Il mondo della finanza

Desidero iniziare il presente articolo citando l’estratto di una lettura di Robert Potocniak (1) che si intitola: “Soffriamo perché non amiamo” (per sapere chi è R. Potocniak si veda il seguente link https://www.meditazioneattiva.com/roberto-potocniak/).
Dunque, prendo spunto da un’interessante lettura che, secondo me, apre ad un nuovo punto di vista.
Una nuova prospettiva da far comprendere al Mondo che, per chi scrive, è anche quello dei potenziali Clienti, affinché venga compreso il ruolo del Consulente Finanziario.
Ruolo, paradossalmente oggi nel XXI° Secolo, ancora sconosciuto e mal interpretato da molti, ancora troppi.
Comunque, non è solo di ruolo e, non è questo il tema principale di questo mio nuovo articolo.
Ho scritto, invece, che la lettura dell’articolo di Potocniak, è interessante da leggere per comprendere che la questione del “soffrire e non amare” apre a nuove riflessioni.
Infatti, il tema umano di questa lettura deve o dovrebbe condurre a riflessioni che aiutano o possono aiutare qualunque attività, sebbene, parlo qui della Professione che mi interessa, cioè quella del bravo consulente finanziario che è continuamente in cerca di lavoro.
Siamo tutti, a dire il vero, in cerca continua di lavoro.
Non esiste più il concetto di disoccupazione come probabilmente inteso fin dal dopoguerra.
I tempi sono da allora cambiati e molto.
Già Charlie Chaplin aveva cercato di raccontarlo nella sua opera cinematografica “Tempi moderni, Luci sulla città”.
C. Chaplin un grande attore e regista del tempo che fu, moderno comunque (1889-1977).
Si potrebbe dire un personaggio, Charlie Chaplin, nato e vissuto a cavallo di un secolo come pensandoci bene, lo siamo noi - 1900-2000 - a cavallo tra il XX° e il XXI° Secolo.

Ma rientriamo nell’argomento iniziale.
Dunque, leggendo mi sono venuti in mente casi reali tra i quali, quello in cui telefonando non si riceve risposta.
Un problema riconosciuto da diversi colleghi parlandone e confrontandosi in merito.
Si, quei casi di persone che non rispondono al telefono quando il medesimo squilla e neppure richiamano dopo.
Maleducazione penso io.
Però, la lettura mi ha fatto pensare che, probabilmente, la motivazione principale delle persone che non rispondono al telefono, conosciuto o non il numero sul display, deriva dal fatto che non hanno compreso quanto gli è stato detto o non detto e da essi stessi magari solo presunto. Allo squillo del proprio cellulare pensano, pertanto, che chi li sta chiamando, stia solo cercando la loro attenzione escludendo invece che ad avere bisogno di attenzione siano essi stessi e non solo chi li sta chiamando.
Anzi, sono spesso proprio loro i principali pazienti ad aver necessità di cure, anche urgenti.
Soltanto che, presi dalla loro forse troppo elevata presunzione di considerarsi essere messi bene, a posto, e già bene seguiti hanno, come si dice “gli occhi bendati o foderati di prosciutto o di verza (rispettando onnivori e vegani e sorridendo anche, perché come è riconosciuto, un sano umorismo fa bene e aiuta a pensare)” e, dunque, non hanno voglia di rimettersi in gioco non avendo senz’altro capito cosa è stato loro trasmesso e non si curano neppure di chiarire o anche solo confermare se corretto quanto loro pensano di aver capito. Eppure esiste un modo semplicissimo per capire, confermare, imparare o, per dirla con le parole di Potocniak, aprire il cuore.
Quel modo è semplicemente il fare domande, domandare.
In altri termini, tornare bambini e chiedere: “Perché?”
Ricordarsi che non si possono vedere miglioramenti rimanendo attaccati a polverose ed anticate argomentazioni o procedure o pianificazioni non più valide per cavalcare il cambiamento che ha travolto e sta travolgendo la società moderna e tecnologica.
Ricordarsi anche che, per rendere la vita più semplice, la tecnologia va compresa ed utilizzata col cervello di cui tutti noi umani siamo dotati e grazie ad esso possiamo non rimanerne schiavi.
Non basta dire di avere, conoscere la tecnologia solo perché si possiede un personal computer, uno smartphone con le varie app, le varie chat ... già le chat ...a cosa servono se non si risponde, se non si vuole parlare? Se si ostacola la comunicazione?
Solo quando ti è comodo per ricevere l’attenzione che tu cerchi attraverso la chat, i gruppi? E no, non funziona così. Non funziona così per nessuno, perché dovrebbe con te?
Leggo, anzi, vedo nel mondo un forte controsenso che fa male e molto e non solo a me ma all’Economia reale intesa come Main Street, ossia il luogo dove la gente comunica, opera, lavora, guadagna, risparmia, investe, spende. Che si contrappone a Wall Street.
Avete notato l’ordine dei verbi appena citati?
È un ordine ben determinato. Così è e non se vi pare parafrasando L. Pirandello, un altro grande. Luigi Pirandello scrittore e commediografo Siciliano del Novecento.
Vuoi cavalcare l’onda del cambiamento o esserne travolto?
Solitamente è sempre sembrato che la prima opzione fosse quella preferita da chi si incontra quotidianamente cercando di lavorare bene ma, allora, perché mai troppi si arrestano come dei muli a 2 km dall’arrivo ostinandosi a non rispondere lasciandosi affogare nella sempre più profonda insoddisfazione come il peso che quei muli hanno trasportato per 100 km e, ora quasi arrivati, non ne vogliono più sapere di capire perché devono rispondere?
Dunque, non è forse anche vero che anche il mondo della finanza o come a me piace più chiamarlo, il mondo di tutti noi, dei nostri sacrifici, dei nostri risparmi, dei nostri investimenti e delle nostre spese sia legato alla sofferenza dovuta non tanto al non sapere amare quanto piuttosto al non avere o al non possedere punti fermi e sicuri e, oggi questo è un altro enorme paradosso.
Siamo immersi da tante, forse troppe, informazioni che ci circondano ovunque e contemporaneamente, che non le conosciamo sempre.
Abbiamo tutti mille informazioni in testa e chissà quante ne abbiamo di perse nei corridoi o meandri della nostra testa che mai più sappiamo dove e come le abbiamo acquisite.
Si, siamo ahimè immersi nell’Illusione della Conoscenza ove, pensandoci bene, non pensiamo mai da soli (2) perché sempre connessi grazie alla Tecnologia... Semplifica veramente?
Sì, di questo ne sono certa, ma occorre comunicare sempre.
Per i diversi aspetti di cui non ho scritto e lasciato aperto il tema, attendo vostro contatto per parlarne non tramite un articolo bensì de visus, ovvero incontrandoci in Agenzia per un Appuntamento al fine di Cavalcare l'onda del Cambiamento e non restarne travolti.
(1) “Soffriamo perché non amiamo”, Roberto Potocniak (pubblicato il 3 novembre 2018):
Un chiaro sintomo di assenza di amore in uno stesso, è il bisogno cronico e compulsivo di attenzione, di riconoscimento, di approvazione, e alle volte anche quello di commiserazione.
Uno stressare gli altri con i propri bisogni, che diventa una sorta di nevrosi appunto.
Lo chiamano “amore malato”, ma di fatto, si tratta solo di assenza di amore in uno stesso: il cuore è completamente chiuso.
Non esiste alcun amore malato…
Il cuore è semplicemente chiuso, sia dentro, verso se stessi, che fuori, verso gli altri e la vita.
Questa è la condizione nella quale si manifestano anche l’attaccamento, la dipendenza psicologica-emozionale, l’invidia, la gelosia, la rabbia, l’odio, la depressione, la paura, l’ansia ed il panico.
L’apertura del cuore guarisce tutti questi problemi; in sostanza, soffriamo perché non apriamo il cuore, e perché stiamo prendendo l’amore per altro.
Il cuore non si potrà aprire invece, quando prendiamo tutte queste emozioni negative come sintomi d’amore.
Amo dunque soffro?
A dire il vero è tutto il contrario.
Soffro perché non amo; soffro perché il mio cuore è chiuso.
Le emozioni negative sono una chiara indicazione d’avere il cuore chiuso ed anche una scarsa consapevolezza e coscienza di sé, il vivere scollegati da se stessi, dal proprio centro interiore. [Fonte: https://appuntidiletture.wordpress.com/2018/11/03/roberto-potocniak/]
(2) Titolo di un libro letto, sottolineato e annotato e non smesso di consultare degli autori S. Sloman e P. Fernbach.
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