L'accertamento del diritto al mantenimento dei figli maggiorenni
Mi viene chiesto parere in merito alla possibilità per un genitore di richiedere l’accertamento negativo al diritto al mantenimento dei figli maggiorenni.
In punto di fatto occorre chiarire che il richiedente parere contraeva matrimonio e dalla detta unione nascevano due figli negli anni 1981 e 1984.
Il Tribunale Civile territorialmente competente nel procedimento per la separazione giudiziale dei coniugi con così decideva: “1) pronuncia la separazione dei coniugi…; 2) accoglie la domanda di addebito proposta dalla moglie nei confronti del Foglia; 3) assegna la casa coniugale alla moglie; 4) affida le figlie alla madre: 5) pone a carico del padre l’obbligo di contribuire al mantenimento della coniuge e delle figlie fino a quando conviventi con la madre e non autonome economicamente".
A seguito del decesso della moglie, il richiedente parere intende procedere contro i di lui figli per l’accertamento negativo del diritto al mantenimento degli stessi atteso il raggiungimento dell’indipendenza economica nonché di una certa età anagrafica.
Com’è noto l’art. 316 bis del Codice Civile avente ad oggetto il “concorso nel mantenimento”, introdotto dal D.lgs. 28.12.2013 n. 154 recante la “revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, a norma dell'articolo 2 della legge 10.12.2012, n. 219” prevede che: “I genitori devono adempiere i loro obblighi nei confronti dei figli in proporzione alle rispettive sostanze e secondo la loro capacità di lavoro professionale o casalingo…”.
Inoltre, l’art. 337 septies c.c. introdotto dal D.Lgs.28.12.2013 n. 154 stabilisce che “Il giudice, valutate le circostanze, può disporre in favore dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il pagamento di un assegno periodico. Tale assegno, salvo diversa determinazione del giudice, è versato direttamente all'avente diritto…”.
L’ordinamento stabilisce con gli artt. 147 e 315 bis che vi è un vero e proprio diritto di solidarietà che tutela un interesse fondamentale della prole a ricevere un aiuto concreto nel corso della sua formazione e crescita, per ogni esigenza di vita e di formazione. Inoltre, con l’art. 337 septies stabilisce che il giudice “può” disporre il pagamento di un assegno periodico in favore del figlio maggiorenne non economicamente indipendente. La lettura combinata quindi degli artt. 30 Cost., 147, 315 bis e 337 septies c.c. porta a concludere che vi è un obbligo di mantenimento dei figli che permane oltre la maggiore età e un diritto del figlio ad essere mantenuto, fino a che, completata l’istruzione, possa avere gli adeguati strumenti per realizzare la propria indipendenza economica.
Il previsto obbligo dei genitori di concorrere al mantenimento dei figli, in virtù delle richiamate norme, non cessa, quindi, al raggiungimento della maggiore età da parte di questi ultimi ma con il raggiungimento dell’indipendenza economica ovvero con il superamento dei “limiti di età” individuati dalla giurisprudenza di legittimità e di merito.
L’obbligo dei genitori di mantenere un figlio maggiore di età, oltre che nelle norme richiamate, è stato oggetto di un’elaborazione giurisprudenziale, che, ad oggi sembra avere un orientamento consolidato.
La Suprema Corte di Cassazione Sez. I Civile con la sentenza n 12477 del 7.7.2004 ha evidenziato che: la normativa in materia d'obbligo d'educazione e di mantenimento della prole va interpretata nel senso che l'obbligazione d'assistenza gravante sui genitori si estenda anche oltre il raggiungimento della maggiore età da parte dei figli e, tuttavia, perduri soltanto sin quando costoro non siano obiettivamente in grado di provvedere direttamente alle proprie esigenze senza che il mancato raggiungimento dell'indipendenza economica possa esser loro ascritto a colpa per inerzia nella ricerca d'un lavoro compatibile o per ingiustificato rifiuto di corrispondenti occasioni. E', infatti, evidente come l'obbligo dei genitori non possa protrarsi sine die e che, pertanto, esso trovi il suo limite logico e naturale allorquando i figli si siano già avviati ad un'effettiva attività lavorativa tale da consentir loro una concreta prospettiva d'indipendenza economica, o quando siano stati messi in condizioni di reperire un lavoro idoneo a procurar loro di che sopperire alle normali esigenze di vita, od ancora quando abbiano ricevuto la possibilità di conseguire un titolo sufficiente ad esercitare un'attività lucrativa pur se non abbiano inteso approfittarne, o comunque quando abbiano raggiunto un'età tale da far presumere il raggiungimento della capacità di provvedere a se sessi, alternativamente sussistendo solo situazioni di minorazione fisica o psichica altrimenti tutelate dall'ordinamento, salve le diverse ipotesi, che portano, peraltro, alle medesime conclusioni, nelle quali si siano inseriti in diversi nuclei familiari o comunitari, in tal modo interrompendo, comunque, il legame e la dipendenza morali e materiali con la famiglia d'origine…la valutazione delle circostanze che giustificano la ricorrenza dell'obbligo dei genitori al mantenimento dei figli maggiorenni, conviventi o meno ch'essi siano con i genitori o con l'un d'essi, va effettuata necessariamente caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all'età dei beneficiari, in guisa da escludere che la tutela della prole, sul piano giuridico, possa essere protratta oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, al di là dei quali si risolverebbe, com'è stato giustamente evidenziato in dottrina, in "forme di vero e proprio parassitismo di ex giovani ai danni dei loro genitori sempre più anziani”.
La Suprema Corte di Cassazione ha riaffermato anche di recente i soprarichiamati principi con la sentenza della Sez. I Civile n. 18076 del 20.8.2014 secondo cui: “al fine del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni non indipendenti economicamente il giudice di merito è tenuto a valutare con prudente apprezzamento, le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo caso per caso e con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età dei beneficiari; tale obbligo non può essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, tenendo conto che il diritto del figlio di giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione, nel rispetto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, com’è reso palese dal collegamento inscindibile tra gli obblighi di mantenimento, istruzione e formazione…”.
La medesima Corte con la successiva sentenza a Sezioni Unite n. 20448 del 29.9.2014 al punto 6.1.2 ha precisato che: “proprio recentissimamente si è avuto modo di riepilogare efficacemente i principi che si sono andati affermando circa i limiti dell'obbligo di mantenimento del figlio maggiorenne. Questi, è stato osservato, in forza dei doveri di autoresponsabilità che su di lui incombono, non può pretendere la protrazione dell'obbligo oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché "l'obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione".
I giudice di merito nel recepire i principi più volte affermati dalla Suprema Corte hanno poi effettuato un concreta individuazione dei “ragionevoli limiti di tempo e di misura” oltre cui non può riconoscersi l’obbligo di mantenimento dei figli maggiorenni siano essi indipendenti economicamente oppure no fissando detto limite nel raggiungimento dei 34 anni di età.
In particolare il Tribunale di Milano Sez. IX Civile con l’Ordinanza del 29.3.2016ha precisato che: “con il superamento di una certa età il figlio maggiorenne anche se non indipendente, raggiunge comunque una certa sua dimensione di vita autonoma e non può essere trattato come figlio bensì come “adulto”, giova infatti ricordare che in forza dei doveri di autoresponsabilità che su di lui incombono il figlio maggiorenne non può pretendere la protezione dell’obbligo al mantenimento oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, pertanto in liea con le statistiche ufficiali nazionali ed europee oltre la soglia dei 34 anni lo stato di non occupazione del figlio maggiorenne non possa più essere considerato quale elemento ai fini del mantenimento, dovendosi ritenere, che da quel momento in poi il figlio stesso possa semmai avanzare le pretese riconosciute all’adulto”.
Tracciato il quadro normativo di riferimento va rilevato, tuttavia che l’obbligo di mantenimento da parte del genitore non si interrompe in modo automatico, ma è sempre necessaria una sentenza di revisione delle condizioni di separazione/divorzio rispetto a cui il genitore ha l’onere di provare “che il figlio ha raggiunto l’indipendenza” ovvero superato i precisati limiti di età.
L'onere probatorio, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza, spetta al genitore che chiede di essere esonerato dall'obbligazione ex lege, il quale deve fornire "la prova che il figlio è divenuto autosufficiente, ovvero che il mancato svolgimento di attività lavorativa sia a quest'ultimo imputabile" (Suprema Corte di Cassazione Sez. I Civile sentenza del 29.5.2009 n. 11828).
Recentemente, la giurisprudenza ha precisato che “Il dovere di mantenimento del figlio maggiorenne cessa non solo quando il genitore onerato dia prova che il figlio abbia raggiunto l'autosufficienza economica, ma anche quando lo stesso genitore provi che il figlio, pur posto nelle condizioni di addivenire ad una autonomia economica, non ne abbia tratto profitto, sottraendosi volontariamente allo svolgimento di una attività lavorativa adeguata e corrispondente alla professionalità acquisita” (Suprema Corte di Cassazione Sez. I Civile sentenza del 1.2.2016, n. 1858).
Nel caso in esame il richiedente parere, a seguito del decesso della ex moglie non potendo presentare, al Tribunale territorialmente competente, istanza di revisione delle condizioni di divorzio dovrà introdurre con citazione ordinaria l’azione volta all’accertamento negativo al diritto al mantenimento dei figli maggiorenni ed autosufficienti versando in giudizio, laddove il raggiungimento dell’età anagrafica non fosse ritenuto ex se sufficiente anche la prova della loro raggiunta indipendenza economica.
Da quanto detto il sottoscritto Avv. esprime un favorevole parere in merito alla possibilità per un genitore di richiedere al Tribunale territorialmente competente l’accertamento negativo del diritto al mantenimento dei figli maggiorenni.
Articolo del: