Tempo, curiosità e umiltà
Il tempo quando si incontrano, o meglio quando si riesce a incontrare, persone con livelli di esperienza enormi dal punto di vista economico, produttivo e umano corre ancora più veloce di quanto già non corra.
Nel caso che sto raccontando, il tempo impiegato non è stato attraverso un incontro reale, di persona, almeno per ora, ma solo online attraverso un’intervista cui ho potuto partecipare. E che mi ha trasferito o meglio rinforzato dei valori sui quali credo da sempre. Valori che sicuramente mi sono stati trasferiti dai miei genitori e dai miei nonni. Ma veniamo all’intervista menzionata.
Un’intervista ad un imprenditore di un’importante azienda di attrezzi e macchinari per lo sport e non solo sport agonistico, per atleti ma anche e soprattutto per chi desidera allenarsi per stare bene, per stare in salute, per permettere al proprio corpo di reagire rapidamente a eventuali cure che deve subire per guarire da una malattia che sia un’influenza stagionale o qualcosa più di un’influenza, per ridurre i tempi di terapie invasive necessarie o di permanenza nelle stanze di TI degli ospedali. E non è il caso di ricordare cosa molti hanno passato nel 2020, esperienze che hanno fatto comprendere il Valore della Salute: la regolarità dell’esercizio fisico è dimostrato da molteplici studi fatti che rappresenta il necessario complemento al proprio medico di base, anzi, funziona meglio di quanto dice un noto detto: “una mela al giorno toglie il medico di torno”.
L’emergenza sanitaria attraversata ed ancora in atto, ha certamente, quindi, aumentato la consapevolezza dell’importanza della salute e del sistema che regola i suoi responsabili.
Obiettivo dunque di chi opera in un settore non prettamente sanitario, come quello dello Sport, ma con attinenza e rilevanza al medesimo settore è quello di realizzare l’impensabile (The Unthinkable). E non è filosofia.
Sostanzialmente, “realizzare l’impensabile” significa saper affrontare i rischi, essere creativi, andare oltre, pensare in grande. In altri termini, significa rischiare, osare ad andare oltre il consueto, l’ordinario. È corretto pensare, a riguardo, che spesso se una cosa funziona, se ha successo significa che è obsoleta. Spesso si dice, infatti, “situazione felice non si cambia”. È questo un pensiero comune credo, non voglio cadere nell’arroganza che non è assolutamente nella mia indole, ma vorrei pensare che chiunque stia leggendo concordi con anche il detto: “Piccolo è bello” ... Perché, purtroppo, molti di noi non cambia, non osa se non quando si trova faccia-a-faccia con un problema. Invece, sarebbe opportuno farsi la domanda prima che insorga il guaio e cioè chiedersi se non sia giunto il momento opportuno per cambiare. Certo, non abbiamo poteri visionari, capacità di vedere quello che ancora non c’è ma possiamo costruirci diversi scenari utili ad affrontare il peggiore che ci possa capitare perché nessuno è immune da sinistri.
Ecco, allora, che di nuovo lo Sport risponde alla domanda da fare: “Quando bisogna cambiare?” Infatti, nello Sport si possono sempre aggiungere dei risultati migliori, anche solo leggermente migliori e superare dei record. Come nello Sport anche nel business, nel lavoro quando un risultato ha raggiunto un record, alias ha avuto successo, significa che è già vecchio e bisogna prepararsi al prossimo record perché se non ti prepari tu sicuramente qualcun altro si preparerà a raggiungere il nuovo record e sarà suo. Quindi, quando funziona ed è di successo, significa che può solo andare peggio: prevenire è meglio che curare, cioè anticipare il cambiamento, anticipare innovando. Revisionare il servizio, il prodotto, il marketing e trovare delle strade diverse ancora inesplorate più efficaci ed efficienti, appunto, si deve osare e rischiare. Questo ragionamento implica un nuovo stato mentale dell’innovazione e, fondamentalmente, non è altro che la base del cambiamento continuo.
Un tempo si imparava stando ad ascoltare le persone più grandi, gli anziani, non andando a giocare con i coetanei. Tale desiderio di ascolto rappresenta la curiosità. Non sono pochi i bimbi che stanno in un angolo in silenzioso ascolto degli adulti, imparando. I bambini sono delle spugne fantastiche. Siamo tutti stati bambini e possiamo facilmente riconoscere la ricettività e flessibilità di memorizzazione di momenti vissuti quando ancora non eravamo ancora in grado di comprendere bene ma il nostro cervello comprendeva e immagazzinava ogni aspetto utile ed importante. La curiosità è tutto nella vita. Oggi, invece, si sta verificando il contrario. Sono gli adulti che imparano dai giovani. Lo vediamo attraverso i nostri figli nativi digitali. La Z generation ha modalità comportamentali ed abitudini totalmente differenti dai baby boomer (Noi degli anni sessanta, settanta). Quindi, questo è il cambiamento radicale. Si, può dirsi che il digitale è la mente, l’acceleratore del cambiamento radicale. Sempre comunque, in ogni periodo, la curiosità e l’ascolto equivalgono alla benzina necessaria per avviare il nuovo record. Bisogna saper ascoltare per conoscere.
Se si impara ad ascoltare quello che l’altra parte dice, si comprende che, contemporaneamente, essa ci sta raccontando, dicendo ciò di cui ha bisogno e automaticamente non sei tu a vendere ciò di cui ha bisogno ma è la controparte che ti chiede di acquistare da te che hai proposto l’ascolto.
Il grave problema è che ci sono troppe persone che sentono bene ma ascoltano poco. Esiste un’enorme differenza tra ascoltare e sentire. Ascoltare significa anche, in un certo senso, mettersi nei panni di chi hai davanti (cliente, fornitore, collega, amico, collaboratore) e, mettersi nei mocassini dell’altro (come un noto detto degli Indiani d’America, gli Sioux, afferma), equivale a captare i segnali deboli, cioè a percepire le emozioni ovvero la parte più emotiva dei bisogni e tradurre questi, spesso latenti e non espressi. Pertanto, solo sentire quello che uno afferma non basta. Bisogna sapere ascoltare il che richiede molto più impegno anche di tempo. E ciò vale in tutti i campi. In aiuto ad insegnare il vero e concreto ascolto è lo strumento del “fare domande”, ricordarsi che le domande sono sempre più importanti ed utili delle risposte.
Farsi fare delle domande è una cosa meravigliosa perché permette di comprendere tutto. Di conoscere. È troppo facile fare domande e sentire delle risposte mentre è molto più difficile per chi deve rispondere fare delle domande. Fare domande, il modo ottimale per capire se, sostanzialmente, ha capito. Inoltre, se sei curioso riesci a fare e rispondere con domande che ti aiutano a verificare che hai ascoltato e, quindi, compreso cosa il tuo interlocutore sta chiedendoti. Si può considerare la curiosità come un indice che ti fa capire che l’altra parte ha capito. La curiosità è tutto, la curiosità ti porta all’imbestio (termine che descrive il graffio della tigre, l’energia che non ti fa fermare di fronte a nessun ostacolo, la curiosità vigile, come il fiuto di un predatore, che ti rende pronto a cogliere ogni più piccola opportunità), la curiosità è virtuosa, crea l’approfondimento, l’approfondimento crea la competenza, la competenza crea il risultato e il risultato crea la passione, crea il campione. Dunque, si parte dalla creatività e si arriva ad essere campioni.
Se si guardano ai campioni, i veri campioni (Schumacher, Zanardi, Ronaldo, ..) hanno tutti in comune la curiosità e si allenano a livelli incredibili e vogliono sapere tutto sono gli ultimi a tornare a casa perché seguono i tecnici, i meccanici, .. per conoscere tutto. Quindi, la curiosità è l’indice dell’umiltà intellettuale o del desiderio di ascoltare per comprendere bene. Anche grandi campioni dell’economia da Warren Buffett a Bill Gates, Steve Jobs ... tutte queste persone che raggiungono e hanno raggiunto grandi risultati conoscono bene quest’indice dell’umiltà intellettuale.
Mentre il successo senza curiosità è pericoloso perché crea auto referenzialità, ed è cattivo consigliere, è una minaccia molto forte che occorre sapere gestire soprattutto con i collaboratori. Bisogna mantenere sempre l’umiltà, mantenere la voglia di fare l’imbestio, l’energia, la passione, la voglia di imparare e soprattutto questa perché quando si arriva al successo quella voglia tende a diminuire rapidamente. Del resto è anche, ahimè, dettato da una Legge della Natura da cui bisogna guardarsi, violentarsi per essere preparati al non subire l’entusiasmo dell’auto compiacimento che produce perdite gravi. Certo, bisogna anche festeggiare il piacere del risultato ma senza alcuna esagerazione perché senz’altro si impara dai successi come dagli insuccessi.
Bisogna imparare da tutto come anche dagli stili autoritari osservandone i punti deboli di questi. Un autoritario non ottiene il meglio dai suoi dipendenti ma solo quello che chiede a questi.
Quindi, invece, di offrire stimoli incute paura ai dipendenti, non li rende partecipi dell’attività e trasmette loro un angosciante, terribilmente profondo senso di nullità che in alcuni casi porta a tragedie.
Dunque, tale stile che un po’ tutti veniamo purtroppo a conoscere direttamente, deve insegnare il lato opposto della medaglia e cioè che se un giorno si avrà una propria azienda non si dovrà mai trattare i dipendenti in modo autoritario ma bisogna perseguire uno stile partecipativo ponendo loro le domande al fine di comprendere le loro necessità e consolidare la forte fiducia necessaria per lo sviluppo e la crescita dell’azienda. Parlo di azienda ma questa può anche essere considerata la Famiglia (si veda in merito uno dei miei primi articoli, forse il primo). Uno stile partecipativo, dunque, che permette di conoscere tutto come la curiosità: conoscere i propri collaboratori, clienti, fornitori e conoscere e far conoscere te stesso. Ho citato la fiducia. Cos’è la fiducia? La fiducia non è un assegno in bianco, non è la cambiale, la fiducia è una reazione chimica che parte prima di tutto da due cose: l’atteggiamento, quindi, l’umiltà, l’ascolto e le competenze. È molto difficile dare fiducia a chi non ha le competenze, gli si può voler bene ma se dobbiamo fare business e la competenza non è gestita bene o è promossa con l’atteggiamento sbagliato, con supponenza, con poca disponibilità all’ascolto non è valorizzata pertanto nulla cresce salvo rancore.
Saper essere e saper fare. Credere nel valore immenso della curiosità che è presente in noi fin da bambini e renderla sempre attiva al fine di compiere il miracolo che la Vita già ci ha donato. Non dimenticare, inoltre, che la specializzazione ha un valore inestimabile.
Siamo passati da un approccio generalista, dei managers piuttosto che degli imprenditori, ad un approccio specialistico: oggi per essere competitivi, informati in qualsiasi settore bisogna studiare. Noi tutti, nessuno escluso, dobbiamo, a seguito della pandemia, imparare un nuovo mestiere perché c’è molto disorientamento e dobbiamo aiutare i nostri collaboratori, i nostri clienti, a superare il disorientamento provocato dalla pandemia perché le persone, ovviamente, fanno fatica a disimparare e reimparare.
Avanti Tutta! Forza! Avanti non esitate a contattarmi agendo sul bottone e chiedi una Consulenza gratuita in Studio.
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