Professionisti, indagini e accertamenti (2° parte)
"I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7 e dell’articolo 33, secondo e terzo comma, o acquisiti ai sensi dell’articolo 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995 numero 504, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articoli 38, 39, 40 e 41 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto per la determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine; alle stesse condizioni sono altresì posti come RICAVI a base delle stesse rettifiche ed accertamenti, se il contribuente non ne indica il soggetto beneficiario e semprechè non risultino dalle scritture contabili, i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti od operazioni per importi superiori a euro 1.000 giornalieri e, comunque, a euro 5.000 mensili".
(articolo così modificato dall’art. 7 - quater, comma 1, decreto legge n. 193 del 22 ottobre 2016, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 225 del 01 dicembre 2016, in Gazzetta Ufficiale n. 249 del 24 ottobre 2016 e Gazzetta Ufficiale n. 282 del 02 dicembre 2016).
In questo modo, il legislatore si è adeguato alla sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, escludendo il termine "COMPENSI" e lasciando il solo termine "RICAVI", come previsto nella precedente formulazione legislativa in vigore dal 24-07-1982 sino al 31-12-2004, riferito soltanto agli imprenditori e non ai liberi professionisti.
Infatti, come risulta dagli atti parlamentari (Disposizioni in materia fiscale e per il finanziamento di esigenze indifferibili - Senato della Repubblica e Camera dei deputati - A.C. 4110-A):
"ARTICOLO 7 - QUATER - DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SEMPLIFICAZIONE FISCALE - LA NORMA RECA DISPOSIZIONI ETEROGENEE DI SEMPLIFICAZIONE FISCALE. IL COMMA 1 ELIMINA LA PRESUNZIONE LEGALE RELATIVA AI COMPENSI DEI PROFESSIONISTI IN RIFERIMENTO AI RAPPORTI BANCARI, ANCHE CON RIGUARDO AI VERSAMENTI".
QUOD LEX VOLUIT DIXIT.
IN CLARIS NON FIT INTERPRETATIO.
Per i pareri espressi e per il testo approvato nel corso dell’esame in sede referente anteriormente al rinvio deliberato dall’Assemblea si veda lo stampato n. 4110-A della Camera dei Deputati.
Quanto sopra dimostra la volontà del legislatore di eliminare per i professionisti la presunzione legale anche per quanto riguarda i versamenti; per cui si rientra nella presunzione semplice della prima parte, con obbligo dell’ufficio fiscale dell’onere della prova.
La succitata norma ha carattere procedimentale, così come affermato dall’Agenzia delle Entrate e dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 10958/2010) sull’articolo 1, commi 402 e 403, della Legge n. 311/2004, che aveva inserito il riferimento ai "compensi", e quindi applicabile anche per gli accertamenti dei redditi relativi agli anni precedenti alla sua entrata in vigore, con effetto sul contenzioso in essere, purché non sia intervenuto un giudicato (interno o esterno).
Le norme sull’onere della prova hanno natura "procedimentale"; questa tesi è stata ribadita e confermata dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione - Sezione Tributaria - con la sentenza n. 10598 del 19 luglio 2002, ritenendosi talvolta consentita l’applicazione della disciplina persino ai dati bancari rilevati anteriormente all’entrata in vigore (Cassazione - Sezione Tributaria - sentenze n. 3128/2001; n. 10598/2002; n. 7344/2003; n. 518/2002; n. 4601/2002; n. 21580/2005).
Infatti, in tema di accertamento, la disciplina in materia di accesso ai dati bancari non interferisce sul rapporto tributario, non introduce infrazioni o sanzioni prima non previste, né tocca l’onere dell’amministrazione finanziaria di provare la pretesa impositiva, ma ha natura meramente procedimentale e si occupa soltanto dell’attività di indagine ed accertamento; ne consegue che tale disciplina deve ritenersi pienamente applicabile anche alle iniziative ispettive che, posteriori alla sua entrata in vigore, siano tuttavia relative a periodi d’imposta anteriori (Cass. sentenza n. 10598/2002 sopra citata).
Di conseguenza, la seconda modifica riguarda solo le imprese ed introduce un parametro quantitativo oltre il quale scatta la presunzione legale di evasione per i prelievi o i versamenti di importo superiore a 1.000 euro giornalieri ed a 5.000 euro mensili, come testualmente chiarito dai succitati atti parlamentari.
Infatti, il legislatore ha voluto limitare il parametro quantitativo solo alle imprese e non anche ai professionisti, per i quali le presunzioni legali sia per i versamenti che per i prelevamenti sono stati totalmente abolite.
A titolo puramente indicativo, si fa presente che la presunzione legale di cui sopra (che resta anche dopo la modifica legislativa), riferita alle sole imprese e non ai professionisti, opera limitatamente all’eccedenza dei prelevamenti e versamenti non giustificati.
Infine, la suddetta modifica legislativa relativa alle imprese riprende quanto era stato previsto dalle circolari dell’Agenzia delle Entrate n. 28/E del 04-08-2006 e n. 32/E del 19-10-2006, che avevano affermato che non va fornita la prova contraria per i prelevamenti che, "avuto riguardo all’entità del relativo importo ed alle normali esigenze personali e familiari, possono essere ragionevolmente ricondotti nella gestione extra professionale, in ragione della loro esiguità ed occasionalità e, comunque, per la loro coerenza con il tenore di vita rapportato al volume d’affari".
Questi due interventi legislativi pongono rimedio alla marcia indietro operata con l’approvazione del decreto legislativo n. 158/2015 in tema di sanzioni amministrative.
Infatti, lo schema del suddetto decreto all’inizio aveva previsto l’eliminazione della presunzione relativa ai versamenti sui conti correnti dei professionisti e di quella relativa ai prelevamenti bancari delle imprese.
La richiesta delle Commissioni Parlamentari di eliminare la nuova sanzione che si sarebbe dovuta applicare in caso di mancata o inesatta indicazione, da parte delle imprese, del soggetto beneficiario delle somme prelevate aveva, però, provocato il mantenimento, nella stesura definitiva del decreto, della normativa vigente e ciò anche per i professionisti, che non sarebbero stati comunque interessati dall’applicazione di tale sanzione.
Come vedremo, questa chiara e precisa voluntas legis (art. 12 delle preleggi) di escludere le presunzioni legali per i professionisti sia per i versamenti che per i prelevamenti non è stata minimamente presa in considerazione dalle ultime sentenze della Corte di Cassazione depositate dopo il 24 ottobre 2016, data di entrata in vigore della succitata modifica legislativa, come meglio sarà precisato in seguito alla lettera H).
Infatti, nella interpretazione della legge, si deve tenere conto sia della c.d. interpretazione letterale (c.d. vox iuris), volta ad attribuire alla norma il significato che si evince immediatamente dalle parole utilizzate, sia della c.d. interpretazione logica che, superando il significato immediato della disposizione, mira a stabilire il suo vero contenuto ossia lo scopo che il legislatore ha inteso realizzare, emanandola, come nella situazione attuale riscontrabile dagli atti parlamentari succitati.
A) NORMATIVA IVA
In tema di IVA, l’art. 51, comma 2, numero 2, secondo periodo, D.P.R. n. 633 del 26 ottobre 1972 e successive modifiche ed integrazioni, dispone quanto segue, diversamente dalla succitata normativa in materia di imposte dirette:
"I dati ed elementi attinenti ai rapporti ed alle operazioni acquisiti e rilevati rispettivamente a norma del numero 7 e dell’articolo 52, ultimo comma, o dell’articolo 63, primo comma, o acquisiti ai sensi dell’art. 18, comma 3, lettera b), del decreto legislativo 26 ottobre 1995, numero 504, sono posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli articolo 54 e 55 se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad operazioni imponibili; sia le operazioni imponibili sia gli acquisti si considerano effettuati all’aliquota in prevalenza rispettivamente applicata o che avrebbe dovuto essere applicata".
In merito al succitato articolo, la Corte di Cassazione - Sezione Tributaria - con le sentenze n. 5152 e 5153 depositate il 28 febbraio 2017 ha stabilito che, in ambito IVA, gli importi accreditati sono considerati vendite ovvero prestazioni in nero, mentre quelli prelevati sono sempre equiparati ad acquisti e pagamenti senza fattura.
"Vi è identità di vedute sul fatto che le suddette norme prevedono una presunzione legale di imponibilità, valida fino a prova contraria, che può essere fornita dal contribuente, non
solo in sede di contraddittorio (eventuale) con l’organo accertatore ma, soprattutto, in sede contenziosa" (sentenze sopra citate).
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21303/2013 ha ribadito, anche in materia di IVA, il valore della presunzione legale con inversione dell’onere della prova (vedi precedente lettera A).
In materia di IVA, non c’è stato alcun intervento della Corte Costituzionale né alcun intervento legislativo, per cui la normativa non ha subìto modifiche ma, secondo me, deve d’ora in poi essere interpretata per i professionisti come per le imposte dirette per coerenza legislativa, pena l’incostituzionalità per evidente irrazionalità tra IVA ed imposte dirette per il medesimo istituto giuridico degli accertamenti fiscali.
Lecce, 28 agosto 2017
Avv. Maurizio Villani
Dott. Alessandro Villani
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