Consiglio di Stato: diritto di accesso agli atti
La fattispecie analizzata trae origine dall'invio da parte di Equitalia di una comunicazione avente ad oggetto una cartella di pagamento, asseritamente non saldata, non preceduta, però, secondo quanto esposto dal contribuente, dalla notifica della richiamata cartella; per tale motivo il destinatario della missiva formulava una richiesta di accesso per avere contezza di tutti gli atti della procedura. Equitalia si limitava a trasmettere soltanto una copia della notifica della richiesta cartella di pagamento, senza tuttavia rilasciare la copia della cartella vera e propria ed invitava al tempo stesso il ricorrente a rivolgersi all’Ente impositore per accedere a tutti gli atti anteriori all’iscrizione a ruolo della somma da riscuotere.
Avverso tale diniego parziale di accesso agli atti veniva proposto ricorso al Tar, il quale, però, rigettava l'impugnazione sul presupposto che il rifiuto parziale fosse sufficientemente argomentato poiché la società resistente aveva dichiarato di non possedere la richiesta documentazione e la materia del contendere fosse parzialmente cessata a seguito della produzione da parte di Equitalia, nel corso del giudizio, di un estratto del ruolo sulla base del quale era stata formata la cartella intestata al contribuente. Contro tale pronuncia veniva proposto ricorso dinanzi al Consiglio di Stato.
Ebbene, i giudici amministrativi, ribadendo quanto già espresso con analoghe recenti pronunce (Sentenza Consiglio di Stato, sez. IV, n. 7486/2009), hanno chiarito, in primo luogo, che, <<per i concessionari, vige la norma dell´art. 26 comma 4, del D.P.R. n. 602/1973, che li obbliga a "conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell´avvenuta notificazione o l´avviso del ricevimento ed hanno l´obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione">>.
In relazione ai particolari atti posseduti dal concessionario, il Consesso Amministrativo ha individuato non solo un obbligo di custodia, ma anche un obbligo di ostensione degli atti richiesti dal contribuente, non individuando in capo al concessionario nessun margine di discrezionalità in ordine alla determinazione di ostensibilità degli atti.
L'esistenza di tale obbligo di custodia degli atti e del dovere di ostensione su mera richiesta del contribuente, a parere dei giudici, comporta che in questo ambito "le disposizioni sul diritto di accesso risultano di maggiore definizione e speciali rispetto alla disciplina generale del procedimento amministrativo in quanto, in questo caso, la valutazione sulla sussistenza di un interesse all'esibizione è fatta direttamente dalla legge, e non va più svolta caso per caso".
Per quanto riguarda l'oggetto della richiesta di accesso agli atti, il Supremo Organo ha evidenziato che la cartella di pagamento, di cui il ricorrente ha chiesto l'ostensione, e il provvedimento ricevuto, intestato "estratto cartella" e stampigliato come "copia conforme dell'estratto di ruolo" siano in realtà documenti diversi. E per tale ragione è stato riconosciuto il diritto del contribuente ad ottenere copia integrale della cartella di pagamento e della notifica della stessa, anche al fine di potere decidere se proporre o meno, impugnazione innanzi alla competente Autorità. Il Giudice, quindi, ha disposto l’accoglimento la domanda di accesso agli atti rivolta all´amministrazione competente per la formazione della cartella di pagamento, ovvero nei confronti del soggetto giuridico che la detiene stabilmente per ottenere copia della stessa.
La decisione del Giudice, pertanto, tiene conto che la cartella esattoriale, prevista dall’art. 25 del D.P.R. n. 602/73, è un documento per la riscossione degli importi contenuti nei ruoli e deve essere predisposta secondo il modello approvato con decreto del Ministero delle Finanze.
Invece il documento ricevuto dal ricorrente è solo un elaborato informatico formato dall'esattore, che sebbene sostanzialmente contenente gli stessi elementi della cartella originale è, di fatto, un surrogato della medesima. La ragione per cui non è permesso all´amministrazione, ed al privato che esercita funzioni pubbliche, di sostituire arbitrariamente il documento richiesto con altro, sebbene equipollente, deriva dalla legge sul procedimento amministrativo (Legge 7 agosto n. 241/90) che, con riferimento al diritto di estrarre copia e prendere visione di documenti amministrativi allo stesso afferenti al cittadino, fa rifermento propriamente ad atti amministrativi e non a succedanei di questi.
La citata decisione, infatti, intende il ruolo nominativo quale atto amministrativo ai sensi dell’art. 22, comma 1, lett. d) della Legge 241/90 (trattandosi di rappresentazione grafica ovvero elettromagnetica del contenuto di atti detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse).
Il diritto di accesso agli atti tributari è protetto, dunque, da speciali garanzie rispetto alle norme sul procedimento amministrativo, in ragione della tipologia degli atti richiesti, e del diritto del contribuente a predisporre adeguata difesa per contrastare le pretese impositive. E la pubblica amministrazione non può eccepire la presenza di impedimenti tecnici che ne ostacolino l’adempimento o rilasciare un documento equipollente o incompleto, in quanto elemento fondante dell’actio ad exhibendum è proprio la conformità del documento esibito al privato cittadino all’originale.
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