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Liquidazione IMU per i non residenti


L’impugnativa di una cartella di pagamento IMU emessa per un immobile in cui il contribuente non risiede
Liquidazione IMU per i non residenti

Mi viene chiesto parere in merito alla possibilità di contestare una cartella di pagamento con la richiesta di liquidazione dell’IMU in relazione alla circostanza per la quale il contribuente non risiedeva nell’immobile oggetto di tassazione. 

In primo luogo, va evidenziato che la Legge 27.12.2013 n. 147/2013 recante le “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, Legge di stabilità 2014” all’art. 1, comma 639, prevede che: “E' istituita l'imposta unica comunale (IUC). Essa si basa su due presupposti impositivi, uno costituito dal possesso di immobili e collegato  alla  loro   natura   e   valore   e   l'altro   collegato all'erogazione e alla  fruizione  di  servizi  comunali.  La IUC si compone   dell'imposta   municipale   propria  (IMU),   di    natura patrimoniale,  dovuta  dal  possessore  di   immobili,   escluse   le abitazioni principali, e di una componente riferita ai  servizi,  che si articola nel tributo per i servizi indivisibili (TASI),  a  carico sia del possessore che dell'utilizzatore dell'immobile, e nella tassa sui rifiuti (TARI), destinata a finanziare i costi  del  servizio  di raccolta e smaltimento dei rifiuti, a carico dell'utilizzatore”

Va altresì rilevato che il Decreto-Legge 6.12.2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla L. 22.12.2011, n. 214 avente ad oggetto “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici” all’art. 13, comma 2, come modificato dall’art. 4, comma 5, del D.L. n. 16 del 2012, prevede che “Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore e il suo nucleo familiare dimorano abitualmente e risiedono anagraficamente”

Com’è noto il riferimento al requisito della residenza anagrafica richiesto nella definizione della abitazione principale si giustifica con la dichiarata finalità di impedire condotte elusive perpetrabili attraverso la fissazione di diverse residenze da parte dei contribuenti.  In base al dettato dell’art. 43 c.c. “il domicilio di una persona è nel luogo in cui essa ha stabilito la sede principale dei suoi affari e interessi”  e la residenza anagrafica, invece, “è il luogo in cui la persona ha la dimora abituale” ossia il luogo in cui vive, mentre il domicilio fiscale per le persone fisiche coincide con il Comune di residenza anagrafica. 

Orbene va rilevato che in tema di IMU per “abitazione principale”, non deve intendersi necessariamente quella di residenza anagrafica, potendo riferirsi, ai fini dell’applicazione anche all’immobile in cui il contribuente e il suo nucleo familiare “dimorano abitualmente”.  Infatti, laddove nessuno dei componenti il nucleo familiare usufruisce della esenzione IMU, il contribuente proprietario dell’immobile può richiederla fornendo la prova circa l’effettivo utilizzo dell’immobile come dimora abituale del proprio nucleo familiare, anche se tale immobile non coincide con quello di residenza anagrafica.  Tale prova, atteso che la normativa non prevede alcuna limitazione, può essere offerta con qualsiasi mezzo all’uopo idoneo, secondo le regole generali del diritto processuale.  Il contribuente può, quindi, provare in giudizio l'utilizzo dell'immobile come abitazione principale, essendo in tal senso consolidata la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale: “In tema di ICI, ai fini del riconoscimento dell'agevolazione prevista dall'art. 8 del d.lgs. n. 504 del 1992 per l'immobile adibito ad abitazione principale, le risultanze anagrafiche rivestono un valore presuntivo circa il luogo dì residenza effettiva e possono essere superate da prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento e suscettibile di apprezzamento riservato alla valutazione del giudice di merito” Suprema Corte di Cassazione ordinanza, n. 14793 del 7.6.2018, (cfr. Suprema Corte di Cassazione ordinanza n. 12299 del 12.5.2017).

Inoltre la giurisprudenza della Suprema Corte di Cassazione è consolidata nel ritenere che “In tema di ICI – e le stesse considerazioni valgono anche per la detrazione IMU – per l'immobile adibito ad abitazione principale non può essere negata a causa dell'omessa indicazione dell'abitazione principale nella dichiarazione effettuata ai sensi dell'art. 11 dello stesso decreto, né per la divergenza tra il luogo indicato e la residenza anagrafica del contribuente, in quanto la dichiarazione, quale manifestazione di scienza, può essere liberamente modificata dal contribuente, in qualunque momento, anche in sede processuale, mentre le risultanze anagrafiche rivestono un valore presuntivo e possono essere superate da prova contraria, desumibile da qualsiasi fonte di convincimento e suscettibile di apprezzamento riservato alla valutazione del giudice di merito” Suprema Corte di Cassazione ordinanza n. 13062 del 24.5.17. 

Sul punto in materia di IMU con particolare riferimento all’ipotesi in cui il contribuente non abbia la residenza nell’immobile per il quale richiede l’esenzione IMU, ma dimostri che lo stesso costituisca dimora abituale, la giurisprudenza ha chiarito che: “Ai fini della detrazione IMU per l’abitazione principale occorre che il contribuente, non residente anagraficamente in quell’immobile, provi che quest’ultima costituisca dimora abituale non solo propria ma anche dei suoi familiari. In questo contesto, il contribuente deve provare di aver adibito l’immobile ad abitazione principale mediante esibizione di documenti riguardanti bollette relative a consumi o contratti di utenze o altri elementi utili a superare la presunzione derivante dalla residenza anagrafica in altro comune” Commissione Tributaria Provinciale di Rieti sentenza n. 2/2019, (cfr. Commissione Tributaria Regionale per il Lazio Collegio 15° sentenza n. 1899 del 5.4.2017).  

E ancora di recente “Il requisito della residenza anagrafica richiesto ai sensi dell'art. 13, comma, 2 del d.l. n. 201/2011 nella definizione della abitazione principale si giustifica con la necessità di individuare un dato significativo della stabilità di utilizzo dell'immobile, anche al fine di impedire condotte elusive perpetrabili attraverso la fissazione di diverse residenze da parte dei contribuenti. D'altro canto la mancanza, come nel caso di specie, del dato formale della residenza anagrafica non può valere a togliere rilievo al fatto conclamato che il contribuente, con il suo nucleo familiare, di fatto abitava stabilmente nell'immobile oggetto della ripresa a tassazione, e che per un mero disguido burocratico - amministrativo aveva la residenza in altro comune finitimo”, Commissione Tributaria Regionale per il Lazio Collegio 11° sentenza n. 2478 del 13.5.2021,  (cfr. Commissione Tributaria Regionale per l’Umbria Collegio 1° sentenza n. 282 del 7.9.2021).  

Orbene dal riportato formante giurisprudenziale risulta che ai fini del riconoscimento della esenzione in parola occorre quindi che il contribuente provi che l’abitazione costituisca dimora abituale della famiglia, laddove la mancanza della residenza anagrafica non può, quindi, essere decisiva per il disconoscimento della esenzione, ma il contribuente deve provare di dimorare abitualmente - con il proprio nucleo familiare - presso l’immobile in questione.

Tanto premesso occorrerà impugnare la cartella di pagamento innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale con contestuale istanza ai sensi dell’art. 17 bis d. Lgs. N. 546/1992 ai fini della propedeutica fase di reclamo e mediazione. 
Avv. Leonardo Sagnibene 
 

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