole contrattuali aventi ad oggetto la commissione di massimo scoperto se il saldo del cliente risulti a debito per un periodo continuativo inferiore a trenta giorni ovvero a fronte di utilizzi in assenza di fido. Sono altresi' nulle le clausole, comunque denominate, che prevedono una remunerazione accordata alla banca per la messa a disposizione di fondi a favore del cliente titolare di conto corrente indipendentemente dall'effettivo prelevamento della somma, ovvero che prevedono una remunerazione accordata alla banca indipendentemente dall'effettiva durata dell'utilizzazione dei fondi da parte del cliente, salvo che il corrispettivo per il servizio di messa a disposizione delle somme sia predeterminato, unitamente al tasso debitore per le somme effettivamente utilizzate, con patto scritto non rinnovabile tacitamente, in misura onnicomprensiva e proporzionale all'importo e alla durata dell'affidamento richiesto dal cliente e sia specificatamente evidenziato e rendicontato al cliente con cadenza massima annuale con l'indicazione dell'effettivo utilizzo avvenuto nello stesso periodo, fatta salva comunque la facoltà di recesso del cliente in ogni momento."

Se la banca addebita una commissione sulla base di una clausola contrattuale per aver messo a disposizione un fido e/o per il massimo scoperto, essa si crea una remunerazione, non dovuta, e la clausola che prevede la commissione è nulla per violazione di una norma imperativa e priva di funzione economico / sociale.

Sulla questione è intervenuto, successivamente, il Governo.

Il Decreto Legge del 6 dicembre 2011 n.201, c.d. Decreto "Salva Italia", convertito in legge n. 214 del 22 dicembre 2011, che, all’art. 6 bis, inserendo nel Testo Unico Bancario l’art. 117-bis rubricato "Remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti", ha stabilito che il massimo scoperto: (a) è l’unico onere che può essere addebitato al cliente nei contratti di apertura di credito; (b) deve essere calcolata in misura proporzionale alla somma messa a disposizione, alla durata dell’affidamento ed al tasso debitore calcolato sugli importi realmente utilizzati; (c) non può essere superiore allo 0,5%, per trimestre, della somma messa a disposizione. Inoltre, per i contratti senza affidamento, in caso di sconfinamento non autorizzato è prevista una commissione di istruttoria veloce calcolata in misura fissa, espressa in valore assoluto, proporzionale ai costi ed un tasso di interesse debitore sull’ammontare dello sconfinamento. Spetta, però, al Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio (CICR) stabilire i casi nei quali la commissione di istruttoria veloce deve essere riconosciuta alla banca.

Successivamente, è stato emanato il Decreto Liberalizzazioni "Cresci Italia" (Decreto Legge 24 gennaio 2012 n. 1), convertito con la Legge del 24 marzo 2012, n. 27, recante "Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività", che ha delineato la disciplina transitoria della suddetta norma ed il rapporto con la Legge 2 del 29 gennaio 2009.

In particolare, l’art. 27, comma 2, stabilisce che tutti i contratti di apertura di credito e di conto corrente devono essere adeguati, entro novanta giorni, alle disposizioni di cui all’articolo 117-bis. Inoltre, al fine di risolvere un problema interpretativo connesso all’entrata in vigore dell’articolo 117-bis, il comma 3 dell’art. 27 abroga la previgente normativa sulla CMS

La legge di conversione n. 27 del 24 marzo 2012, modificando il Decreto Liberalizzazioni, ha inoltre stabilito con l’art. 27-bis la nullità di tutte le clausole comunque denominate che prevedano commissioni a favore delle banche a fronte della concessione di linee di credito, della loro messa a disposizione, del loro mantenimento in essere, del loro utilizzo anche nel caso di sconfinamenti in assenza di affidamento ovvero oltre il limite del fido.

E’ subito apparsa evidente l’antinomia fra l’art. 117 bis T.U.B. ed il 27 bis Decreto cresci Italia, pertanto, il Governo ha dovuto emanare il D. L. n.29 del 24 marzo 2012, che avrebbe dovuto, nell’intenzione del legislatore, coordinare la disciplina riguardante la remunerazione degli affidamenti e degli sconfinamenti. Il decreto limita l’applicazione dell’art. 27 bis ai soli casi nei quali sia stata violato l’articolo 117-bis TUB che, come detto sopra, prevede un tetto massimo, per queste commissioni, dello 0,5% trimestrale.

La Legge n. 62 del 18 maggio 2012 (Integrazioni al Decreto "Cresci Italia") ha infine convertito il Decreto Legge n. 29 del 24 marzo 2012 modificando ulteriorermente il testo della disposizione ed intervenendo anche sull’art. 117-bis TUB.

Il fine di semplificare e chiarire, però, non è stato realizzato, difatti, sono insorti dubbi interpretativi sui casi ai quali le nuove norme avrebbero potuto essere applicate.

Il Decreto n. 644 del 30 giugno 2012, emesso dal Ministro dell’Economia e delle Finanze (in qualità di Presidente del CICR), ha chiarito l’ambito di applicazione delle nuove disposizioni, ed ha affermato che la commissione non si applica alle famiglie consumatrici titolari di conto corrente, nel caso di uno sconfinamenti pari od inferiori a 500 euro, in assenza di affidamento (ovvero oltre il limite di fido), che riguardi un solo periodo, per ciascun trimestre bancario, e che non sia superiore alla durata di sette giorni consecutivi.

Il D.M. è entrato in vigore l’1 luglio 2012 e prevedeva che i contratti, in corso a tale data, dovessero essere adeguati entro l’1 ottobre 2012 con l’introduzione di clausole conformi all’articolo 117-bis TUB, nella nuova formulazione.

E’ d’uopo evidenziare che, se andiamo a leggere dei contratti di conto correnti precedenti e/o successivi al 01.10.2012, ci accorgiamo che alcuni istituti non hanno adeguato il rapporto contrattuale alle disposizioni di cui sopra e continuano ad applicare clausole invalide, in violazione di norme imperative.

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