Processo tributario: il passaggio da "prova" a "giudicato"
Il nuovo articolo 21-bis del Dlgs 74/2000 prevede che la sentenza penale irrevocabile ha efficacia di giudicato nel giudizio tributario, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi, a condizione che :1) sia di assoluzione piena (“perché il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”); 2) sia emessa a seguito di dibattimento; 3) sia stata pronunciata nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario.
L'efficacia riflessa del giudicato, inoltre, si estende ai terzi (nei casi espressamente individuati al comma 3) ma solo nell’ipotesi in cui l’assoluzione sia stata pronunciata con la formula “perché il fatto non sussiste”.
1. PREMESSA
In linea generale, il rapporto tra procedimento penale e tributario è un tema che negli anni ha assunto non solo un valore teorico, bensì ha avuto diversi risvolti pratici di particolare rilievo.
Una delle maggiori problematiche che il legislatore ha dovuto affrontare è stato quello di decidere sulla natura e tipologia di rapporto da attribuire ai due processi: se creare una sorta di collegamento tra i due, in modo da agevolarne l’influenza reciproca, oppure optare per la netta separazione in modo che gli stessi si svolgessero in maniera del tutto autonoma e parallela.
Negli anni, tale questione, oltre ad essere stata oggetto di molteplici interventi da parte del legislatore, è stata, altresì, largamente affrontata sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza (soprattutto di legittimità).
Giova brevemente evidenziare che, prima della riforma introdotta dal D.Lgs. 87/2024, il sistema sanzionatorio penal-tributario, regolato dal D.Lgs. 74/2000, si fondava sul principio della piena e reciproca autonomia tra i due sistemi (penale e tributario) con l’esclusione di qualsiasi rapporto di pregiudizialità.
Ciò ha implicato talune volte che, pur vertendo su fatti comuni, i provvedimenti conclusivi dei due procedimenti fossero tra loro contraddittori, stabilendo, da un lato, la responsabilità penale per il reato tributario e, dall’altro lato, l’annullamento della pretesa erariale, o viceversa.
Ebbene, preso atto della controversa questione, la Legge delega per la riforma fiscale (Legge 9 agosto 2023, n. 111 in vigore il 29 agosto 2023) all’articolo 20, co. 1, lett. a), n. 3), ha delegato il Governo di:
“3) rivedere i rapporti tra il processo penale e il processo tributario prevedendo, in coerenza con i princìpi generali dell'ordinamento, che, nei casi di sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, i fatti materiali accertati in sede dibattimentale facciano stato nel processo tributario quanto all'accertamento dei fatti medesimi e adeguando i profili processuali e sostanziali connessi alle ipotesi di non punibilità e di applicazione di circostanze attenuanti all'effettiva durata dei piani di estinzione dei debiti tributari, anche nella fase antecedente all'esercizio dell'azione penale; (…)”.
In attuazione del suddetto criterio direttivo, l’art. 1, co. 1, lett. m), D.Lgs. 87/2024 (c.d. Decreto Sanzioni) ha introdotto nel D.Lgs n. 74/2000 il nuovo articolo 21-bis, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione”, con il quale ha previsto che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento assume nel processo tributario efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi. È previsto, altresì, che la sentenza penale irrevocabile può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione.
La novella legislativa individua, peraltro, l’ambito soggettivo della sentenza penale assolutoria, prevedendo che l’efficacia di giudicato della sentenza irrevocabile di assoluzione si applica, in ogni stato e grado, nel processo tributario:
- nei confronti del medesimo soggetto, se la sentenza penale è pronunciata con le formule “perché il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso” (art. 21-bis, co. 1, D.Lgs. 74/2000);
- nei confronti di altri soggetti connessi con l’imputato, se la sentenza penale è pronunciata esclusivamente con la formula “perché il fatto non sussiste” (art. 21-bis, co. 3, D.Lgs. 74/2000). In particolare, ai sensi del citato comma 3, la sentenza irrevocabile di assoluzione ha effetto di giudicato nel processo tributario relativo:
- alla persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale,
- all'ente e società, con o senza personalità giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto; nonché ai loro soci o associati.
L’art. 1, co. 1, lett. m), D.Lgs. 87/2024 è entrato in vigore il 29 giugno 2024, tuttavia, come affermato dalla Corte di Cassazione, la disposizione si applica anche ai casi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del D.Lgs. 87/2024 (29 giugno 2024) purchè in tale data il processo tributario risulti ancora pendente.
2. L’EVOLUZIONE STORICA DEL GIUDICATO PENALE NEL PROCESSO TRIBUTARIO
Inevitabile punto di partenza di queste brevi argomentazioni deve essere una rapida analisi delle norme che, nel tempo, hanno governato gli aspetti dell’efficacia del giudicato penale in materia tributaria:
- la Legge 7 gennaio 1929, n. 4 (la pregiudiziale tributaria): la delicata questione degli incroci tra procedimento penale e processo tributario è stata affrontata dal Legislatore del 1929 scegliendo di subordinare, attraverso il sistema della “pregiudiziale tributaria” ex art. 21, comma 4, L. 4/1929, il procedimento penale alla definitività del contenuto dell’avviso di accertamento e, quindi, al giudicato formatosi nell’ambito del processo tributario.
Pertanto, l’inizio dell’azione penale era, da un lato, subordinato alla conclusione dell’attività di accertamento dell’an e del quantum debeatur da parte dell’Amministrazione finanziaria, e, dall’altro, dipendeva dal complesso ed interminabile iter del contenzioso tributario i cui tempi, non stabiliti, erano anche un’inevitabile conseguenza delle strategie difensive del contribuente. Peraltro, la pregiudiziale tributaria risultava incompatibile con i principi costituzionali del libero convincimento (ex artt. 101 Cost., secondo cui “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”) e dell’obbligatorietà dell’azione penale (ex art. 112 Cost., per cui “il Pubblico Ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”).
La Corte Costituzionale, con la sent. n. 88 del 1982, dichiarò l’illegittimità dell’art. 21 L. n. 4 del 1929 per violazione degli artt. 3, 24, e 101, co. 2, Cost., nella parte in cui stabiliva che “l’accertamento dell’imposta e della relativa sovrimposta, divenuto definitivo in via amministrativa, faccia stato nei procedimenti penali per la cognizione dei reati preveduti dalle leggi tributarie in materia di imposte dirette”.
La pronuncia della Corte Costituzionale pose le premesse per l’abrogazione della pregiudiziale tributaria e impose nuovi interventi legislativi che approdarono in una direzione totalmente opposta rispetto alla precedente, in cui prevalevano l’autonomia e la celerità del sistema punitivo rispetto all’antecedente esigenza di unicità, certezza e coerenza.
- La Legge 7 agosto 1982, n. 516, c.d. “manette agli evasori”, di conversione del D.L. 10 luglio 1982 n. 429 (l’abbandono della pregiudiziale tributaria e il parziale sistema del sistema del “doppio binario”): pochi mesi dopo la pronuncia della Consulta, il Legislatore decise di abbandonare definitivamente il criterio della “pregiudiziale tributaria” (rimasto in vita per oltre cinquant’anni) introducendo un sistema completamente nuovo.
L’abbandono definitivo del sistema della pregiudiziale fu segnato dalla Legge n. 516/1982, di conversione del D.L. 10 luglio 1982 n. 429, con l’introduzione del principio secondo cui il processo penale poteva avere inizio senza attendere il definitivo esito dell’accertamento dell’imposta evasa (c.d. principio del “doppio binario”).
In particolare, l’art. 12 D.L. n. 429/1982, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 516/1982 stabiliva che “in deroga a quanto disposto dall’articolo 3 del codice di procedura penale il processo tributario non può essere sospeso; tuttavia la sentenza irrevocabile di condanna o di proscioglimento pronunciata in seguito a giudizio relativo a reati previsti in materia di imposte sui redditi e di imposta sul valore aggiunto ha autorità di cosa giudicata nel processo tributario per quanto concerne i fatti materiali che sono stati oggetto del giudizio penale”.
La scelta del legislatore del 1982 di svincolare l’azione penale dai preliminari e definitivi accertamenti tributari condusse ad una tendenziale autonomia dei due procedimenti, senza interferenze reciproche tra gli stessi (da qui, appunto, la scelta della locuzione “doppio binario”), sul presupposto che tale indipendenza avrebbe impresso celerità ed efficienza sia all’accertamento penale sia all’attività di riscossione delle entrate tributarie.
Inoltre, l’art. 12 cit. garantiva alla sentenza penale irrevocabile, pronunciata a seguito di regolare giudizio penale, efficacia vincolante nel processo tributario ma limitatamente ai “fatti materiali” oggetto del giudizio. Siffatta previsione costituiva una parziale deroga alla norma di carattere generale prevista dall’art. 28 del codice di procedura penale del 1930, superando così il limite delle restrizioni probatorie proprie del processo tributario posto da quest’ultima.
Dunque, la L. n. 516/1982:
- da un lato, nel prevedere che il processo tributario non poteva essere sospeso, abolì la pregiudiziale tributaria così gettando le basi per l’affermazione parziale del doppio binario fra processo penale e processo tributario;
- dall’altro, nel prevedere la primazia dell’autorità del giudicato penale nel processo tributario limitatamente all’accertamento dei fatti materiali oggetto del processo penale, capovolse il precedente ordine di pregiudizialità che caratterizzava il sistema del ’29.
- Il codice di procedura penale del 1988: il codice di rito penale del 1988 ha riscritto – ad opera degli artt. 651, 652 e 654 – la disciplina degli effetti del giudicato penale.
Per quanto di interesse, l’art. 654 c.p.p. – modificando l’art. 12 D.L. n. 429/1982, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 516/1982- ha previsto che “Nei confronti dell’imputato, della parte civile e del responsabile civile che si sia costituito o che sia intervenuto nel processo penale, la sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione pronunciata in seguito a dibattimento ha efficacia di giudicato nel giudizio civile o amministrativo, quando in questo si controverte intorno a un diritto o a un interesse legittimo il cui riconoscimento dipende dall’accertamento degli stessi fatti materiali che furono oggetto del giudizio penale, purchè i fatti accertati siano stati ritenuti rilevanti ai fini della decisione penale e purchè la legge civile non ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa”. Come si approfondirà nel successivo paragrafo 3.1. del presente contributo, l’art. 654 c.p.p. ha escluso espressamente l’efficacia vincolante del giudicato penale nel processo tributario a causa del limitato regime probatorio di quest’ultimo. In tal senso, la Corte di Cassazione, in applicazione del principio della lex posterior rispetto alla lex specialis anteriore, aveva perfino propeso per l’abrogazione tacita dell’art. 12 D.L. n. 429/1982, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 516/1982 (Cass. n. 380/2003).
- Il D.Lgs. n. 74/2000 (il sistema del doppio binario): il decreto legislativo n. 74 del 10/3/2000 ha rappresentato una riforma radicale del previgente sistema penale-tributario. In particolare, il legislatore del 2000 ha nuovamente disciplinato i rapporti tra procedimento penale e processo tributario alla luce del principio di specialità, riconfermando – al contempo - il principio della piena e reciproca autonomia tra i due sistemi (penale e tributario), con l’esclusione di qualsiasi rapporto di pregiudizialità.
Nello specifico, la riforma del 2000:
- con l’art. 20 D.Lgs. 74/2000 ha introdotto la regola del c.d. "doppio binario", secondo cui il procedimento di accertamento ed il processo tributario non si sospendono per la pendenza del processo penale, ancorché il secondo giudizio verta sui medesimi fatti;
- con l’art. 25 D.Lgs. 74/2000 ha abrogato l’art. 12 D.L. n. 429/1982, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 516/1982 senza introdurre una nuova norma che regolasse l’efficacia probatoria del giudicato penale nel processo tributario.
L'abrogazione del suddetto art. 12 per effetto dell'art. 25 D.Lgs. n. 74/2000 ha riproposto il tema dell'efficacia da riconoscere alla pronuncia penale irrevocabile nell'ambito dei giudizi aventi ad oggetto contestazioni da parte del Fisco.
Tuttavia, dalla lettura della Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 74/2000 è possibile evincere che alla fattispecie si dovevano applicare le ordinarie prescrizioni normative, con particolare riferimento all’art. 654 c.p.p., che esclude(va) l’efficacia esterna del giudicato penale allorchè la legge civile ponga limitazioni alla prova della posizione soggettiva controversa.
In tal senso, con Circolare Ministeriale n. 154/E del 04 agosto 2000, l’Amministrazione finanziaria aveva confermato che “… in mancanza di una normativa derogatoria, troveranno applicazione le disposizioni ordinarie relative all’efficacia del giudicato penale e, in particolare, l’articolo 654 del codice di procedura penale” (ammettendo, però, un’efficacia condizionata del giudicato penale nel processo tributario, fatto salvo il rispetto della differente lex probatoria).
Sul tema, la giurisprudenza di legittimità ha più volte smentito che il giudicato penale potesse essere fatto valere (sia pur rispettando certi limiti) nel processo tributario, negando l’applicabilità del citato art. 654 c.p.p. proprio in ragione dei divieti probatori in esso vigenti, e circoscrivendo, inoltre, l’efficacia esterna delle sentenze penali a quelle di condanna e di assoluzione pronunciate nei confronti dell’imputato o della parte civile all’esito del dibattimento, con l’esclusione di ogni altra statuizione giurisdizionale.
3. LE MODIFICHE APPORTATE DAL D.LGS. 87/2024: LA SENTENZA PENALE IRREVOCABILE DI ASSOLUZIONE NON ASSUME PIÙ EFFICACIA PROBATORIA, BENSÌ EFFICACIA DI GIUDICATO RILEVABILE NEL PROCESSO TRIBUTARIO
La disciplina che regola le relazioni tra il processo penale e il processo tributario individuata nel D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 è stata nuovamente oggetto di intervento legislativo da parte dell’art. 1, co. 1, lett. m), D.Lgs. 87/2024 .
In particolare:
- prima delle modifiche introdotte dal D.Lgs. 87/2024, la disciplina in tema di efficacia delle sentenze penali nel processo tributario era da rinvenirsi nell’art. 654 c.p.p., ai sensi del quale la formazione del giudicato penale non era direttamente invocabile nel processo tributario, poggiando i due processi su un sistema probatorio sostanzialmente diverso. In ogni caso, gli accertamenti delle circostanze fattuali compiuti dal giudice penale assurgevano ad elemento di prova o indizio in ordine ai fatti accertati penalmente e come tali potevano e dovevano essere oggetto di autonoma valutazione, quali elementi probanti in sede processuale tributaria;
- a seguito delle modifiche introdotte D. Lgs. n. 87/2024, l’efficacia delle sentenze penali nel processo tributario trova una sua espressa disciplina nell’ art. 21-bis D.Lgs. 74/2000, ai sensi del quale la sentenza irrevocabile di assoluzione, pronunciata in seguito a dibattimento, nei confronti del medesimo soggetto o di soggetti ad esso connessi, e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
3.1. L’efficacia della sentenza penale irrevocabile nel processo tributario ante D.Lgs. 87/2024: il giudicato penale quale mera fonte di prova.
Sebbene non siano mancate interpretazioni contrastanti, come innanzi accennato, a seguito della riforma del 2000, il rapporto tra il processo penale e quello tributario ha trovato la sua disciplina nel combinato disposto degli artt. 20 D.Lgs. n. 74/2000 e 654 c.p.p..
In particolare, abrogato l’art. 12, D.L. n. 429/1982, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 516/1982 che prevedeva l’efficacia esterna del giudicato penale nel processo tributario, la disciplina relativa all’efficacia delle sentenze irrevocabili penali nel processo tributario ha trovato la sua previsione nelle preclusioni dell’art. 654 c.p.p., rubricato “Efficacia della sentenza penale di condanna o di assoluzione in altri giudizi civili o amministrativi” e, più in generale, nel principio di reciproca autonomia (il c.d. “doppio binario”, appunto) ricavabile dall’art. 20 del D.Lgs. n. 74/2000 (“Rapporti tra procedimento penale e processo tributario”), ai sensi del quale non è prevista la sospensione del processo tributario in pendenza del giudizio penale che verta sui medesimi fatti.
Ebbene, proprio in applicazione del dato letterale normativo dell’art. 654 c.p.p., il tradizionale orientamento della Corte di Cassazione è stato volto ad escludere qualsivoglia efficacia della sentenza penale nell'ambito del giudizio tributario.
Come evidenziato dai giudici di legittimità, tale rigore interpretativo si fondava essenzialmente sul dato normativo dell'art. 654 c.p.p. ed era motivato in ragione della dichiarata peculiarità del processo tributario, in particolare da un punto di vista probatorio (ex multis, Cass., sez. Trib., 25/05/2009, n. 12022; Cass., sez. Trib, 23/03/2011, n. 6624; Cass., sez. Trib., 27/09/2011, n. 19786; Cass., sez. Trib., 23/05/2012, n. 8129; Cass., sez. Trib., 27/03/2013, n. 4924).
In particolare, secondo la linea interpretativa della Suprema Corte, l’efficacia vincolante del giudicato penale ex art. 654 c.p.p., non poteva trovare automatica applicazione al processo tributario, sebbene i fatti esaminati in sede penale fossero gli stessi che fondavano l'accertamento degli Uffici finanziari, in quanto nel processo tributario vigevano i limiti in materia di prova posti dall'art. 7, comma quarto, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna.
Conseguentemente, il giudice tributario non poteva limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza definitiva in materia di reati tributari, estendendone automaticamente gli effetti con riguardo all'azione accertatrice del singolo ufficio tributario, ma, nell'esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, doveva verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui esso è destinato ad operare.
Ed invero, la non automatica trasferibilità in sede penale delle presunzioni tributarie non escludeva che esse potessero acquisire il valore di indizi e, dunque, essere valutabili dal giudice penale con una specifica ed autonoma valutazione. Dunque, la sentenza penale poteva costituire un documento nel quale venivano presentati l’esistenza ed il contenuto di prove assunte in sede penale, le quali potevano essere assoggettate alla valutazione del giudice tributario ma non erano, in ogni caso, vincolanti per quest’ultimo.
Di seguito, i principi di diritto affermati in materia:
- Cass. n. 10578/2015: “Nel processo tributario, la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula "perché il fatto non sussiste", non spiega automaticamente efficacia di giudicato, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l'Amministrazione finanziaria ha promosso l'accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale nell'esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell'ambito specifico in cui detta sentenza è destinata ad operare”;
- Cass. n. 2938/2015: “Nel contenzioso tributario, la sentenza penale irrevocabile intervenuta per reati attinenti ai medesimi fatti su cui si fonda l'accertamento degli uffici finanziari rappresenta un semplice elemento di prova, liberamente valutabile in rapporto alle ulteriori risultanze istruttorie, anche di natura presuntiva”;
- Cass. n. 16262/2017: “In materia di contenzioso tributario, nessuna automatica autorità di cosa giudicata può attribuirsi alla sentenza penale irrevocabile, di condanna o di assoluzione, emessa in materia di reati fiscali, ancorché i fatti esaminati in sede penale siano gli stessi che fondano l'accertamento degli Uffici finanziari, dal momento che nel processo tributario vigono i limiti in materia di prova posti dall'art. 7, comma quarto, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e trovano ingresso, invece, anche presunzioni semplici, di per sé inidonee a supportare una pronuncia penale di condanna. Ne consegue che l'imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, può essere ritenuto responsabile fiscalmente qualora l'atto impositivo risulti fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario" (Cass. 23/05/2012, n. 8129). Pertanto, stante l'evidenziata autonomia del giudizio tributario rispetto a quello penale, il giudice tributario non può limitarsi a rilevare l'esistenza di una sentenza penale definitiva in materia di reati fiscali, recependone acriticamente le conclusioni assolutorie ma, nell'esercizio dei propri poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti (art. 116 cod. proc. deve procedere ad un suo apprezzamento del contenuto della decisione, ponendolo a confronto con gli altri elementi di prova acquisiti nel giudizio”;
In breve, in applicazione del citato art. 654 c.p.p:
- se da un lato, non poteva attribuirsi nessuna automatica autorità di cosa giudicata nel separato giudizio tributario alla sentenza penale irrevocabile di condanna o di assoluzione, ancorché i fatti accertati in sede penale fossero gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria aveva promosso l’accertamento nei confronti del contribuente;
- dall’altro, il giudice, pur non potendo limitarsi a rilevare l’esistenza di una sentenza definitiva penale estendendone automaticamente gli effetti, nell’esercizio dei propri autonomi poteri di valutazione della condotta delle parti e del materiale probatorio acquisito agli atti, egli poteva e doveva verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui esso è destinato ad operare.
Da tanto ne discendeva che l'imputato assolto in sede penale, anche con formula piena, per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste, poteva essere comunque ritenuto responsabile fiscalmente qualora l'atto impositivo risultava fondato su validi indizi, insufficienti per un giudizio di responsabilità penale, ma adeguati, fino a prova contraria, nel giudizio tributario.
Ebbene, l'affermata indipendenza fra i due giudizi, di fatto, ha comportato la reciproca irrilevanza dei relativi esiti che, spesso, comportavano decisioni contrastanti in relazione al medesimo soggetto e ai medesimi fatti.
Ebbene, la suesposta linea interpretativa è stata, da ultimo, ripresa ma mitigata, dall’ordinanza della Corte di Cassazione del 22 luglio 2024, n. 20263, che, nel ribadire il consolidato orientamento secondo cui:
<<Gli accertamenti delle circostanze fattuali compiuti dall'organo che esercita il potere giurisdizionale in sede penale assurgono ad elemento di prova o indizio in ordine ai fatti accertati penalmente e come tali possono e devono essere oggetto di autonoma valutazione, quali elementi probanti in sede processuale tributaria (ex plurimis, CASS., sez. 5°, 20/03/2015, n. 5649; CASS., sez. 5°, 28/10/2015, n. 21966; CASS., sez. 5°, 27/02/2013, n. 4924; CASS., sez. 5°, 23/05/2012, n. 8129; CASS., sez. 5°, 27/09/2011, n. 19786; CASS., sez. 5°, 17/10/2010, n. 3724; CASS., sez. 5°, 17/02/2010, n. 3724). >>,
ha evidenziato i casi nei quali poteva riconoscersi il giudicato penale nell'ambito del giudizio tributario, così statuendo:
<<Segnatamente l'efficacia della sentenza penale deve riconoscersi in particolare nelle ipotesi in cui eventuali profili di responsabilità fiscale siano inscindibilmente connessi ai fatti acclarati in sede penale. In tal senso, si colloca la recente pronuncia della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, del 22/09/2021, n. 25632, con la quale si sarebbe rilevato chiaramente come la sentenza penale irrevocabile "con formula assolutoria perché il fatto non sussiste" assuma "autorità di cosa giudicata" anche nel giudizio tributario. Il presupposto del riconoscimento della valenza del giudicato penale nell'ambito del giudizio tributario sarebbe individuato nell'acclarata identità fra i "fatti in ordine ai quali si è pronunciato il giudice penale, con sentenza irrevocabile" e le circostanze "su cui si controverte in sede tributaria". Nel caso oggetto della sentenza in esame, la Corte di Cassazione, avrebbe esteso, nel giudizio tributario, l'efficacia di cosa giudicata alla sentenza penale in ordine agli accertamenti in essa contenuti. L'estensione del giudicato penale nel giudizio tributario non rappresenterebbe comunque il risultato di una valutazione acritica e non aderente al caso concreto, ma (e sarebbe proprio ciò che è totalmente mancato nella sentenza di appello oggetto che, odiernamente, viene impugnata) di un attento e ponderato apprezzamento valutativo delle circostanze acclarate in altro giudizio e della valenza di queste ai fini dell'accertamento di una condotta contra legem rispetto alle norme giuridiche tributarie.>>.
In conclusione, fino all’entrata in vigore dell’art. 21-bis D.Lgs. 74/2000 come introdotto dall’articolo 1, comma 1, lett. m), D.Lgs. 87/2024, l’efficacia vincolante del giudicato penale ex art. 654 c.p.p., non poteva trovare automatica applicazione al processo tributario ancorchè i fatti esaminati in sede penale fossero gli stessi che fondavano l'accertamento degli Uffici finanziari. Tuttavia, vi era la tendenza ad un relativo riconoscimento della sentenza penale nel processo tributario, considerandola come documento sottoponibile ad un’autonoma valutazione da parte del giudice tributario al fine di pervenire alla propria decisione.
3.2 L’efficacia della sentenza penale irrevocabile nel processo tributario dopo il D.Lgs. 87/2024: il giudicato penale è rilevabile nel processo tributario
L’articolo 1, comma 1, lett. m), D.Lgs. 87/2024 introduce il nuovo articolo 21-bis nel D.Lgs n. 74/2000, rubricato “Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione”, al fine di superare il sistema del “doppio binario” tra il processo penale e quello tributario, prevedendo che il giudicato penale di assoluzione sia vincolante per il Giudice tributario.
In particolare, ai sensi del nuovo art. 21-bis cit.:
<< 1. La sentenza irrevocabile di assoluzione perché il fatto non sussiste o l'imputato non lo ha commesso, pronunciata in seguito a dibattimento nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario, ha, in questo, efficacia di giudicato, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi.
2. La sentenza penale irrevocabile di cui al comma 1 può essere depositata anche nel giudizio di Cassazione fino a quindici giorni prima dell'udienza o dell'adunanza in camera di consiglio.
3. Le disposizioni dei commi 1 e 2 si applicano, limitatamente alle ipotesi di sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste, anche nei confronti della persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale, ovvero nei confronti dell'ente e società, con o senza personalità giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto, nonché nei confronti dei loro soci o associati.>>.
Dunque, l’efficacia vincolante del giudicato penale ha effetto nel processo tributario, in ogni stato e grado, quanto ai fatti medesimi, allorquando la sentenza penale irrevocabile:
- sia di assoluzione piena (pronunciata con le formule “perché il fatto non sussiste” o “l’imputato non lo ha commesso”): pertanto, inidonee a fondare detta efficacia, ma, se del caso, apprezzabili nei limiti segnati dalla richiamata giurisprudenza, sono:
- le sentenze di condanna;
- le sentenze di applicazione della pena su richiesta delle parti;
- le sentenze di non doversi procedere (articoli 529, 531 e 429c.p.p.);
- le sentenze assolutorie con formula diversa da quella “perché il fatto non sussiste” o “perché l’imputato non lo ha commesso” (articolo 530 c.p.p.);
- sia emessa a seguito di dibattimento, senza distinzione tra giudizio ordinario, direttissimo o immediato. Tale previsione, tuttavia, porta al paradosso che, ogniqualvolta sia avuto un proscioglimento in fase di indagini preliminari (e quindi non si sia transitati dal dibattimento, essendo stata disposta l’archiviazione, anche dopo formale, ove ipotizzabile, opposizione), ovvero il giudizio si sia concluso con altra formula assolutoria (come “il fatto non costituisce reato”), ovvero si sia trattato di giudizio abbreviato, la norma in parola non opera.
In tal senso, si segnala che la Corte di Cassazione, con l’ordinanza del 7 agosto 2024, n. 22321 ha escluso l’efficacia di giudicato in quanto il procedimento penale si era concluso nella fase delle indagini preliminari con provvedimento di archiviazione.
In particolare, la Corte evidenzia che <<3.11 È bene sottolineare che i surriferiti principi di diritto sono stati elaborati con riferimento al contesto normativo anteriore all'entrata in vigore dell'art. 21-bis del D.Lgs. n. 74 del 2000 (rubricato "Efficacia delle sentenze penali nel processo tributario e nel processo di Cassazione"), inserito dall'art. 1, comma 1, lettera m), del D.Lgs. n. 87 del 2024, secondo il quale: (…)
3.12 Il citato articolo non viene, tuttavia, in rilievo nel caso di specie, non risultando pronunciata nei confronti del Ma.Gi., in relazione ai fatti di evasione fiscale di cui qui si discute (riguardanti l'anno d'imposta 2004), sentenza dibattimentale di assoluzione con formula piena (per quanto emerge "ex actis", il procedimento penale a suo carico si è concluso nella fase delle indagini preliminari con provvedimento di archiviazione).>>.
Nello stesso senso, la Corte di Cassazione, con la sentenza 10 ottobre 2024, n. 26482 ha escluso l’efficacia di giudicato della sentenza penale in quanto trattavasi di una << sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Lecce in funzione di giudice dell'udienza preliminare >> e, pertanto, non pronunciata a seguito di dibattimento.
- sia stata pronunciata nei confronti del medesimo soggetto e sugli stessi fatti materiali oggetto di valutazione nel processo tributario: la nuova norma statuisce che i fatti esaminati dalla sentenza penale irrevocabile devono riguardare lo stesso soggetto ed essere gli stessi che fondano l’accertamento. Conseguentemente, se i fatti non sussistono ai fini del reato, gli stessi non avranno efficacia e validità neppure per la ripresa fiscale effettuata dall’Amministrazione.
Inoltre, come previsto al comma 3 dell’art. 21-bis cit., in alcune ipotesi espressamente individuate dal Legislatore, il contribuente, parte del processo tributario, può non coincidere con l’imputato, parte di quello penale.
Nello specifico, il comma 3 dell’art. 21-bis D.lgs. 74/2000 dispone che la sentenza irrevocabile di assoluzione, limitatamente alla formula assolutoria “perché il fatto non sussiste”, ha efficacia di giudicato anche nel processo tributario relativo:
- alla persona fisica nell'interesse della quale ha agito il dipendente, il rappresentante legale o negoziale;
- all'ente e società, nonché nei confronti dei soci o associati dell'ente e società, con o senza personalità giuridica, nell'interesse dei quali ha agito il rappresentante o l'amministratore anche di fatto.
In considerazione di ciò, dunque, solo l’assoluzione definitiva “perché il fatto non sussiste” giova - oltre che alla persona fisica imputata - anche all’ente/società (contribuente) nel cui interesse ha agito il rappresentante/amministratore anche di fatto nonché nei confronti dei loro soci o associati.
4. L’EFFICACIA TEMPORALE DEL NUOVO ART. 21-BIS D.LGS. 74/2000
L’art. 5 del D.Lgs. n. 87/2024, rubricato “Disposizioni transitorie e finali”, dispone che:
<<Le disposizioni di cui agli articoli 2, 3 e 4 si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024>>.
Dunque, ai sensi del citato art. 5:
- le disposizioni comuni alle sanzioni amministrative e penali (ex art. 1 D.Lgs. n. 87/2024) si applicano a decorrere dal 29 giugno 2024;
- tutte le altre disposizioni (ex artt. 2, 3 e 4 D.Lgs. n. 87/2024) - relative a sanzioni tributarie non penali in materia di IIDD, IVA e riscossione dei tributi nonché sanzione amministrative in materia di tributi sugli affari, sulla produzione e sui consumi, e di altri tributi indiretti - si applicano alle violazioni commesse a partire dal 1° settembre 2024
Tanto premesso, considerato che il nuovo art. 21-bis D.lgs. 74/2000 è stato introdotto dall’articolo 1, comma 1, lett. m), D.Lgs. 87/2024, ne discende che le modifiche in tema di efficacia delle sentenze penali nel processo tributario si applicano a decorrere dal 29 giugno 2024.
Proprio in relazione all’efficacia temporale dell’art. 21-bis cit, la Corte di Cassazione ha sancito l’importante principio secondo cui, in virtù dello ius superveniens, anche la sentenza penale di assoluzione divenuta definitiva prima dell’entrata in vigore della riforma delle sanzioni ha efficacia di giudicato nel giudizio tributario ancora pendente.
In particolare, come chiarito in più occasioni dalla Corte di Cassazione, il nuovo art. 21-bis del D. Lgs. n. 74/2000, introdotto dal D.Lgs. n. 87/2024, si applica anche nei casi in cui la sentenza penale dibattimentale di assoluzione sia divenuta irrevocabile prima dell’entrata in vigore del citato D.Lgs. n. 87/2024 (ossia prima del 29 giugno 2024), purché, in tale data, sia ancora pendente il relativo giudizio tributario.
Inoltre, come evidenziato dalla stessa giurisprudenza di legittimità, l’applicabilità dell’art. 21-bis del D.Lgs. n. 74/2000 è rilevabile d’ufficio.
Avv. Maurizio Villani - Avv. Antonella Villani
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