Visti per studio e per motivi di famiglia


Qual è la disciplina relativa ai visti per studio e per motivi di famiglia?
Visti per studio e per motivi di famiglia
Nell’ambito dell’ordinamento giuridico italiano, l’ottenimento del visto non costituisce un diritto, in quanto il rilascio a un cittadino straniero da parte delle singole rappresentanze consolari competenti per territorio nel Paese di residenza del richiedente, è discrezionale.
È possibile distinguere varie tipologie di visto. In particolare, vi è il ‘visto per motivi di studio/formazione’, il quale ha validità pari a quella del corso che si intende seguire in Italia. La durata del relativo permesso di soggiorno è quella prevista dal visto d'ingresso, e non può comunque superare:
a) tre mesi, per visite, affari e turismo;
b) nove mesi, per lavoro stagionale;
c) un anno, per la frequenza di un corso per studio o formazione professionale certificati; è previsto il rinnovo annuale per corsi pluriennali.

Il Consolato deve motivare per iscritto all’interessato l’eventuale rifiuto di rilascio del visto, unitamente alle indicazione su come proporre ricorso. Detta motivazione deve essere tradotta in una lingua comprensibile dall’interessato o, in mancanza, in inglese, francese, spagnolo o arabo.
I cittadini dell’Unione Europea, nel rispetto delle norme in vigore e salvo in determinati casi attinenti ad esempio la sicurezza e l’ordine pubblico, possono tranquillamente oltrepassare le frontiere degli Stati membri senza dover richiedere un visto.
Di converso, i Paesi extra UE soggetti ad obbligo di visto sono attualmente più di 120 in tutto il mondo; non è possibile il rilascio di alcun visto, né la proroga di un visto preesistente, allo straniero che già si trovi nel territorio italiano. A consentirgli ufficialmente prolungamenti del soggiorno possono valere solo eventuali proroghe o rinnovi del permesso di soggiorno.

Alla scadenza dei 90 giorni, il cittadino straniero deve ritornare in patria, altrimenti viene a trovarsi in una situazione irregolare e quindi potrebbe essere soggetto a un’eventuale espulsione, con conseguente divieto di tornare in Italia. Il regolamento attuativo del Testo Unico sull’Immigrazione (d.P.R. n. 394/1999), all’art. 13, prevede che il permesso di soggiorno rilasciato dai Paesi aderenti all'Accordo di Schengen, in conformità di un visto uniforme previsto dalla Convenzione di applicazione del predetto Accordo, ovvero rilasciato in esenzione di visto, per i soli motivi di turismo, non può essere rinnovato o prorogato oltre la durata di novanta giorni, salvo che ricorrano seri motivi, in particolare di carattere umanitario o risultanti da obblighi costituzionali o internazionali.
La proroga, quindi, può sussistere solo in casi particolari, come ad esempio un infermità o un incidente che costringe il cittadino straniero a essere ricoverato in una struttura ospedaliera. In tali eventualità, è necessario comunque rivolgersi alla Questura competente del luogo in cui ci si trova al fine di chiedere di poter prolungare il soggiorno in Italia, presentando la documentazione idonea. Si tratta però, conviene ripeterlo, di situazioni che difficilmente si verificano nella quotidianità.

Il ‘visto per motivi famigliari’ viene rilasciato ai famigliari da ricongiungere a seguito del rilascio di un nulla osta al ricongiungimento richiesto. Esso è un visto nazionale che consente l'ingresso in nel territorio della Repubblica ai fini di un soggiorno di lunga durata al cittadino straniero nei confronti del quale il congiunto residente in Italia intenda esercitare il proprio diritto a mantenere o riacquistare l’unità famigliare.
Se il richiedente è un cittadino straniero di uno Stato non membro dell’Unione Europea, regolarmente soggiornante in Italia, titolare di carta di soggiorno, di permesso di soggiorno, ovvero di visto d'ingresso di durata non inferiore ad un anno, rilasciati per lavoro subordinato o autonomo, per asilo, per studio, per motivi religiosi o per motivi familiari, può richiedere il rilascio del visto per motivi famigliari in favore delle categorie di famigliari di cui al comma 1, 2 e 6 dell'art. 29 del d.lgs. n. 286/1998, cioè:
a) coniuge non legalmente separato e di età non inferiore ai diciotto anni;
b) figli minori, anche del coniuge o nati fuori del matrimonio, non coniugati, a condizione che l'altro genitore, qualora esistente, abbia dato il suo consenso;
c) figli maggiorenni a carico, qualora per ragioni oggettive non possano provvedere alle proprie indispensabili esigenze di vita in ragione del loro stato di salute che comporti invalidità totale;
d) genitori a carico, qualora non abbiano altri figli nel Paese di origine o di provenienza, ovvero genitori ultrasessantacinquenni, qualora gli altri figli siano impossibilitati al loro sostentamento per documentati, gravi motivi di salute.

In particolare, si sottolinea che il contratto di convivenza non è equiparato al matrimonio e pertanto, ai sensi del decreto n. 30/2007, rubricato "Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell'Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri", detto contratto di convivenza non pare poter fondare la richiesta di permesso di soggiorno/visto per motivi familiari, nonostante un’apertura evidenziata in una recente sentenza del Consiglio di Stato (Cons. Stato, 31 ottobre 2017, n. 5040).
Per concludere, il permesso di soggiorno per motivi di famiglia viene rilasciato in via residuale al coniuge, a chi ha contratto unione civile e ai parenti entro il secondo grado (in linea retta padre e nonno; in linea collaterale fratello, sorella) di cittadino italiano, solo in assenza dei presupposti per il rilascio della Carta di soggiorno per familiare di cittadino dell’U.E. di cui all’art. 10 del d.lgs. n. 30/2007.

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di Avv. Laura Mezzena

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