Controlli bancari: è necessaria l'autorizzazione
L'art. 32, n. 7, del D.P.R. n. 600 del 1973, attribuisce agli uffici finanziari il potere di richiedere, previa autorizzazione del direttore centrale dell'accertamento dell'Agenzia delle entrate o del direttore regionale della stessa, ovvero, per il Corpo della guardia di finanza, del comandante regionale, (anche) alle banche dati, notizie e documenti relativi a qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata.
Analoga disposizione è prevista dall'art. 51, secondo comma, del D.P.R. n. 633 del 1972, con riferimento alle attribuzioni e poteri degli uffici dell'imposta sul valore aggiunto.
Secondo un primo orientamento della Corte di Cassazione, formatosi con riferimento a tale ultima disposizione, la mancanza della autorizzazione prevista ai fini della richiesta di acquisizione, dagli istituti di credito, di copia dei conti bancari intrattenuti con il contribuente, non preclude l'utilizzabilità dei dati acquisiti, atteso che la predetta autorizzazione attiene ai rapporti interni e che in materia tributaria non vige il principio (presente nel codice di procedura penale) della inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita, salvi i limiti derivanti da eventuali preclusioni di carattere specifico (cfr. Cass. 19 febbraio 2009, n. 4001; Cass. 1° aprile 2003, n. 4987).
Altro orientamento della Corte di Cassazione ha evidenziato che le norme in esame subordinano la legittimità delle indagini bancarie e delle relative risultanze all'esistenza dell'autorizzazione (e non anche alla relativa esibizione all'interessato), con la precisazione per la quale eventuali illegittimità nell'ambito del procedimento amministrativo di accertamento diventano censurabili davanti al giudice tributario a condizione che, traducendosi in un concreto pregiudizio per il contribuente, vengano ad inficiare il risultato finale del procedimento e, quindi, l'accertamento medesimo (cfr. Cass. 26 settembre 2014, n. 20420; Cass. 21 luglio 2009, n. 16874; Cass. 15 giugno 2007, n. 14023).
Infine, la Corte di Cassazione ha inteso dare continuità a tale ultimo orientamento, ribadito dalle pronunce della Sezione del 10 febbraio e 14 luglio 2017, rispettivamente, nn. 3628 e 17457, apparendo maggiormente coerente, da un lato, con il richiamato paradigma normativo, che subordina la presentazione della richiesta al parere del dirigente, dall'altro, con la concezione sostanzialistica dell'interesse del privato alla legittimità del provvedimento amministrativo, espressa, in via generale, dall'art. 21 octies, legge 7 agosto 1990, n. 241.
Il concreto pregiudizio del contribuente non può, però, esaurirsi nel mancato rilascio della autorizzazione da parte del dirigente, pena la svalutazione del requisito cui, secondo l'interpretazione della normativa preferita, è subordinata l'inutilizzabilità delle indagini bancarie compiute in assenza di rituale autorizzazione.
Inoltre, qualora l'accertamento effettuato dall'ufficio finanziario si fondi su verifiche di conti correnti bancari, l'onere probatorio dell'Amministrazione è soddisfatto, secondo l'art. 32 del D.P.R. n. 600 del 1973, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti predetti, determinandosi un'inversione dell'onere della prova a carico del contribuente, il quale deve dimostrare, con una prova non generica ma analitica per ogni operazione bancaria, che gli elementi dalla stessa desumibili non sono riferibili ad operazioni imponibili (cfr. Cass. 29 luglio 2016, n 15857; Cass. 11 marzo 2015, n. 4829; Cassazione – Quinta Sezione Civile – ordinanza n. 9480, depositata il 18 aprile 2018).
Avv. Maurizio Villani
Avvocato Tributarista in Lecce
Patrocinante in Cassazione
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