Il cliente deve controllare il professionista
Rileva, in particolare, quanto affermato in via costante dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo la quale "... in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, richiede la consapevolezza del contribuente in ordine al comportamento sanzionato, condotta che non deve essere necessariamente dolosa, sanzionando la legge anche la mera negligenza (Cass. n. 22890/06). Si è aggiunto che gli obblighi tributari relativi alla presentazione della dichiarazione dei redditi ed alla tenuta delle scritture non possono considerarsi assolti da parte del contribuente con il mero affidamento delle relative incombenze ad un professionista, richiedendosi altresì anche un'attività di controllo e di vigilanza sulla loro effettiva esecuzione, nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento dell'incarico ricevuto" (Cass. n. 12472/10; Cass. n. 27712/2013).
Ne consegue che l'affidamento a un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione fiscale a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto. Pertanto, rilevando ai fini dell'irrogazione delle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, che è sufficiente la coscienza e volontà, il contribuente ha l'obbligo di presentare correttamente e fedelmente la dichiarazione, di redigerla in modo fedele e di fare i versamenti dovuti in base ad essa e quando si rivolge ad un intermediario abilitato per la compilazione e la trasmissione (ovvero per la sola trasmissione telematica del modello), è suo preciso obbligo quello di far si che la dichiarazione sia correttamente e fedelmente compilata e tempestivamente presentata (cfr. Cass. n. 13068/2011 e Cass. n. 27712/2013).
Infatti, «...tenuto conto che, come questa Corte ha già affermato, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, richiede la consapevolezza del contribuente in ordine al comportamento sanzionato, condotta che non deve essere necessariamente dolosa, sanzionando la legge anche la mera negligenza (Cass. n. 22890/06), e che, con riferimento al caso di specie, appare condivisibile l'assunto dell'Ufficio secondo cui gli obblighi tributari relativi alla presentazione della dichiarazione dei redditi ed alla tenuta delle scritture non possono considerarsi assolti da parte del contribuente con il mero affidamento delle relative incombenze ad un professionista, richiedendosi altresì anche un'attività di controllo e di vigilanza sulla loro effettiva esecuzione, nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento dell'incarico ricevuto» (Cass. n. 12472/10).
La Corte, anche in sede penale, ha confermato il consolidato principio di diritto secondo cui l'affidamento ad un commercialista del mandato a trasmettere per via telematica la dichiarazione alla competente Agenzia delle Entrate non esonera il soggetto obbligato alla dichiarazione fiscale a vigilare affinché tale mandato sia puntualmente adempiuto (Cass. pen. 16958/12; conf. ex multis Cass. pen. 9163/09; SU pen. 35/01; Cass. pen. 709/1999; Cass. pen. 3036/1987).
Si aggiunga, sul tema specifico delle sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, che il D. Lgs. 18 dicembre 1997, n. 472, art. 5, applicando alla materia fiscale il principio sancito in generale dalla legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 3, stabilisce che non è sufficiente la mera volontarietà del comportamento sanzionato, essendo richiesta anche la consapevolezza del contribuente, cui deve potersi rimproverare di aver tenuto un comportamento, se non necessariamente doloso, quantomeno negligente. Ciò va inteso nel senso della sufficienza della coscienza e della volontà, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa (o di un intento fraudolento), atteso che la norma pone una presunzione di colpa per l'atto vietato a carico di chi lo abbia commesso, lasciando a costui l'onere di provare di aver agito senza colpa (Cass. n. 22890/06; conf. 13068/11, in generale, e 15782/12, sulle sanzioni doganali; v. 4171/09, sulla non necessità di un intento fraudolento).
Il contribuente, in tesi generale, ha l'obbligo di presentare correttamente e fedelmente la dichiarazione, di redigerla in modo fedele e di fare i versamenti dovuti in base ad essa. Perciò, nell'ipotesi in cui il soggetto passivo si rivolga ad un intermediario abilitato per la compilazione e la trasmissione ovvero per la sola trasmissione telematica del modello, è suo preciso obbligo quello di far sì che la dichiarazione sia correttamente e fedelmente compilata e tempestivamente presentata (cfr. Cass. n. 1198/04).
Sicché, appare condivisibile l'assunto secondo cui gli obblighi tributari relativi alle dichiarazioni fiscali non possono considerarsi assolti da parte del contribuente con il mero affidamento delle relative incombenze ad un professionista, richiedendosi altresì anche un'attività di controllo e di vigilanza sulla loro esecuzione, nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento dell'incarico ricevuto (Cass. n 12473/10).
Si tratta di un obbligo di vigilanza al cui diligente esercizio sono apprestate le disposizioni della legge 322/98 (artt.3, commi 9, 9-bis, 10) e del dm 31/7/98 (artt. 9 e 11, comma 6) su:
a) trasmissione non manipolabile della dichiarazione con chiave criptata asimmetrica;
b) generazione del corrispondente documento da conservarsi in copia cartacea o supporto informatico da parte dell'intermediario;
c) generazione e consegna, da parte dell'intermediario, del corrispondente documento cartaceo da conservarsi a cura del contribuente;
d) generazione telematica, da parte del Fisco, della ricevuta contenente il riepilogo dei principali dati fiscali (volume d'affari dichiarato, importo finale di debito o credito, etc.).
La Corte di Cassazione ha affermato, in definitiva, che, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l'art. 5 del D.Lgs 18 dicembre 1997, n. 472, richiede la consapevolezza del contribuente in ordine al comportamento sanzionato, condotta che non deve essere necessariamente dolosa, sanzionando la legge anche la mera negligenza (Cass. n. 22890 del 2006) e che appare condivisibile l'assunto dell'Ufficio secondo cui gli obblighi tributari relativi alla presentazione della dichiarazione dei redditi ed alla tenuta delle scritture non possono considerarsi assolti da parte del contribuente con il mero affidamento delle relative incombenze ad un professionista, richiedendosi altresì anche un'attività di controllo e di vigilanza sulla loro effettiva esecuzione, nel concreto superabile soltanto a fronte di un comportamento fraudolento del professionista, finalizzato a mascherare il proprio inadempimento dell'incarico ricevuto.
Alla luce dei suddetti principi costantemente affermati dalla Corte di Cassazione, è quindi importante che il contribuente, soprattutto in vista delle scadenze fiscali, controlli sempre il proprio professionista per non incorrere in gravi sanzioni amministrative ed eventualmente penali.
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