Cartelle esattoriali prescritte e prova della notifica

Si trascrive di seguito la motivazione della sentenza n. 385/1/2019 con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Genova ha accolto il ricorso presentato dallo Scrivente per l'annullamento di nove cartelle aventi per oggetto tributi vari.
Il cliente, per il tramite dello Scrivente, prima di adire la Commissione tributaria, aveva tentato di ottenere l'annullamento in autotutela delle cartelle e, comunque, di ricevere copia della prova della notifica degli atti interruttivi della prescrizione.
L'Agenzia delle Entrate servizio riscossione, prima aveva inviato della documentazione incompleta, poi, aveva dovuto ammettere l'assenza della prova della notifica degli atti interruttivi in quanto nell'ambito dell'agenzia sarebbe invalsa la prassi di conservare tale documentazione solo per cinque anni. Ciò è stato decisivo per l'accoglimento del ricorso.
Leggiamo la motiviazione della decisione.
"Il C......., avendo in passato subito accertamenti ed esecuzioni fiscali, ha richiesto un estratto di ruolo, a mezzo l'odierno difensore, onde verificare la propria posizione tributaria, e, a sua detta, è venuto a conoscenza, in quella sede, dell'esistenza a suo carico di nove cartelle esattoriali che risulterebbero a lui notificate in varie date comprese tra il 07.06.2005 ed il 15.03.2008.
Le cartelle concernono debiti tributari di varia natura (Tarsu per la cartella con numeri terminali 779000, relativa al 2003, .imposte dirette, compresa IRAP ed lva per la cartella con numeri terminali ..3000 e relativa all'anno 2000, ancora Tarsu per la cartella con numeri terminali ... 8000 e relativa all'anno 2004, nuovamente imposte dirette ed IVA per quelle a numeri terminali 69000 e relativa all'anno 2001, diritti della Camera di Commercio per l'anno 2002 per quella a numeri terminali 11000, imposte dirette ed IVA sempre del 2002 per quella a terminali 7000, ugualmente, ma in relazione all'anno 2003 per quella a terminali 479000, relativa alle stesse imposte ma per il 2004 per quella a terminali 66000, tassa automobilistica del 2001 per la terminali 46000, Tarsu per gli anni 2006, 2007 e 2008 per quella a terminali 41000 ed infine nuovamente tassa automobilistica, questa volta del 2006 per per quella a terminali 57000).
Il contribuente ha negato di aver ricevuto la notifica di ogni cartella richiedendo, ante causam, che l'Amministrazione documentasse una qualsiasi attività interruttiva della prescrizione.
L'Amministrazione, succeduta al concessionario della riscossione, non è stata in grado di produrre alcuna relata, ma solo gli atti attestanti la sussistenza di fermi amministrativi concernenti molte delle cartelle sopra elencate. Nondimeno, anche in relazione ai suddetti fermi, non è stata in grado di produrre i relativi preavvisi notificati, o almeno indirizzati al contribuente.
Il difetto di prova in proposito è ammesso dalla stessa Amministrazione con propria lettera del XX.XX.2018 nella quale si afferma una prassi di conservazione quinquennale.
Occorre prima di tutto escludere che la mera esecuzione del fermo amministrativo, senza comunicazione dello stesso, interrompa la prescrizione. E' ben vero che la giurisprudenza civile contempla il carattere non necessariamente ricettizio degli atti interruttivi della prescrizione, ma è altrettanto vero che l'atto deve comunque essere potenzialmente idoneo a venire tempestivamente a conoscenza del debitore e deve essere irrevocabilmente licenziato "a sua destinazione". Al contrario l'esecuzione del fermo avviene con comunicazione tra amministrazioni, salvo l'avviso, che è precisamente ciò di cui non vi è traccia.
Detto quanto sopra, e considerato che intercorre oltre un decennio dall'emissione anche della più recente delle cartelle in questione, divengono assolutamente irrilevanti tutte le questioni relative ai termini di prescrizione delle singole imposte, ai quali occorrerebbe, in teoria, far riferimento, posto che nessuna cartella risulta esecutiva di un giudicato e, come ormai pacifico, l'emissione della cartella non muta la natura del credito. La distinzione, infatti, farebbe emergere al massimo termini di prescrizione decennali i quali sarebbero comunque decorsi.
Il ricorso deve essere accolto. Il fatto che non sia stata neppure posta in discussione l'originaria sussistenza del debito tributario e la considerazione della sostanziale definizione della controversia su ammissione della stessa amministrazione, giustificano la compensazione delle spese di lite".
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