La svolta epocale sugli assegni di mantenimento


La sentenza n. 11504 del 2017 e il revirement della Corte di Cassazione sul “medesimo tenore di vita” dei coniugi
La svolta epocale sugli assegni di mantenimento
La svolta epocale segnata dalla Suprema Corte, con la sentenza n. 11504 del 2017, comporta delle conseguenze significative sul piano sociale, ancor prima che su quello giuridico.
Invero, la questione sottoposta al vaglio della I Sezione della Corte di Cassazione, relativa alla legittimità o meno del parametro del "medesimo tenore di vita" del coniuge in costanza di matrimonio nella quantificazione dell’assegno di mantenimento, comporta una previa riflessione sull’evoluzione economico-sociale, prima ancora della valutazione giuridica sul punto.
Per dipanare l’iter logico della predetta sentenza, è opportuno muovere dalle premesse che costituiscono il fondamento degli autorevoli precedenti della Suprema Corte.
A tal proposito, la questione della legittimità o meno dell’assegno divorzile non è nuova al Giudice di Legittimità, che sul punto si era già espresso con la nota sentenza SS.UU. n. 11490 del 1990. Tale autorevole precedente, infatti, muove le premesse dalla disposizione contenuta nell’art. 5, comma 6 della legge n. 898/1970, secondo la lettura prevalente di tutela del coniuge economicamente più debole, l’assegno divorzile è computato tenendo conto del "medesimo tenore di vita goduto in costanza di matrimonio". Questo principio cardine trova il proprio fondamento nelle funzione compensativa e, in un certo senso, risarcitoria dell’assegno, a discapito di quella assistenziale; quest’ultima, diversamente, muove dal presupposto del dovere di solidarietà nei confronti del coniuge che "non ha mezzi adeguati o non può procurarseli per ragioni oggettive".
La Suprema Corte, con la recente pronuncia, valorizza proprio la concezione assistenziale dell’assegno divorzile, stabilendo che il giudice ordinario dovrà interpretare e valutare la sussistenza o meno in capo all’ex coniuge di "mezzi adeguati", al fine di evitare un’"illegittima locupletazione" da parte di quest’ultimo.
Tale interpretazione "assistenziale", peraltro, era stata oggetto della recente pronuncia della Corte Costituzionale, n. 11/2015, secondo la quale dal presupposto del medesimo tenore di vita del coniuge in costanza di matrimonio deriva un semplice parametro per determinare astrattamente "il tetto massimo della misura dell’assegno", che deve essere fatto oggetto di un’opera di bilanciamento relativa al caso concreto, che tenga conto degli ulteriori presupposti dell’art. 5 della legge n. 898/1970.
Ciò che rileva, a tal proposito, al di fuori delle considerazioni giuridiche, è la conseguenza sul piano sociale della pronuncia Cass. Civ. n. 11504 del 2017.
L’incongruenza della norma vivente, infatti, ben evidenziata già dal Giudice Costituzionale, si basa sull’assoluta inadeguatezza "teleologica tra i mezzi (l’assegno) e il fine (divorzio), ponendosi in contraddizione proprio con la ratio dello scioglimento del matrimonio la parametrazione dell’assegno allo stesso tenore di vita matrimoniale".
Ma la predetta pronuncia della Corte di Cassazione si spinge oltre, affermando che adottare il criterio del tenore di vita matrimoniale significa muovere dal presupposto che il rapporto coniugale continui a dispiegare i propri effetti (c.d. ultrattività del rapporto coniugale) sul piano patrimoniale, proprio nel momento in cui i coniugi manifestano una volontà contraria.
Spetterà, poi, al coniuge che intende avvalersi dell’assegno di divorzio dimostrare di non avere mezzi adeguati e di non essere economicamente indipendente, allegando la documentazione relativa al proprio reddito, alla titolarità di eventuali diritti di proprietà, etc.
Da un punto di vista sociale, pertanto, le conseguenze rivoluzionarie della pronuncia de qua si rifletteranno presumibilmente sulla possibilità di chiedere la revisione dei capi delle sentenze di divorzio relativi agli assegni matrimoniali, o addirittura la loro eliminazione.
Per contro, spostando l’angolo di visuale, gli uffici giudiziari si troveranno a far fronte ad un aumento esponenziale del contenzioso in materia, nel tentativo di far fronte ad un’esigenza di adeguazione del diritto vivente alla norma positiva, che è stata colta appieno dal Giudice di Legittimità, ma presenta ancora notevoli lacune normative.

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di Avv. Laura Mezzena

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