La leva nel risparmio gestito

Se, per esempio, si investono 10.000 € sul Nikkei e l’indice della borsa giapponese registra un rialzo del 10%, il capitale finale sarà di 11.000 €, scusate la banalita’.
Diverso è invece il discorso quando si ricorre all’uso della leva finanziaria (leverage), tramite la quale è possibile controllare un elevato ammontare finanziario attraverso un capitale notevolmente minore.
Per leva finanziaria si intende infatti il rapporto tra il controvalore di mercato delle posizioni nette in strumenti finanziari ed il controvalore del patrimonio affidato in gestione.
Per esempio se l’attivo in gestione di un fondo è di 10.000.000 € ed il suo controvalore di mercato delle posizioni nette in portafoglio è di 15.000.000 €, la leva finanziaria è pari a 1,5 volte: ne deriva che se l’indice di riferimento del fondo salisse (o scendesse) del 10%, la variazione del valore della quota del fondo sarebbe del + 15% (oppure del - 15% in caso di ribasso).
La Ucits III la direttiva dell’Unione Europea che permette ai fondi comuni e alle Sicav di operare in tutta Europa sulla base di una singola autorizzazione da parte di uno stato membro, impone una leva massima pari a due.
Si è giustamente sottolineato il pericolo dello scoppio di una bolla dei derivati. Un evento che, qualora prendesse effettivamente corpo, comporterebbe la quasi certa deflagrazione dell’intero sistema finanziario internazionale: basti pensare che le ultime stime americane sul controvalore dei derivati è pari a circa 50 volte il PIL americano.
Molti investitori sono quindi giustamente preoccupati dell’uso dei derivati nei fondi comuni e nei comparti di sicav. Va detto, per essere pero’ chiari ed esaustivi, che l’uso dei derivati non solo non è di per sé nocivo ma, anzi, può rappresentare un utile strumento per l’ottimizzazione del portafoglio del gestore, come spesso succede quando un gestore si vuole immunizzare dal rischio cambio che potrebbe inficiare i rendimenti in ottenimento.
I fondi comuni e i comparti di Sicav rispettano le rigorose normative europee in tema di investimento in base alle regole Ucits III e Ucits IV, le quali impongono un uso massimo dei derivati in portafoglio pari a due volte il patrimonio in gestione. Questo limite garantisce che il gestore non abusi dell’utilizzo dei derivati come infatti dimostrano le recenti statistiche sui fondi in base alle quali emerge che il ricorso ai derivati è adottato con una leva compresa di solito tra l’1,2 e l’1,5, e quindi anche ben al di sotto dei limiti massimi consentiti.
Comunque non e’ un dettaglio irrilevante conoscere se il gestore fa uso del leverage e perche’ lo fa: nelle note informative e nelle schede tecniche l’informazione ci deve essere ma, mi ripeto, l’utilizzo e’ spesso fatto per copertura da eventi che si vogliono immunizzare, non sto parlando di Etf a leva 2-3-4 che entrano esclusivamente nell’ambito esplicitamente speculativo.
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