La Direttiva Case Green: un'opportunità e una sfida
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L’approssimarsi dell’approvazione della Direttiva Europea case Green (la Epbd), prevista durante la sessione plenaria del Parlamento europeo (11-14 marzo 2024), ha portato, nuovamente, alla ribalta delle cronache il tema dell’efficientamento energetico e del modo in cui sarà possibile realizzarlo, in Italia.
Le stime pubblicate si attestano su di una previsione secondo la quale, per poter realizzare gli obiettivi posti dalla suddetta direttiva, in via di approvazione, gli interventi riguarderanno circa 5 milioni di edifici residenziali, con una spesa media che si pone fra 22.000,00 € e 55.000,00 €.
A questo punto, ci si chiede chi e come verranno pagati questi costi.
Appare evidente che non sarà possibile adeguarsi alla normativa europea se non si verrà nuovamente attivato l’art. 121 D.L. 34/2020, consentendo lo sconto in fattura e la cessione del credito d’imposta conseguente agli interventi di efficientemente energetico. Senza incentivi ma soprattutto senza riattivare la possibilità di cedere a terzi i crediti d’imposta, la realizzazione di una così imponente opera di modernizzazione degli immobili, esistenti, sarà impossibile, la Direttiva Epbd rimarrà lettera morta e l’Italia sarà esposta a sanzioni costose per tutta la collettività.
E’ già partita la “corsa” al deposito di disegni di legge da parte dei partiti di maggioranza e di quelli di opposizione.
Sono tutti concordi, e mi pare un’impostazione corretta, nel ritenere che bisogna riconoscere incentivi diversi in base all’importanza degli interventi ed al beneficio che da ciò ne discenda in termini di risparmio energetico. Vi è stato, addirittura chi (e mi pare una proposta di buon senso, viste le peculiarità del nostro territorio) ha proposto di aumentare il beneficio fiscale allorquando agli interventi di efficientamento energetico siano associati interventi di riduzione del rischio sismico.
La divisione, dettata da questioni meramente ideologiche, riguarda il requisito soggettivo per il godimento dell’incentivo.
Molti dei disegni di legge, difatti, prevedono che i crediti di imposta debbano essere legati all’Isee o comunque al reddito dei proprietari degli immobili, oggetto di intervento.
Tale impostazione, ideologica, è sbagliata ed è il frutto di una scarsa conoscenza delle compagini condominiali e delle dinamiche delle assemblee di condominio, oltre che della scarsa consapevolezza che, a differenza degli Stati del Nord Europa, nel nostro Paese, gli immobili residenziali sono collocati in Condominio e ciò ha conseguenze pratiche delle quali il Legislatore deve tenere conto, per approvare disposizioni che possano regolare la materia in modo efficace.
Se in linea di principio è sicuramente “giusto” riconoscere un maggior beneficio in maniera inversamente proporzionale al reddito, è altresì necessario non creare contrasti in assemblea perchè ciò renderebbe, in concreto, irrealizzabili gli obbiettivi.
La soluzione, di compromesso, è legare il beneficio fiscale al valore degli immobili.
A parità di intervento, è necessario attribuire un beneficio fiscale ai beni immobili di valore inferiore; beneficio che vada a ridursi in maniera inversamente proporzionale rispetto al valore dell’immobile stesso.
Lo strumento da utilizzare sono i coefficienti OMI; a parità di intervento, più basso è il coefficiente OMI, riferito all’immobile oggetto di ristrutturazione. e più alto dev'essere il credito di imposta discendente dalle spese sostenute per l’intervento stesso.
Si possono ipotizzare degli scaglioni; ad esempio: coefficiente OMI sino a € 800,00, credito pari al 110% delle spese sostenute, da € 800,00 a 1200,00 credito pari al € 100% delle spese sostenute e così via, così che gli interventi eseguiti su immobili più di pregio (quelli di valore minore) possano dare luogo anche a crediti di imposta di valore inferiori al 50% delle spese sostenute (il calcolo può essere fatto in funzione delle risorse economiche a disposizione).
E’ chiaro, poi, che si possono studiare dei correttivi e/o degli scaglioni diversi, sempre in funzione delle risorse e degli obbiettivi. Ad esempio, si può ipotizzare, in funzione delle peculiarità del territorio, che il beneficio fiscale sia maggiore se all’intervento di efficientemente energetico si associ un intervento di riduzione del rischio sismico.
Qualcuno potrebbe obbiettare che non in tutte le zone italiane esistono gli OMI.
La risposta è che:
- è sicuramente più agevole e meno costoso introdurre gli OMI in quei luoghi ove non ci sono piuttosto che andare a fare calcoli sulla base dell’ISEE o coefficienti di redditi. Pensate ad un condominio con 50 famiglie: l’Amministratore pro tempore per sapere chi ha diritto e chi non ha diritto al beneficio deve far presentare tutti gli ISEE a tutti i comproprietari. Se poi accade che metà dei condomini hanno diritto e metà non lo hanno? Si creerà una spaccatura nell’ambito dell’assemblea con una conseguente paralisi della stessa. Più sono gli edifici sono grandi e maggiore diviene l’incertezza ed il rischio di uno stallo che blocchi, per anni, l’esecuzione delle opere;
- si possono creare coefficienti analoghi agli OMI, che tengano conto del valore di mercato dell’immobile e delle zone in cui è collocato. Questo garantisce omogeneità di trattamento ad immobili che sono collocati nella stessa zona e che, pertanto, hanno un valore analogo. In questo modo, i soggetti che abitano nello stesso condominio, difficilmente, avranno un trattamento diverso e, pertanto, la procedura diventerà più agevole sia per i tecnici sia per gli amministratori. E’ più agevole fare in modo che il condominio venga trattato come un unico centro d’interesse, anche in funzione degli eventuali, futuri, controlli.
Alcuni primi commentatori ritengono che si possa realizzare il medesimo risultato mediante prestiti garantiti, anziché mediante la cessione dei crediti.
A parere di chi scrive, ciò è assolutamente utopico per due ragioni:
- se il finanziato non ha la tax paying capacity adeguata per portare in compensazione il credito, la misura non dà alcun beneficio al condomino che, pertanto, sarà incentivato a votare contro l’approvazione dei lavori di manutenzione;
- fa dipendere l’esecuzione delle opere dalla capacità reddituale dei condomini: non tutti i condomini posso ottenere un finanziamento. Alcuni risolvono la questione, superficialmente, affermando che è possibile finanziare l’impresa. La soluzione è sbagliata per due ragioni: (a) si grava l’impresa di un finanziamento che viene segnalato in centrale rischi, diminuendo la capacità di finanziamento dell’impresa stessa; (b) se viene finanziata l’impresa, è la stessa a dover onorare il pagamento delle rate del piano di ammortamento. A questo punto, l’impresa dev’essere pagata, comunque, integralmente dal Condominio. La misura, così impostata, pare irrealizzabile ed incompatibile con i tempi entro i quali bisogna realizzare la riduzione dei consumi.
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