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Il riconoscimento del servizio pre-ruolo svolto nelle scuole statali


Ecco come si calcola il riconoscimento del servizio pre-ruolo svolto nelle scuole statali
Il riconoscimento del servizio pre-ruolo svolto nelle scuole statali

Mi viene chiesto parere in merito alla possibilità per un docente immesso in ruolo di richiedere il riconoscimento del servizio pre ruolo svolto nelle scuole statali.

In punto di fatto occorre chiarire che l’Ufficio Scolastico Regionale territorialmente competente, con apposito provvedimento, individuava la docente, quale destinataria di contratto a tempo indeterminato.

La docente dopo il periodo di formazione previsto e regolato dall’art. 1, commi da 115 a 120, della legge 15.7.2015 n. 107 a seguito della positiva valutazione da parte del tutor nonché del dirigente scolastico, sentito il comitato per la valutazione istituito ai sensi comma 129 dell’art. 1 della già citata legge, veniva definitivamente confermata in ruolo.

La docente inoltre, inviava tramite il servizio “istanze on line” la “domanda di ricostruzione carriera” precisando che, a partire dall’anno scolastico 2005/2006 e fino all’anno scolastico 2014/2015, antecedente a quello di immissione in ruolo, aveva svolto, per ogni anno, supplenza con contratto di lavoro a temo determinato per l’intero anno scolastico settembre – giugno.

L’Istituto Comprensivo, nel dare riscontro alla detta domanda di ricostruzione della carriera aveva applicato pedissequamente l’art. 485 del D.lgs. 16.4.1994 n. 297 riconosceva come servizio di ruolo, ai fini giuridici ed economici, per intero per i primi quattro anni e per i due terzi del periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo, ed inquadrando la docente nella prima posizione stipendiale di cui alle tabelle contrattuali vigenti.

Orbene il servizio preruolo prestato presso le scuole statali è riconosciuto come servizio di ruolo ai fini giuridici ed economici per intero per i primi quattro anni e per i due terzi per il periodo eventualmente eccedente, nonché ai soli fini economici per il rimanente terzo.

Dalla ricostruzione del quadro normativo è evidente che la norma di cui all’art. 485 del D.lgs. 16.4.1994 n. 297 sul riconoscimento del servizio preruolo agli effetti della carriera si pone in aperto contrasto ed in palese violazione con la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, attuato dalla direttiva 1999/70 CE, non riconoscendo tutti gli anni pre ruolo e, quindi, gli scatti di anzianità maturati nel detto periodo non di ruolo.

La predetta clausola 4 dell’accordo quadro CES UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato allegato alla direttiva n. 70/99 così precisa: Principio di non discriminazione 1. Per quanto riguarda le condizioni di impiego, i lavoratori a tempo determinato non possono essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive… 4. I criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive.”

La clausola è, dunque, inequivocabile nel vietare disparità di trattamento tra lavoratori a tempo determinato e a tempo indeterminato ed il punto 4 disponendo specificamente che i criteri di calcolo dei periodi di anzianità di servizio debbano essere gli stessi per le due categorie di lavoratori, anche con riferimento alle particolari condizioni di lavoro, presuppone che l’anzianità, in generale maturi per le due categorie con le medesime modalità.

Non vi è ragione di escludere che il principio di non discriminazione operi anche con riferimento alla maturazione dell’anzianità di servizio, infatti l’anzianità di servizio maturata dal lavoratore alla dipendenze di un medesimo datore di lavoro deve necessariamente rilevare ai fini della maturazione del tempo utile al conseguimento del diritto ad un determinato trattamento economico, essendo irrilevante  la circostanza per cui l’anzianità dii servizio sia stata raggiunta a seguito del servizio prestato in esecuzione di un contratto a tempo determinato ovvero indeterminato.  

Sul punto la Corte di Giustizia dell’Unione Europea in un caso riguardante la legislazione dei Paesi Baschi analogo a quello qui in esame, con la sentenza 13.9.2007 in causa C-307/05 Del Cerro Alfonso in applicazione al principio di non discriminazione, al punto n. 48 della motivazione, ha affermato che: “la nozione di «condizioni di impiego» di cui alla clausola 4, punto 1, dell'accordo quadro dev'essere interpretata nel senso che essa può servire da fondamento ad una pretesa come quella in esame nella causa principale, che mira ad attribuire ad un lavoratore a tempo determinato scatti di anzianità che l'ordinamento interno riserva ai soli lavoratori a tempo indeterminato”.

La clausola 4 fornisce, quindi, fondamento alla domanda  senza che abbiano rilevanza le distinzioni tra impiego di ruolo e non di ruolo perché la medesima sentenza del Cerro Alfonso al punto n.29 precisa che: “La mera circostanza che un impiego sia qualificato come «di ruolo» in base all'ordinamento interno e presenti taluni aspetti caratterizzanti il pubblico impiego dello Stato membro interessato è priva di rilevanza sotto questo aspetto, pena rimettere seriamente in questione l'efficacia pratica della direttiva 1999/70 e quella dell'accordo quadro nonché la loro applicazione uniforme negli Stati membri, riservando a questi ultimi la possibilità di escludere, a loro discrezione, talune categorie di persone dal beneficio della tutela voluta da tali strumenti comunitari”.

A sostegno è stata perciò richiamata la Giurisprudenza Comunitaria, per la quale nella nozione di “ragioni oggettive” di cui alla prefata direttiva non rientra la possibilità che tale differenza di trattamento sia prevista da una norma interna generale ed astratta, quale una legge o un contratto collettivo ma “richiede, al contrario, che la disparità di trattamento in causa sia giustificata dalla sussistenza di elementi precisi e concreti, che contraddistinguano il rapporto di impiego di cui trattasi, nel particolare contesto in cui si iscrive e in base a criteri oggettivi e trasparenti, al fine di verificare se tale disparità risponda ad una reale necessità, sia idonea a conseguire l’obiettivo perseguito e risulti a tal fine necessaria” (Sent. Dal Cerro Alonso del 13.09.2007 §§ 57-58; Cfr. sul punto Corte Europea del sentenza 18.10.2011 cause riunite da C-301/11 a C-305/11 Valenza e A).

Deve essere altresì rilevato che in materia di riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato da personale docente la CGUE (Sentenza 20/9/2018, C-466/17, Motter), ha recentemente statuito che “la disparità di trattamento tra docenti assunti a tempo determinato e docenti assunti a tempo indeterminato può trovare oggettiva giustificazione – la cui concreta sussistenza deve essere valutata caso per caso dal giudice nazionale – nelle peculiarità caratterizzanti il processo di acquisizione della professionalità da parte dei docenti in ruolo rispetto ai docenti assunti a tempo determinato. Esso infatti, come evidenziato dalla stessa CGUE, è significativamente caratterizzato dalla requisito della continuità dello svolgimento dell’attività di docenza su un particolare insegnamento la quale, in linea di principio, svolge un ruolo particolarmente incisivo nel delineare la “qualità” professionale dell’insegnante di ruolo, in termini sia di esperienza didattica, sia di bagaglio conoscitivo. Pertanto, quantomeno in linea di principio, la continuità professionale acquisita per mezzo dell’insegnamento in ruolo non può essere considerata omogenea alla continuità d’insegnamento sperimentata dall’insegnante assunto a tempo determinato, qualora adibito alla copertura di supplenze frammentarie e discontinue”.

Orbene deve essere compito del giudice quello di accertare se, nel caso concreto, l’insegnante non in ruolo abbia svolto la propria attività di insegnamento con modalità tali da consentire la maturazione di un’esperienza professionale qualitativamente comparabile rispetto a quella propria dell’insegnante in un ruolo.

Sul punto la Corte d’Appello dell’Aquila con sentenza n. 148 del 14.3.2019 pur recependo i più rigidi principi da ultimo enucleati dalla la Corte di Giustizia dell’Unione Europea con Sentenza 20/9/2018, C-466/17, Motter ha evidenziato come emerga chiaro il contrasto dell’art. 485 del D.lgs. 297/94 con tale clausola 4 e per l’effetto sia necessario disapplicare tale articolo per “conformare l’ordinamento interno a quello comunitario” considerato che  non vi sono ragioni che giustificano l’indubbia disparità di trattamento effettuata dalla normativa nazionale tra personale di ruolo e non di ruolo che svolga le stesse mansioni e sia in possesso dei medesimi requisiti soggettivi ed oggettivi, valutato altresì il relativo percorso “professionale”.

Da ultimo la Suprema Corte di Cassazione Sez. Lavoro con la sentenza n. 31149 del 28.11.2019 ha statuto che  “a) l'art. 485 del d.lgs. n. 297/1994, che anche in forza del rinvio operato dalle parti collettive disciplina il riconoscimento dell'anzianità di servizio dei docenti a tempo determinato poi definitivamente immessi nei ruoli dell'amministrazione scolastica, viola la clausola 4 dell'Accordo Quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE, e deve essere disapplicato, nei casi in cui l'anzianità risultante dall'applicazione dei criteri dallo stesso indicati, unitamente a quello fissato dall'art. 489 dello stesso decreto, come integrato dall'art. 11, comma 14, della legge n. 124/1999, risulti essere inferiore a quella riconoscibile al docente comparabile assunto ab origine a tempo indeterminato; b) il giudice del merito per accertare la sussistenza della denunciata discriminazione dovrà comparare il trattamento riservato all'assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, con quello del docente ab origine a tempo indeterminato e ciò implica che non potranno essere valorizzate le interruzioni fra un rapporto e l'altro, né potrà essere applicata la regola dell'equivalenza fissata dal richiamato art. 489; c) l'anzianità da riconoscere ad ogni effetto al docente assunto a tempo determinato, poi immesso in ruolo, in caso di disapplicazione dell'art. 485 del d.lgs. n.297/1994 deve essere computata sulla base dei medesimi criteri che valgono per l'assunto a tempo indeterminato”.

Orbene applicando al caso in esame i più rigidi principi da ultimo enucleati dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Sentenza 20/9/2018, C-466/17, Motter) va rilevato che la carriera della ricorrente è stata caratterizzata da una sostanziale “continuità” nell’insegnamento, laddove ha continuativamente lavorato, presso Istituti statali di ordine e grado omogenei, dedicandosi alle medesime materie d’insegnamento.

Inoltre, anche con riferimento ai principi enunciati dalla Suprema Corte di Cassazione Sez. Lavoro con la sentenza n. 31149 del 28.11.2019, va rilevata la continuità d’esercizio della professione docente svolta per ogni anno di supplenza con contratti di lavoro a temo determinato per l’intero anno scolastico nel periodo settembre – giugno.  Ne consegue il diritto della ricorrente al riconoscimento ai fini giuridici ed economici dell’anzianità maturata in tutti in servizi non di ruolo e per tutto il periodo prestato nella scuola statale così come al personale assunto a tempo indeterminato con il conseguente collocamento al livello stipendiale corrispondente all’anzianità di servizio secondo quanto previsto dal C.C.N.L. “comparto scuola” e a percepire le differenza retributive maturate.

 

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