Ambiente, Sostenibilità, Governabilità

Desidero condividere un argomento che riguarda tutti noi e da parecchio tempo. Oggetto di ricerche scolastiche e di continui aggiornamenti.
Un tema ancora di attualità che riguarda tutti noi persone fisiche e, conseguentemente, tutte le aziende, o persone giuridiche, che da persone fisiche sono guidate, e appartenenti ad ogni settore.
Dunque, un argomento che abbraccia l'intera economia e la finanza.
Nel ventennio tra il 1950 e il 1970 il mondo passò dall’austerità della ricostruzione post-bellica ad un periodo di intenso sviluppo economico che in alcuni stati ebbe ritmi così sostenuti da essere definito ‘boom economico’, e la plastica era stata indubbiamente uno dei protagonisti principali di questa trasformazione.
Mrs. Robinson nel film ‘Il Laureato’ (1967) affermava: “L’avvenire del mondo è nella plastica”, e in Italia in quegli anni Gino Bramieri pubblicizzava Moplen, il polipropilene (isotattico) di Montedison nato un decennio prima dagli studi di Giulio Natta che, grazie ad essi, vinse nel 1963 l’unico premio Nobel per la chimica mai assegnato all’Italia.
Il polipropilene, sebbene non fosse la prima materia plastica ad essere prodotta su larga scala, fu probabilmente la prima ad innescare una vera e propria rivoluzione: basta pensare che oggetti quali scolapasta, secchi, assi per lavare, spremiagrumi e migliaia di altri articoli presenti nelle nostre case, erano prima costituiti di legno o metallo, quindi costosi, complessi da produrre e facili da rompere, ammaccare o arrugginire. Grazie al nuovo materiale termoplastico, furono realizzati per la prima volta con una materia prima economica, attraverso processi di lavorazione semplici e veloci, ad un costo accessibile per tutti. La plastica divenne così protagonista della trasformazione sociale, plasmando il nostro mondo nelle case, nelle auto, nei luoghi di lavoro, rendendolo quello che oggi conosciamo. Inoltre, in pochi anni, una gamma sempre più ampia di nuovi polimeri, ognuno con le proprie peculiarità, rese possibile la nascita di applicazioni, e spesso di interi settori industriali, che non sarebbero mai esistiti senza questi materiali. Solo per citarne alcuni: in casa come in azienda cavi, fascette, scatole di derivazione, interruttori, sono tutti realizzati con polimeri isolanti che non si ossidano né si corrodono, e resistono alla fiamma. Prima della plastica i cavi erano ricoperti di juta, gli interruttori erano in ceramica. Oggi è inimmaginabile il settore elettrico ed elettronico senza la plastica. Pensiamo altresì alla sicurezza sul lavoro: guanti, caschi, protezioni, strumenti leggeri, isolati elettricamente, fonoassorbenti. Dunque, senza la plastica non esisterebbero e chi si sentirebbe sicuro e protetto nel guidare una moto con indosso un elmo in acciaio da soldato prussiano? E, ancora, il settore medicale. In ospedale tutti gli strumenti – dalle siringhe, ai cateteri, dalle mascherine alle sacche per il sangue, persino alcune protesi – sono oggi realizzati in plastica perché unico materiale in grado di garantire i massimi standard di sicurezza, igiene, salute. Insomma, la plastica ha plasmato il nostro mondo e le nostre vite diventando onnipresente e per molti versi insostituibile. Purtroppo, questo rapido sviluppo ha portato con sé anche risvolti negativi riconducibili, però, nella maggior parte dei casi, al cattivo uso di questo materiale, percepito come poco costoso, usa-e-getta e trascurando le problematiche dello smaltimento. La miscela di questi due elementi è all’origine dell’inversione di tendenza a cui assistiamo oggi circa la percezione della plastica, la cui immagine è legata a visioni di spiagge ricoperte di rifiuti, pesci e tartarughe che nuotano tra bottiglie e sacchetti, animali morti con lo stomaco pieno di plastica scambiata per cibo. Il forte impatto emotivo che ne deriva alimenta divisioni ed estremismi basati spesso su dogmi ideologici anziché su dati scientifici, che vengono cavalcati da persone o associazioni che sulla difesa dell’una o dell’altra posizione fondano spesso lucrosi business. Mai come in questo momento si dovrebbe invece recuperare la lucidità necessaria ad evitare che scelte dissennate, portate avanti a furor di popolo, ci facciano precipitare dalla padella alla brace con il rischio di "buttare via il bambino con l’acqua sporca" (gli aspetti positivi della plastica e i problemi di impatto ambientale che essa genera). Un po’ come chiedere a gran voce l’auto elettrica, senza preoccuparsi se l’energia che la alimenta viene prodotta in modo altrettanto verde o magari proviene da una centrale a carbone.
Esiste, però, un modo per guardare alla plastica, ed in particolare al suo impatto ambientale, in modo scientifico, non viziato da emotività o preconcetti, e soprattutto in modo organico, a partire dalle materie prime fino allo smaltimento, si chiama Life Cycle Assessment (LCA). Un metodo oggettivo di valutazione degli impatti ambientali delle diverse produzioni industriali e considera l'intero ciclo di vita della produzione: estrazione, lavorazione delle materie prime, fabbricazione, trasporto, distribuzione, utilizzo, riutilizzo, raccolta, stoccaggio, recupero, smaltimento, riciclo. Ogni fase ha i suoi consumi energetici, dunque, ognuna ha il suo impatto ambientale. Il LCA tiene presente ogni passaggio al fine di garantire un'elevata affidabilità sia in fase di analisi che di previsione e supporto delle scelte da prendere, ovvero il cosiddetto Life Cycle Thinking (LCT). Tale metodologia risulta utile per comprendere quanto un mondo libero dalla plastica sia veramente più sostenibile. Considerare che il PET, tanto criticato e reso detestabile nella mente di molta gente è, invece, una materia prima che impatta meno sull'ambiente in termini di consumo energetico e di emissioni di gas serra. Infatti, è prodotto mediante processi chimici in cicli chiusi a temperature relativamente blande al contrario del vetro che viene prodotto nelle fonderie ad elevate temperature o dell'allumino o altre materie prime che richiedono fasi di estrazione e produzioni a ben più grave impatto ambientale. Dunque, le tanto oggi di moda borracce di alluminio non sono che una moda prodotta dal business di chi contesta senza alcun criterio e logica la plastica ma tanto per blaterare! Pertanto, se siete ancora convinti che bandire la plastica sia la soluzione ad un mondo più pulito e sano e non solo una moda, si osservi il grafico qui sotto che descrive generazione e smaltimento cumulativo dei rifiuti di plastica in milioni di tonnellate, ove le linee continue mostrano i dati storici dal 1950 al 2015; le linee tratteggiate mostrano le proiezioni delle tendenze storiche fino al 2050.
Un'ultima importante considerazione su ambiente e inquinamento concerne diverse ricerche che affermano e confermano che nel periodo dal 1990 il PIL è cresciuto rispettando l'ambiente. Un ultimo grafico tratto da una ricerca di Green Economy-Miracolo UE, l'inquinamento cala dal 1990 descrive la riduzione dell'inquinamento a fronte della crescita del Prodotto Interno Lordo
Le riflessioni del presente articolo derivano da mie considerazioni scaturite da svariate fonti di approfondimento e ringrazio, soprattutto, la fonte principale e oggi largamente disponibile. Fonte che non era ancora nata o almeno non disponibile negli anni settanta. Gli anni '70, per la scrivente, sono stati gli anni delle ricerche scolastiche su Ecologia e Ambiente tra altri temi. Ricerche fatte consultando enciclopedie e testi vari trovabili in libreria e in bibblioteca non digitando a computer parole chiave e, magicamente, si ottengono molteplici risposte tra le quale controllarne la validità e veridicità. Esatto, è Internet la fonte in questione (se già non si fosse capito).
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