La vendita di un immobile originariamente di proprietà delle Poste
Mi viene chiesto parere in merito alla insussistenza di cause ostative alla vendita di un immobile originariamente di proprietà dell’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni (già Ente Poste Italiane oggi Poste Italiane s.p.a.) e già oggetto di due cessioni, anche rispetto alla inapplicabilità allo stesso delle norme di cui alla legge 24.12.1993 n. 560.
In punto di fatto va precisato che con atto, Repertorio n. 9918 del 24.2.1984, di “cessione in proprietà l‘alloggio di tipo popolare ed economico con pagamento in un'unica soluzione” l’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni vendeva, agli eredi, su parere dell’Avvocatura Generale dello Stato di autorizzazione alla stipula a seguito di richiesta ministeriale n. 13574 del 18.6.1983, l’alloggio di servizio, agli eredi del cessionario dipendete.
Trascorso il prescritto termine di 10 anni di cui al citato all’art. 28, quinto comma della legge 8.8.1977 n. 513, richiamato dall’art. 5 del contratto di cessione in proprietà, gli eredi del dipendete, vendevano l’immobile al richiedente parere.
Sul punto occorre evidenziare che l’Amministrazione P.T. richiama ed applica negli atti di compravendita la legge n. 513 dell’8.8.1977 recante il “Testo unico e disposizioni generali sull’edilizia popolare ed economica.
Provvedimenti urgenti per l’accelerazione dei programmi in corso, finanziamento di un programma straordinario e canone minimo dell’edilizia residenziale pubblica” al fine di regolamentare la cessione in proprietà degli alloggi di servizio oggetto di concessione di uso abitativo ai dipendenti della medesima Amministrazione, assegnati presso gli Uffici del luogo in cui si trova l’immobile.
In particolare, il richiamo alla normativa in materia di immobili di edilizia popolare ed economica aveva non solo lo scopo di individuare i parametri di calcolo del prezzo di cessione degli alloggi, da effettuarsi secondo le previsioni di cui all’art. 28, comma 1, della legge 513/1977, ma anche la finalità di utilizzare i rimedi previsti dalla legge medesima volti a prevenire comportamenti speculativi nella rivendita degli alloggi da parte degli acquirenti.
La legge, proprio al fine di prevenire intenti speculativi nella rivendita degli alloggi di edilizia popolare ed economica prevede, all’art. 28 comma 5, un vincolo di inalienabilità decennale degli stessi, precisando che: “Per un periodo di tempo di 10 anni dalla data di stipulazione del contratto e comunque fino a quando non ne sia stato pagato l’intero prezzo, l’alloggio acquistato non può essere alienato a nessun titolo né su di esso può costituirsi alcun diritto reale di godimento” ed al successivo comma 7 precisa che: “l'assegnatario può alienare l'alloggio qualora ricorrano le condizioni di cui al precedente quinto comma. In tal caso deve darne comunicazione al competente istituto autonomo per le case popolari, il quale potrà esercitare, entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, il diritto di prelazione all'acquisto per un prezzo pari a quello di cessione rivalutato sulla base della variazione accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati”.
Pertanto trascorso il termine decennale di cui al citato art. 28, comma 5, il dipendente acquirente dell’alloggio al fine di alienarlo a terzi, dovrà darne comunicazione all’Amministrazione o all’Ente da cui lo ha acquistato.
L’Amministrazione potrà, a sua volta, entro i successivi 60 giorni dal ricevimento della comunicazione, esercitare il diritto di prelazione all'acquisto per un prezzo pari a quello di cessione rivalutato secondo le modalità stabilite dall’art. 28, comma 7, della legge.
Pertanto laddove l’Amministrazione dichiari di rinunciare al diritto di prelazione ovvero si formi un silenzio qualificato, a seguito della mancata comunicazione da parte della stessa di voler esercitare il detto diritto entro il prescritto termine di 60 giorni, il proprietario potrà liberamente alienare l’alloggio, senza vincolo alcuno.
Nel caso in esame, come chiarito in premessa, gli eredi del dipendete dell’Amministrazione P.T., proprietari dell’alloggio a seguito del trascorrere del previsto temine del 10 anni, decaduto il vincolo di inalienabilità dell’alloggio, provvedevano a comunicare all’Amministrazione P.T. Direzione Centrale Patrimonio ed Approvvigionamenti Divisione 2a Sezione 2a, con lettera raccomandata con ricevuta di ritorno debitamente pervenuta all’Amministrazione, l’intenzione di vendere l’immobile in oggetto.
La citata raccomandata era inviata all’Amministrazione al fine di compulsare la stessa all’esercizio, entro 60 giorni dal ricevimento della comunicazione del diritto di prelazione previsto dalla norma. Tuttavia l’Amministrazione P.T. non dava alla detta raccomandata alcun riscontro e, pertanto, a seguito del decorso del previsto termine di 60 giorni si formava un silenzio qualificato in ordine alla indisponibilità dell’Amministrazione all’acquisto, e conseguentemente, nell’atto di compravendita dell’alloggio il notaio dava atto, al già citato art. 3 dello stesso, dell’invio della comunicazione all’Amministrazione P.T. e del conseguente formarsi del silenzio qualificato sulla stessa.
Pertanto il Notaio all’art. 3 del già citato atto di compravendita dell’alloggio dava, indiscutibilmente atto della sussistenza, al momento della stipula, delle condizioni necessarie ai fini dell’alienabilità dell’alloggio.
Né si può in alcun modo sostenere che trovi applicazione, nella fattispecie qui in trattazione, la diversa regolamentazione dell’esercizio del diritto di prelazione previsto dalla legge 24.12.1993 n, 560. In particolare va evidenziato che la legge 24.12.1993 n. 560 avente ad oggetto le “Norme in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica” all’art. 1, comma 2, prevede che: “Le disposizioni della presente legge, ad eccezione dei commi 5, 13 e 14, si applicano altresì: agli alloggi di proprietà dell'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni costruiti od acquistati ai sensi dell'articolo 1, n. 3), delle norme approvate con decreto del Presidente della Repubblica 17.1.1959, n. 2 , come sostituito dall'articolo 1 della legge 15.2.1967, n. 42, della legge 7.6.1975, n. 227 , e della legge 10.2.1982, n. 39 , e successive modificazioni, nonché agli alloggi che, ai sensi della legge 29.1.1992, n. 58 ), sono stati trasferiti dall'Azienda di Stato per i servizi telefonici all'Amministrazione delle poste e delle telecomunicazioni”.
Orbene dalle riportate norme risulta evidente che l’art. 1, comma 2, prevede che le disposizioni di cui alla legge 24.12.1993 n. 560 si applicano agli alloggi di proprietà dell'Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni al fine della loro alienazione ai dipendenti aventi diritto a far data dalla sua entra in vigore secondo il principio tempus regit actum.
Orbene da quanto chiarito è evidente che la legge 24.12.1993 n. 560 si applica agli alloggi proprietà dell'Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni al fine della loro alienazione ai dipendenti aventi diritto solo nelle parte regolante le modalità di vendita ai dipendenti o di tutela degli stessi in caso di mancata vendita. In particolare per i detti alloggi trovano applicazione le sole norme che prevedono particolari requisiti soggettivi ed oggettivi in capo agli acquirenti dipendenti, regolati dai commi 6 e 7 e ss dell’art.1 della legge 560/1993. Inoltre ai fini dell’acquisto da parte dei dipendenti degli immobili di proprietà di Amministrazioni ed enti diversi dagli I.A.C.P. (oggi ATER) tra cui rientra certamente l’Amministrazione delle Poste e delle Telecomunicazioni (già Ente Poste Italiane oggi Poste Italiane s.p.a.) non trova applicazione né il comma 20, avente ad oggetto l’esercizio del diritto di prelazione, né il successivo comma 25 avente ad oggetto le modalità di estinzione del diritto medesimo. Il comma 20, della legge prevede che: “Gli alloggi e le unità immobiliari acquistati ai sensi della presente legge non possono essere alienati, anche parzialmente, ne' può essere modificata la destinazione d'uso, per un periodo di dieci anni dalla data di registrazione del contratto di acquisto e comunque fino a quando non sia pagato interamente il prezzo.
In caso di vendita gli IACP e i loro consorzi, comunque denominati e disciplinati con legge regionale, hanno diritto di prelazione”. Il diritto di prelazione previsto dall’art. 1, comma 20, è regolato dal successivo comma 25, secondo cui: “Il diritto di prelazione di cui al nono comma dell'articolo 28 della legge 8 agosto 1977, n. 513, e successive modificazioni, si estingue qualora l'acquirente dell'alloggio ceduto in applicazione del medesimo articolo 28 versi all'ente cedente un importo pari al 10 per cento del valore calcolato sulla base degli estimi catastali”.
Orbene è evidente che il diritto di prelazione di cui al comma 20 della legge e la sua estinzione, regolata dal successivo comma 25, sono previsti solo per la vendita degli alloggi di edilizia residenziale pubblica a favore degli I.A.C.P. Istituti Autonomi di Case Popolari “e i loro consorzi, comunque denominati e disciplinati” e non per la vendita di alloggi appartenenti ad altri Enti Pubblici.
Ne è riprova non solo il dato letterale della norma, che attribuisce la titolarità del diritto di prelazione agli I.A.C.P. e i loro consorzi, ma altresì la considerazione per cui il comma 2 esclude dall’applicazione alle vendite degli alloggi degli altri enti pubblici gli artt. 5, 13, e 14. In particolare le dette norme prevedono che l’alienazione degli alloggio è consentita esclusivamente per la realizzazione di programmi finalizzati allo sviluppo dell’attività di realizzazione di edilizia residenziale pubblica ponendo dei vincoli di destinazione delle somme ricavate con i piani di vendita.
Di contro gli Enti di cui al citato comma 2 non sono vincolati non solo a reinvestire il ricavato della vendita nella realizzazione di edilizia residenziale pubblica né a richiedere una somma per l’estinzione del diritto di prelazione che resta regolata, per questi Enti, ove previsto, dall’art. 28 della legge 513 dell’8.8.1977. Da quanto detto il sottoscritto Avv. esprime un favorevole parere in merito alla possibilità di vendere l’alloggio non sussistendo nella maniera più assoluta, alcuna causa ostativa alla sua valida alienazione.
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