La responsabilità medica 2016

Le conseguenze in ambito strettamente tecnico, hanno determinato un completo rovesciamento dell'onere probatorio, ora decisamente favorevole per il danneggiato (o i suoi eredi) e gravoso per il danneggiante.
Di fatto, viene invertito l'onere probatorio, che dovrebbe gravare sulla struttura sanitaria, ossia su chi doveva tenere correttamente la documentazione clinica.
Come sottolinea la Cassazione con sentenza n. 6209 del 31 marzo 2016, l'applicazione dell'art. 1218 c.c. comporta per la struttura ed i sanitari convenuti in giudizio l'obbligo di fornire la prova liberatoria richiesta dalla norma. Per quanto riguarda, poi, la tenuta della cartella clinica, si tratta di un obbligo che grava sulla struttura, la cui violazione determina un danno per il paziente. La Corte sottolinea l'importanza di questo documento, fondamentale per ricostruire i fatti e per valutare non solo l'aspetto soggettivo dell'illecito, ma anche lo stesso profilo eziologico.
La giurisprudenza in materia di tenuta della cartella clinica è assolutamente costante e l’attuale indirizzo interpretativo è stato inaugurato da Cass. 11316/2003.
I principi fondamentali sono che le omissioni imputabili al medico nella redazione della cartella clinica, rilevano sia come nesso eziologico presunto, posto che l'imperfetta compilazione della stessa non può, in via di principio, risolversi in danno di colui che vanti un diritto in relazione alla prestazione sanitaria, sia come difetto di diligenza rispetto alla previsione generale contenuta nell'art. 1176, comma secondo, cod. civ. e, quindi, quale inesatto adempimento della corrispondente prestazione professionale.
L'omissione imputabile al medico nella redazione della cartella clinica consente il ricorso alle presunzioni in ordine alla sussistenza del nesso causale intercorrente tra prestazione medica ed evento dannoso, assumendo rilievo, al riguardo, il criterio della "vicinanza alla prova", cioè della effettiva possibilità per l'una o per l'altra parte di offrirla.
La responsabilità contrattuale della struttura sanitaria trova fondamento nel cd. contratto di spedalità o contratto di assistenza sanitaria (che si perfeziona con la semplice accettazione del paziente nella struttura, cfr. Cass. 8826/2007), in virtù del quale la struttura deve fornire al paziente una prestazione articolata, definita genericamente di "assistenza sanitaria", che ingloba al suo interno, oltre alla prestazione principale medica, anche una serie di obblighi c.d. di protezione ed accessori.
Ciò premesso, la giurisprudenza qualifica il rapporto struttura sanitaria - paziente come distinto rispetto al rapporto medico-paziente, definendo il cd. contratto di spedalità come autonomo ed atipico contratto a prestazioni corrispettive, dal quale derivano obbligazioni direttamente riferibili all’ente (ex multis Cass. 1698/2006) con conseguenti peculiari profili di responsabilità, che prescindono dall’accertamento di una condotta negligente dei singoli operatori, ed al quale si applicano le regole ordinarie sull’inadempimento fissate dall’art.1218 c.c.
Ne consegue che può aversi una responsabilità contrattuale della struttura verso il paziente danneggiato:
a) Sia per il fatto della struttura stessa (ad es. insufficiente o inidonea organizzazione)
b) Sia per il fatto del personale dipendente o ausiliario (responsabilità che va ricondotta sempre all’art.1228 c.c., per il principio secondo cui il debitore che nell’adempimento dell’obbligazione si avvale dell’opera di terzi risponde anche dei fatti dolosi o colposi di costoro, ancorché non siano alle proprie dipendenze).
L’orientamento giurisprudenziale qualifica come contrattuale anche l’obbligazione del medico nei confronti del paziente.
Il fondamento giuridico deve essere ravvisato:
a) nell’ipotesi di un rapporto proprio tra medico e paziente, nel contratto specifico intercorso tra i due (es. ambulatorio privato), il quale assumerà, a seconda dei contenuti, la configurazione di un contratto di prestazione d’opera professionale, di un contratto complesso, etc.
b) nell’ipotesi, invece, di un rapporto tra il medico e paziente che trovi la propria occasione nel "contratto di spedalità" intercorso tra un paziente ed una struttura sanitaria, in virtù del quale il medico (dipendente o comunque incardinato nell’ente) esegua la prestazione sanitaria, il fondamento della responsabilità del medico nei confronti del paziente viene individuato nel cd. contratto sociale (Cass. S.U. 577/2008).
Nella sentenza n. 8826/2007 la Suprema Corte precisa che il cd. contratto sociale costituisce fonte di un rapporto (contrattuale) avente ad oggetto una prestazione che si modella su quella del contratto d’opera professionale, in base al quale il medico è tenuto all’esercizio della propria attività nell’ambito dell’ente con il quale il paziente ha stipulato il contratto, ad essa ricollegando obblighi di comportamento di varia natura, diretti a garantire che siano tutelati gli interessi emersi o esposti a pericolo in occasione del detto"contatto", e in ragione della prestazione medica conseguentemente da eseguirsi.
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