Buone intenzioni, il primo dell’anno

Siamo nel nuovo anno.
Diversi i post nei social che trattano l’argomento del cosa si è fatto, del cosa si farà e del come. Insomma, un’argomento trito e ritrito di ogni dopo Festività natalizia e conseguente nuovo anno.
Ognuno vuole dire la sua in base al suo personale percorso. Ed è giusto che così sia, però, trovo che sempre manchi l’aspetto principale nei temi importanti con cui si apre il nuovo inizio.
Ad ogni Capodanno tanti i buoni propositi, ma tutti conservano quel non so che si vorrebbe cambiare, però, rimanendo incollati al vecchio progetto come cozze appiccicate permanentemente allo scoglio del porto respirando aria malsana…
E mi vengono in mente fotografie di strade e i loro bivi o, anche, fotografie di sentieri in cui il selciato è molto abbattuto o di altri sentieri in cui le foglie non sono ancora troppo schiacciate, ossia immagini di percorsi da tante persone già frequentati e di percorsi ancora da pochi battuti.
Ogni argomento di inizio anno, insomma, ha un aspetto che vuole sembrare nuovo come la pagina fresca che si va a riempire, in realtà, è vecchio.
Argomento che ad ogni primo dell’anno viene risuscitato con la speranza che sia finalmente l’anno in cui si verificherà il cambiamento auspicato. Purtroppo, chiuse le feste con l’Epifania ogni buon proposito torna in soffitta insieme alle decorazioni del Natale appena trascorso e ritorna il tran-tran che riprende le solite polemiche, contestazioni, proteste, lamenti e negazioni. Perché?
Troppo pochi sono coloro che mantengono le promesse di inizio anno e pertanto pochi coloro che riescono a mettere in atto le novità che fanno uscire dal vecchio non più valido per continuare a crescere sicché non crescono o retrocedono o restano immutati senza nuovi frutti scontrandosi con muri del “abbiamo sempre fatto così”.
Questo atteggiamento perseverante nell’obsolescenza ma anche nelle senescenza risale già al XX secolo se non già, forse, prima.
È un atteggiamento che ha radici profonde e risalenti sempre fin dalla nascita di ciascuno di noi.
Nasciamo e cresciamo imparando fin dai primi passi a includere i primi insegnamenti che ci portiamo appresso sempre e ci siamo portati appresso fino ad oggi, oggi il futuro di ieri, ma del domani? Probabilmente, nel 89,99% dei casi sarà così anche domani per questo che i buoni propositi tanto argomentati il primo dell’anno già il due gennaio inizieranno a perdere appeal fino a sparire, appunto, nelle scatole in attesa del prossimo dicembre quando faranno la loro replica dello spettacolo appena visto e riposto negli archivi.
Uno spettacolo. Ma la vita non è spettacolo. Il teatro fa bene per fermarsi un attimo per assistere allo Show o per l’attore per presentare sul palco il pezzo che si è preparato nelle settimane precedenti la Prima e eventualmente qualche replica successiva, ma non è la metafora della vita perché a teatro sul palco rappresenti qualcosa di te stesso per riflettere e per indurre a far riflettere sul come poi, terminato lo spettacolo, vivere e affrontare la vita ed i suoi continui cambiamenti e le sue continue spinte a creare e costruire cose nuove meglio adatte al nuovo mondo, alla nuova società secondo sempre i Valori e i sani Principi di vivere in coerenza con i propri scopi al fine di soddisfare le proprie esigenze: non siamo burattini siamo persone con le nostre necessità e i nostri bisogni e i nostri progetti e desideri e, soprattutto, non siamo soli.
Ogni realizzazione, ogni successo non è il risultato di azioni individuali bensì il frutto di condivisioni e di consapevoli comportamenti di tutti attraverso l’applicazione delle relazioni che dobbiamo intrattenere con gli altri tutti e, non possiamo permetterci di negare continuamente pensando di essere a posto soltanto perché "così si è imparato" e si è "sempre fatto così". Tale atteggiamento è freddo e arido non umano, carente delle emozioni di cui l’umano è dotato, emozioni con cui nasce ma che si perdono strada facendo, diventando quasi degli automa in qualsiasi attività si intraprende. Non più capace di meravigliarsi della bellezza della vita come di un tramonto che tutto rende dorato fino all’’oscurarsi del giorno o di un’alba che illumina a poco a poco mentre la notte scompare o di un germoglio che sboccia in uno splendido fiore o ancora di un tenero fiore cresciuto lottando contro la fredda pietra o l’arido cemento e a quel luogo grigio e freddo ha donato calore e colore. Quel fiore ha compreso che per avere successo non si deve fare sempre le stesse cose, non si deve solo stare dove è tutto facile, non si deve seguire l’esempio dei propri simili che si adeguano perché così facendo si indebolisce e rischia di restare vittima dei più forti, ma occorre intraprendere strade nuove e poco conosciute. Solo volendo si riesce a percorrere e superare ogni nuovo e duro ostacolo uscendone più forte e più ricco e più consapevole dei progressi fatti e guardando indietro ci si rende conto di quanto si è stati capaci di fare, guardando avanti poi non ci si spaventa più della salita, anzi, si continua a salire, a innalzare i paletti, lottando contro ogni ostacolo, ogni avversità posta da chi ci vorrebbe immobili…
L’immobilismo voluto da alcuni deriva dal desiderio di quelli di fermarti, di demotivarti così da permettere loro di andare avanti grazie al tuo lavoro e, grazie al fatto che ti hanno tolto di mezzo continuano su strade così già costruite senza l’onere di dover ricominciare, ma guadagnando, invece, a spese di chi hanno fermato. Sostanzialmente, rimangono e continuano dove credono di stare bene, di essere a posto e di non avere bisogno di niente: non si accorgono del cambiamento che sempre è in atto e ne rimarranno travolti dando poi la colpa al sistema, ad altri non certo al loro obsoleto agire o al loro costante negazionismo di ciò che sarebbe necessario ma che evitano di volere apprendere e comprendere: ascoltano soltanto il loro ego.
Ascoltando soltanto se stesse e escludendo le novità e le nuove relazioni presto dovranno fare i conti con il numero chiuso di persone conosciute e sempre le stesse che non potranno più portare l’aria fresca necessaria a ridare fertilità alla loro attività nonché renderle indipendenti finanziariamente liberandole da costi e oneri che pesano sul loro status non più coerente con le modificate condizioni ambientali in continuo miglioramento. Perché cambiare implica migliorare.
È bene iniziare con buoni propositi, non è bene alienare i buoni propositi perché vittime del "abbiamo sempre fatto così" e pertanto riposti in soffitta con le decorazioni natalizie, occorre attivare la volontà di risoluzione dei buoni propositi ed è necessario accettare non negare. Ricordare che la cultura è conoscenza e la conoscenza non è unica, individuale ma collettiva, condivisa, sociale perché l'essere umano è un essere sociale non eremita.
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